“La situazione della sanità italiana è critica. Mi limito a parlare della realtà che conosco, vedendo le difficoltà che incontrano i pazienti per ottenere assistenza in campo ortopedico e traumatologico”
Intervista di Desire’ Sara Serventi
È un chirurgo ortopedico che ha sempre dimostrato un grande interesse per la Traumatologia Pediatrica, e che con gli anni ha potuto approfondire e migliorare le sue competenze in materia al punto da essere considerato un esperto: stiamo parlando del dottor Emanuele Cabras, che lavora presso l’Ospedale San Michele dell’ARNAS Brotzu di Cagliari. Negli anni, il dottor Cabras si è fatto un nome degno di stima, non solo tra i colleghi ma anche tra i pazienti, per le sue competenze professionali e per il modo con cui si approccia alle persone, dimostrando sempre una grande umanità per chi ha di fronte e si affida alle sue cure. Sledet.com ha raggiunto il dottor Emanuele Cabras, che ci ha parlato della traumatologia infantile e non solo.
Vorrebbe dirci di cosa si occupa e quindi fare una sua presentazione professionale?
Sono un chirurgo ortopedico con particolare interesse alla Traumatologia Pediatrica. Attualmente lavoro nell’Ospedale San Michele dell’ARNAS Brotzu di Cagliari, presso il reparto di Ortopedia e Traumatologia diretto dal Dottor Giuseppe Dessì.
Potrebbe spiegarci che cosa si intende per traumatologia infantile e di cosa si occupa nello specifico?
Parliamo di una branca dell’Ortopedia che si occupa delle patologie traumatiche degli organi di movimento (ossa, muscoli e articolazioni) riguardanti un organismo in evoluzione, quale quello dei bambini e adolescenti.
Per che cosa si differenzia da quella degli adulti?
I bambini e gli adolescenti hanno una fisiologia e una fisiopatolgia completamente differente dagli adulti. La frase tipica dei vecchi maestri della Pediatria era: “il bambino non è un piccolo adulto”. Questo concetto vale anche in traumatologia, forse addirittura anche più che in altri ambiti. Infatti, l’osso del bambino è ancora parzialmente cartilagineo; durante l’accrescimento le parti cartilaginee ossificano progressivamente fino a scomparire, solo allora l’osso acquisirà la sua morfologia e grado di resistenza definitivo.
Quali sono i traumi più frequenti nei bambini?
Le fratture sono in genere dovute a traumi a bassa energia (cadute accidentali o incidenti domestici), i politraumi sono relativamente rari. La sede più frequente è l’arto superiore (circa i ¾ dei casi), in particolare il polso, la mano e il gomito.
Ci potrebbe parlare delle fratture pediatriche e delle loro peculiarità?
Una delle principali peculiarità è dovuta alla presenza di una parte dell’osso chiamata fisi o cartilagine di accrescimento, che permette all’osso di crescere in lunghezza e spessore. Le fisi sono situate alle estremità delle ossa lunghe e sono zone anatomiche relativamente deboli con una resistenza meccanica ridotta. Per tale motivo le fratture nei bambini spesso avvengono in queste sedi. Questo particolare pattern di frattura prende il nome di “distacco epifisario” ed è tipico dell’età pediatrica. L’altra grande caratteristica è il rimodellamento: un processo attraverso il quale il segmento osseo fratturato tende a ricostituirsi nella sua forma originale. Il processo è attivo sia durante che dopo la guarigione della frattura. Lo scheletro in accrescimento, infatti, è dotato di un elevata capacità di rimodellamento.
Che caratteristiche hanno le ossa in crescita?
Rispetto all’adulto hanno una densità inferiore; l’osso inoltre è più vascolarizzato e la membrana che lo riveste (il periostio) è più spessa e vascolarizzata. La resistenza meccanica è inferiore a quelle dell’adulto, per questo traumi a bassa energia causano spesso fratture. Presentano inoltre una maggiore flessibilità (che si traduce con la capacità alla deformazione plastica), una minore resistenza alla tensione e alla rigidità in flessione.
Nelle ossa in crescita come si manifestano le fratture?
Come fratture incomplete (e curvature) più frequentemente, come fratture pluriframmentarie più raramente. La guarigione e ricostruzione di un difetto è in genere più semplice.
In caso di fratture, per quale motivo l’approccio terapeutico nel bambino è differente da quello dell’adulto?
Sono proprio le caratteristiche e peculiarità delle ossa in crescita che determinano un approccio diverso rispetto all’adulto. Predominano i trattamenti conservativi con apparecchi gessati o tutori mentre le tecniche chirurgiche si basano su principi di sintesi “elastiche” delle fratture.
In età pediatrica quanto è importante la zona di frattura considerando la capacità di rimodellamento?
I fattori determinanti sono l’età del paziente, la vicinanza della frattura a una cartilagine di accrescimento e la fertilità della cartilagine stessa. Infatti, alcune fisi sono più fertili di altre: la spalla e il polso più del gomito; per questo l’arto superiore cresce maggiormente vicino ai primi e molto meno vicino al secondo. Quindi la minore età del bambino, la vicinanza della lesione alla cartilagine di accrescimento, la maggiore fertilità di quest’ultima sono indice di una elevata capacità di rimodellamento che avrà quella frattura.
In che modo avviene l’approccio clinico per svolgere la valutazione iniziale?
Con un attento esame clinico e un’analisi meticolosa delle immagini radiografiche. Infatti, talvolta, l’esame clinico del bambino risulta difficile, se non addirittura impossibile.
Quanto è importante agire tempestivamente nei bambini?
Le emergenze chirurgiche sono estremamente rare, ma è indispensabile saperle riconoscere e trattarle tempestivamente. Parliamo di complicanze vascolari e nervose. La stragrande maggioranza delle urgenze chirurgiche sono differibili fino a 24 ore. La letteratura internazionale ha dimostrato che i risultati sono migliori se vengono affrontate da chirurghi esperti e a mente fresca.
È importante la riabilitazione nei bambini?
Le rigidità articolari nei bambini sono rare. I bambini recuperano un’escursione normale anche dopo immobilizzazioni prolungate. La fisioterapia non deve essere prescritta sistematicamente perché favorisce la formazione di calcificazioni che irrigidiscono l’articolazione. Questo fenomeno è particolarmente evidente nel gomito.
Quando si presentano delle fratture in età pediatrica, su quali basi si decide di effettuare un intervento chirurgico e quando invece un trattamento conservativo?
Gli elementi principali da considerare sono tre: l’età del paziente, la vicinanza della frattura alla cartilagine di accrescimento e la fertilità relativa di questa cartilagine di accrescimento. Se questi fattori sono favorevoli ci si orienta verso un trattamento conservativo.
Quali sono le fratture più frequenti nei bambini?
Il polso (per lo più il radio) è in assoluto la sede più frequente con circa il 23%, a seguire la mano con il 20% circa e poi il gomito con circa il 12%.
Ci sono nuove tecnologie o metodologie emergenti nella traumatologia infantile che ritiene particolarmente promettenti?
Il trattamento chirurgico delle lesioni traumatiche del bambino è raramente indicato. Per la maggior parte beneficiano di un trattamento conservativo. Quando si deve operare la regola base è quella di adoperare mezzi di sintesi adatti a evitare qualsiasi danno alla cartilagine di accrescimento. Ancora oggi si utilizzano i sistemi classici: fili di Kirschner, l’inchiodamento endomidollare elastico e fissatori esterni.
È importante l’approccio multidisciplinare nel trattamento delle fratture pediatriche?
È indispensabile. Occorre l’interazione tra Ortopedico, Pediatra, Chirurgo Pediatrico e Anestesista Pediatrico. Più in generale questi pazienti devono essere accolti in ambiente pediatrico, dove possano trovare anche un’assistenza infermieristica tarata sulle esigenze di questi piccoli pazienti.
C’è un caso particolare che le è rimasto impresso nella sua carriera e che potrebbe condividere con noi?
Una bambina che si era procurata una frattura con associata una lussazione del gomito. Una lesione rara e complessa, che abbiamo operato ottenendo uno splendido risultato. È stata una grande soddisfazione.
Ci può parlare delle strutture pediatriche presenti in Sardegna?
La chiusura e il depotenziamento di molte strutture ortopediche in Sardegna ha generato un fenomeno di centralizzazione delle lesioni scheletriche dei bambini verso pochi Ospedali che sono diventati, di fatto, strutture dedicate a queste patologie. La Sardegna, contrariamente ad altre regioni italiane, però, non è dotata di un vero e proprio “Children Hospital”, ovvero una struttura interamente dedicata alla presa in carico e cura del bambino. L’ARNAS Brotzu di Cagliari, che in questo momento concentra molte professionalità in ambito pediatrico, è divenuta pertanto uno dei riferimenti regionali per la traumatologia del bambino. Nel reparto in cui lavoro nel 2023 sono stati sottoposti a interventi chirurgici per fratture un centinaio di bambini, mentre qualche migliaio a trattamento conservativo.
A suo avviso, viene dato il giusto spazio alla traumatologia infantile o viene un po’ sottovalutata?
La traumatologia pediatrica, come tutto ciò che riguarda l’infanzia in Italia, non riceve l’attenzione che dovrebbe. Ho sempre sostenuto che proprio l’ortopedia è la cartina di tornasole di questo triste dato. Basti pensare all’ingente sforzo che il Servizio Sanitario Nazionale compie per cercare di operare entro 48 ore un numero ingentissimo di over 65enni che riportano una frattura del collo del femore e quanto poco si investa, invece, per migliorare la performance in campo ortopedico pediatrico.
Vuol dire qualcosa riguardo la Sanità in Italia e nello specifico dove lei svolge la sua professione, ovvero in Sardegna?
La situazione della Sanità italiana è critica. Mi limito a parlare della realtà che conosco e che vivo quotidianamente, vedendo le difficoltà che incontrano i pazienti per ottenere assistenza in campo ortopedico e traumatologico in particolare. Abbiamo un grande deficit sulla rete traumatologica regionale, soprattutto nell’area vasta di Cagliari. Con la chiusura dell’Ospedale Marino abbiamo perso un Pronto Soccorso e siamo passati da circa 110 a circa 85 posti letto attivi di ortopedia nella città metropolitana, a fronte dei 132 che sono previsti dalla rete regionale, in base ai parametri stabiliti dal DM 70/2015. In queste condizioni è impossibile garantire i servizi che si assicuravano in passato.
Vuole aggiungere altro?
La comunità ortopedica regionale ha pagato un tributo altissimo con la pandemia. La chiusura dell’ospedale Marino di Cagliari, i cui posti letto di ortopedia non sono mai stati rimpiazzati, ci ha privato dello storico riferimento regionale per l’ortopedia e ha determinato un disagio enorme per i pazienti. Un luogo a cui tutti noi eravamo legati, dove abbiamo appreso la professione e a cui mi lega il nostalgico ricordo del nostro maestro Professor Claudio Velluti, recentemente scomparso. Sarà impossibile, per me, dimenticarlo.
Sledet.com ringrazia per l’intervista il dottor Emanuele Cabras, e ad maiora!