Terapia domiciliare Covid: intervista al dott. Salvatore Totaro 16


“Il territorio deve ottemperare a quelle che sono le pandemie o meglio dire, a tutte quelle che sono le patologie emergenti su ambito naturalmente diffuso”

Intervista di Desirè Sara Serventi

Ci sono medici del calibro del dott. Salvatore Totaro che non richiedono alcuna presentazione, persone che ogni giorno attraverso il loro valido lavoro si fanno conoscere per la grande umanità e professionalità, considerando il loro, soprattutto in questo periodo, una vocazione e una vera e propria missione. Da quando infatti è iniziata la pandemia, il dott. Totaro, facente parte del comitato nazionale delle cure precoci domiciliari Covid 19, è sceso in campo visitando e curando i pazienti, più di 400: oltre a non avere avuto alcuna perdita, nessuno dei suoi pazienti è stato ospedalizzato. Sledet.com ha raggiunto il dott. Salvatore Totaro che ha parlato del Covid, dei vaccini e del comitato delle cure domiciliari Covid creato dall’avvocato Erick Grimaldi.

Dove presta servizio?

Sono un medico di medicina generale di Messina e ho un mio background di tipo universitario perché sono stato 20 anni in clinica medica come internista, ricercatore nel settore cardiovascolare, presso il Policlinico di Messina. Ancora, pratico medicina del territorio e da un anno e mezzo il mio interesse è andato anche verso la realtà Covid, come malattia del territorio.

Cosa intende dire, quando dice: la realtà Covid come malattia del territorio?

Intendo dire che sono membro del comitato nazionale delle cure precoci domiciliari Covid 19 per il quale mi onoro di essere parte attiva su tutti i fronti per quel che riguarda anche un’azione di tipo preventivo oltre che terapeutico. A mio avviso questo è il modo migliore per poter interfacciare i pazienti e conoscere i fatti.

Cosa intende dire?

Conoscere significa istruirsi, significa addentrarsi in quelle che sono tutte le realtà scientifiche ma anche di evidenza basata su quello che è il quotidiano nel nostro lavoro. Io che ho fatto territorio da sempre, comprendo che è il territorio che deve ottemperare a quelle che sono le pandemie o meglio dire, a tutte quelle che sono le patologie emergenti su ambito naturalmente diffuso, perché quello che è importante nella prevenzione è anche il primo approccio al malato. Se si perde questo, si perde il confinamento territoriale e quindi anche della selezione delle patologie.

Da quanto dice si evince che lei sia alla ricerca di un qualcosa. È corretto?

Certo, vado alla ricerca dello sconosciuto, oppure, del conosciuto occultato, quindi sono un medico che fa chiarezza, un medico trasparente, leale, un medico che ha giurato e ha fatto del giuramento di Ippocrate un baluardo di fede e non soltanto di azione di operatività.

Per quale motivo?

Perché io credo che fare il medico sia una missione e questa missione deve essere sempre svolta al meglio della propria capacità. Non amo la mediocrità, per me agire significa andare al top della qualità e della conoscenza: guai a chi si improvvisa a fare qualcosa quando non la sa fare, e noi siamo ormai pieni di queste realtà. Oggigiorno vediamo e sentiamo personaggi che hanno poca dimestichezza con la vita pratica, che come delle spugne imbevute, vanno a spremersi davanti a telecamere, davanti ai salotti, solo per dire cose che devono andare a dire, ma poi se li porti sul vissuto, sulla operatività e sul quotidiano, hanno poca familiarità. Io questi che non dovrebbero avere voce in capitolo per parlare li ho sempre sfidati, perfino invitandoli a lavorare accanto a me per capire cosa succede nel mondo reale e non in quello virtuale o surreale che si va a creare. Sto constatando che c’è sempre più una occupazione territoriale, mentale e planetaria che vuol portare paura alla gente, e io invece mi batto per vincere la paura con il coraggio.

Potrebbe essere più preciso?

Ho creato tante opportunità perché la gente possa andare a capire come si vince la paura. Mi sono fatto partecipe di dialoghi, di conferenze, ma anche di annunci pubblici proprio spiegando come si può vincere la paura con il coraggio. Perché c’è un coraggio della paura così come c’è una paura del coraggio, che sono elementi che sembrerebbero contrastanti ma possono essere integrati sempre nella stessa persona. Io sono sicuro che parlare significa anche far capire e far conoscere, siccome noi riconosciamo quello che conosciamo già, la coscienza si forma sulla conoscenza e noi abbiamo un “sentire” che è di tutti e per tutti, ma ascoltare è cosa ben diversa. La paura fa si che il nostro ascoltare diminuisca nell’intensità e qui servono le voci alternative, qui servono le voci di rinforzo, le voci che danno aiuto a un bisogno collettivo, voci che danno una mano a chi è in difficoltà e non trova un sostegno.

Come medici a cosa avete assistito in questo periodo di emergenza sanitaria?

Abbiamo assistito a questo divenire di fenomeni di contagio e di sviluppo del virus, che sono diventati prima piccoli focolai e poi epidemie, quindi lì c’è necessariamente anche un dolo.

Parole forti, non crede?

No, perché quando i focolai non vengono spenti diventano incendi e se gli incendi non vengono protetti diventano devastazioni assolute e noi siamo in una devastazione assoluta.

Perché siamo in una situazione di devastazione assoluta?

Perché non si sono utilizzate delle cure che si erano rivelate già dall’inizio efficaci e produttive, ottenute partendo non solo da esperienze conseguite sui pazienti malati ma anche di conoscenze fatte in autopsie ovvero, fatte verso soggetti che purtroppo non ce l’avevano fatta perché non avevano retto l’impatto con la malattia. Poi va precisato che all’inizio della pandemia erano state negate le autopsie, quando invece si sa che la scienza, nella sua dinamica di valutazione di una malattia non nota, la prima cosa che deve fare è andare a fare un’indagine autoptica, ma questo non è stato fatto e anche qui c’è un dolo assoluto e controproducente per tutto quello che si è venuto a creare. Abbiamo avuto e ricevuto tante di quelle lezioni cattedrali da parte di esseri umani che non avevano competenze per potersi esporre ma erano stati “prezzolati” per potersi esprimere e hanno creato un disonorevole comportamento globale.

Lei, così come tantissimi altri suoi colleghi, avete rifiutato di seguire il protocollo che diceva e dice: vigile attesa e paracetamolo. Da che cosa è dettata tale scelta?

Chiaramente è stata dettata da un’evidenza di trattamento. Io lavoro a Messina e i primi focolai erano in Lombardia e quindi indubbiamente chi viaggiava portava il virus anche in questa zona meridionale. Tengo a dire che nei mesi passati non mi sono mai incontrato col virus o meglio dire, non l’ho mai visto in faccia, ho visto soltanto pazienti che lamentavano dei disturbi e quei disturbi davano dei segni e dei sintomi che dovevano essere evidenziati dalla visita. Per cui, visitando il soggetto, e avendo rilevato un segno clinico e un sintomo, sono andato a curare quei segni e quei sintomi.

Una volta avuto l’esito positivo sul tampone cosa ha fatto?

Ho continuato a curarli e a trattarli ed è proprio trattandoli che ho visto che vi era un progressivo miglioramento. Poi man mano che sono aumentate le conoscenze si è visto che invece che trattarli col cortisone o con l’antinfiammatorio, in fase avanzata di malattia, si potevano trattare con gli antibiotici o con l’eparina soprattutto quando la saturazione dell’ossigeno scendeva. Quindi, c’è stato un miglioramento strutturale anche nelle cure, ma è stato questo il modo, ovvero visitandoli e stando loro accanto. Chi veniva a sapere che avevo curato delle persone mi chiedeva, dopo aver fatto tre o quattro giorni di paracetamolo senza alcun risultato e anzi peggiorando, di essere controllato e curato, e naturalmente è quello che ho fatto, infatti più li trattavo e più loro miglioravano. Di queste situazioni se ne sono viste centinaia di migliaia e tutte queste centinaia di migliaia hanno riempito gli ospedali, perché negli ospedali sono andati nel 90% dei casi quelli che facevano queste cure incongrue a casa.

Quindi avete creato un gruppo di medici che si adoperavano a trattare i pazienti con cure domiciliari?

Diciamo che questa era una situazione che ha portato a rafforzare la rete tra i medici e ci siamo uniti con altri colleghi per capire cosa si potesse fare per aiutare tutte queste persone che dovevano fare i conti con la vigile attesa, nonostante avessero dei sintomi. Da qui poi abbiamo creato, per merito dell’intuito di Erick Grimaldi, un avvocato di Napoli, questa associazione delle terapie precoci domiciliari e l’abbiamo fatta diventare associazionismo, o meglio dire, l’abbiamo fatta diventare corpo unico d’amore verso il prossimo. Questa associazione fatta sui social ha inglobato più di cinquecento mila persone, dove dei moderatori vanno ad analizzare le richieste di aiuto che poi vengono passate ai medici che a quel punto intervengono in maniera tempestiva. Possiamo dire di avere un grado di ospedalizzazione che è inferiore al 2% e una mortalità irrisoria.

In che modo ci siete riusciti?

Semplicemente perché una volta che è stato riconosciuto il percorso che fa il virus entrando nell’organismo, si sa come tamponare tutte le diverse strade che va a percorrere. È come chi ha una telecamera ed entra un ladro nella sua abitazione, se quello entra di nuovo conosciamo già le mosse che ha fatto la prima volta e quindi sappiamo dove andare a bloccarlo. Siccome noi le abbiamo chiamate cure precoci domiciliari, significa che la precocità sta nel non fare entrare il ladro e quindi ci sono delle cure preventive che si possono fare.

Quali sono queste cure preventive?

Le cure preventive sono quelle soprattutto basate sull’alimentazione. Questo discorso vale anche per prevenire i tumori, per prevenire malattie cardiovascolari o malattie metaboliche, per citarne alcune. Poi si deve fortificare il sistema immunitario con delle sostanze naturali che lo stimolano a essere più energico e il più attivo possibile assumendo la vitamina C, la vitamina D, lo zinco, e altro ancora. Va precisato che queste vitamine non curano il Covid ma vanno a lavorare in senso rafforzativo e quindi si hanno delle normali capacità reattive a qualsiasi sostanza tossica possa entrare nell’organismo.

Cosa accade quando il virus entra nell’organismo?

Appena il virus entra crea una infiammazione e di conseguenza il primo passo è quello di agire in maniera contraria, ovvero, bloccando l’infiammazione che può essere prodotta.

Quindi si somministra il paracetamolo?

No la strada che attuiamo è completamente opposta a quella che era una situazione che voleva essere offerta come vantaggio al virus in quanto, si è reputata essere una strategia assolutamente incongrua di terapia, che appunto era quella del paracetamolo e la vigile attesa.

Per quale motivo non utilizzate il paracetamolo?

Per il semplice motivo che se entra un virus nelle vie respiratorie o anche nelle vie intestinali e incomincia a dare infiammazione c’è un aumento di temperatura, e noi sappiamo che quella temperatura che si alza il nostro organismo la pone come rimedio, così da poter andare ad attivare quei sistemi in grado di eliminare il virus. Quindi, se noi abbassiamo la temperatura favoriamo la sua replicazione e anche la sua presenza, dunque è una “azione” che non può risultare efficace. Inoltre, il paracetamolo riduce una sostanza che viene prodotto dal nostro fegato, ovvero il glutatione.

Che importanza ha il glutatione?

Il glutatione è una sostanza altamente difensiva perché lavora su tutti i sistemi cellulari e dà una protezione a tutti i sistemi e a tutti i tessuti, di conseguenza, se noi priviamo di questa energia l’organismo e lo mettiamo anche a soccombere sotto l’aspetto della risposta termica di termorecettorialità al virus, abbiamo soltanto favorito e non agito contro.

Cosa può dire nello specifico riguardo la vigile attesa?

Per quel che concerne invece la vigile attesa, ovvero la perdita di tempo, posso spiegare facendo la similitudine di un ladro che entra dentro una casa. Se il proprietario non interviene subito chiamando i soccorsi, il ladro ha tutto il tempo di rovistare in casa e di conseguenza inizierà a fare dei danni e può arrivare a farne talmente tanti che poi l’abitazione potrebbe diventare invivibile. Stesso discorso è applicabile al virus, se si aspetta prima di intervenire questo avrà tutto il tempo di arrecare dei danni all’organismo e più passa il tempo e più i casi diventeranno gravi e difficili da curare.

Quindi voi medici che applicate le terapie precoci domiciliari che prassi seguite?

Abbiamo fatto una medicina basata sull’evidenza, dove in acuto non si possono fare gli studi scientifici perché gli studi scientifici vanno correlati col doppio controllo e qui naturalmente non si possono trattare due pazienti uno in senso positivo e uno in senso negativo, perché se non si tratta il paziente abbiamo visto quello che si verifica. Quel soggetto va ad avere un aggravamento della sintomatologia e poi si trova ad essere ospedalizzato con tutte i danni che ne derivano dal non aver agito tempestivamente, in quanto il virus con la vigile attesa ha avuto modo di creare danni gravi all’organismo e noi abbiamo visto all’inizio della pandemia che cosa è successo.

Potrebbe essere più preciso?

È successo che si sono riempiti gli ospedali di gente che era stata lasciata a casa e che poi veniva presa quando ormai era in situazione di emergenza, da qui venivano portati in ospedale per poi essere messi già in una situazione di allarme respiratorio e quindi ventilati. In quel periodo c’è stata la corsa ai ventilatori, ma abbiamo visto che non era quella la situazione che si doveva andare a determinare, non si dovevano fare arrivare i pazienti a quei livelli, perché il problema cosi come è stato visto in maniera autoptica, non era la ventilazione, non era la polmonite che si veniva a creare, infatti la polmonite che si veniva a creare era legata al danno sia delle mucose delle pareti dei bronchi che degli alveoli polmonari in quanto c’era sotto i livelli alveolari un sistema vascolare che si era bloccato a causa di fenomeni coagulativi e trombotici. Per questo motivo non bisogna far arrivare a coagulare il sangue e di conseguenza a creare effetti trombotici, perché quello è il passo che porta a fare una corsa contro il tempo.

Quindi?

Quindi se non si crea questa situazione non si ha bisogno nemmeno di portare la gente in ospedale perché la si può curare sul territorio e per questo il territorio va a prendersi quello che è il suo ruolo effettivo.

Da quanto dice si evince che secondo lei è mancato l’intervento sul territorio?

Certo, perché è così. Di fatto è mancato il territorio e forse questo è da attribuire al fatto che non c’era conoscenza, ma questo discorso si può fare solo nel primo mese dopo bisogna attrezzarsi. Non c’erano dispositivi di sicurezza, diciamo che non c’era una capacità di procedere nel migliore dei modi, e questo ha comportato tanti morti, moltissimi dei quali si potevano evitare.

Voi avete fatto ricorso al Tar per applicare le terapie precoci domiciliari?

Sì, ma dopo che il Tar ci ha dato ragione, il Ministero della Salute si è opposto alla soluzione del Tar e ha riaperto alle cure che dicevano loro, ripresentando delle linee guida con un rifacimento delle prime ovvero, con una misera riapertura verso l’antinfiammatorio, ma con tutta una serie di proibizioni, tra cui gli antibiotici, il cortisone e altri ancora.

Come si trasforma un virus?

Si trasforma o in maniera naturale in cui perde la sua efficacia dopo un po’ di tempo, perché magari rimbalzando tra le persone può creare anche quella famosa immunità di gregge naturale ma non da espressività patogenica in maniera importante. Questo accade con i rhinovirus, dove non tutti prendono il raffreddore ma magari tutti possono entrare in contatto con il virus, lo trattengono nell’organismo e si fanno degli anticorpi naturali. Quel virus, indubbiamente, dopo che ha rimbalzato fra milioni e milioni di persone non ha più espressività e quindi va a decadere come patogenicità. Mentre una situazione anomala è quella che si sta verificando in questo frangente.

Che cosa intende dire?

Intendo dire che tutti i libri di patologia, di microbiologia, di biologia molecolare e in tutta la scienza medica di realtà vissuta mai si è detto che si potesse fronteggiare una pandemia con situazione di tipo profilattico, infatti bisogna agire in maniera diretta, cioè terapeutica. Se gli scienziati hanno sempre sostenuto che mai si deve vaccinare durante una pandemia, in questa situazione è stato fatto esattamente l’opposto con una situazione di novità assoluta di un vaccino non vaccino.

Potrebbe essere più preciso. Cosa vuol dire quando dice “vaccino non vaccino”?

Intendo dire che questo non è un vaccino ma è una terapia genica sperimentale dove un Rna entra nelle cellule e porta la memoria espressiva di una componente virale, di una spike e mette il ribosoma del citoplasma cellulare in funzione di fotocopiatrice a creare le spike per portarle fuori e determinare poi l’aggancio dei linfociti, quindi la risposta immunitaria anticorpale e quindi la neutralizzazione della malattia. Perciò questi vaccini non hanno virus, ma hanno soltanto un’azione di riproduttività della spike, il che è tutta una altra realtà da cui possono insorgere tante situazioni diverse. Comunque va detto che la spike non è una situazione così banale da fronteggiare.

Potrebbe essere più preciso?

La spike è una parte del virus che non si è mai potuta abbattere nemmeno con la Sars Cov1, ed è imprendibile perché varia continuamente, o meglio è in continua dinamicità e quindi non si può preparare un prodotto che lavori su tutte le spike possibili, per questo non si sono mai potuti fare i vaccini per quella situazione e nemmeno adesso si è fatto un vaccino per questa realtà anche perché il virus muta continuamente. Si è fatto un vaccino per neutralizzare la spike, che è espressione di malattia, infatti il vaccino impropriamente detto “vaccino anti Sars Cov 2” non è altro che una terapia anti Covid 19, cioè presuppone nella suggestione degli eventi ad avere una minore capacità di impatto verso la malattia, anche questo però viene a decantarsi nel tempo.

Per quale motivo?

Perché vediamo soggetti vaccinati che hanno espressione di malattia che a volte porta a morte e non viene nemmeno tradotta in riduzione di morbilità e quindi di patogenicità. Per farla breve, abbiamo fatto tutto e il contrario di tutto. Abbiamo creato illusioni e disillusioni continuamente. Oggi siamo nella più totale situazione di caos mentale e operativo. Abbiamo bruciato un primo vaccino, l’AstraZeneca, perché nasce per una classe di persone e poi viene dirottata su un’altra. Si creano effetti collaterali e viene bloccata, poi viene rimessa in giro un’altra volta, ha creato delle connessioni con le coagulopatie, ha creato delle connessioni con le trombosi, ha creato problemi cardiaci e neurologici, e così via, ma non è che gli altri siano esenti, perché gli altri hanno questo e anche altro di effetti collaterali a tal punto che nel bugiardino l’AIFA e l’EMA inseriscono gli effetti collaterali che possono essere presenti con gli altri prodotti che sono invece a Rna puro. Adesso sia Pfizer che Moderna dicono nei bugiardini di stare attenti che possono creare miocarditi e pericarditi, ma questi sono quelli più eclatanti e numerosi.

Da quanto dice emerge che a suo avviso il vaccino non sembra la soluzione migliore. È corretto?

Questa sperimentazione di massa porta beneficio solo alle cause farmaceutiche ma all’umanità sicuramente no, perché nessuno di questi prodotti genici di queste realtà che sono state configurate come la migliore delle terapie per prevenire la malattia hanno portato alla non immunizzazione dichiarata dagli stessi produttori.

Cosa significa che hanno portato a una non immunizzazione dei soggetti?

Significa che questi soggetti possono prendere il virus, possono contagiare e devono mettersi in quarantena. Quelli che non sono vaccinati vengono additati come quelli che stanno uccidendo quelli che si sono vaccinati e si sono sacrificati per il mondo ma non è così in effetti. L’esponente dell’Oms, Walter Ricciardi, in una intervista ha detto che le varianti sono prodotte da chi è vaccinato perché il virus “sbatte” sui vaccini e va a creare delle varianti perché si va a deformare e va a creare una nuova struttura.

Il vaccino però crea resistenza al virus?

Per intenderci: il vaccino crea resistenza al virus come l’antibiotico al batterio.

La malattia non è curabile, se non si fanno i vaccini si ritorna alla situazione iniziale. Cosa ne pensa?

Il Covid è curabile e tranquillamente riportabile alla naturale condizione di guarigione e lo verifico ogni giorno con i miei pazienti. Ho curato più di 400 persone e su 400 non ne ho ospedalizzato nemmeno una e non me ne è morta nemmeno una, e le ho curate anche in maniera telematica quindi non solo di presenza. Le ho curate in tutte le città d’Europa e mi sono ritrovato ora a curare gente a Cipro a Malta ma anche in Spagna, dove ci sono i nostri ragazzi bloccati e posso assicurare che si sono verificate infezioni in soggetti che erano anche vaccinati, quindi il vaccino non è poi così infallibile.

Però protegge dalla malattia grave?

Se è vero che ti protegge dalla malattia grave allora va fatta su tutti i soggetti deboli, fragili, pluripatologici, così come accade per l’influenza, non nei soggetti giovani o addirittura nei bambini.

Se vi sono le cure perché non viene detto?

Perché se vi fossero state le cure non avrebbero dato il consenso alla sperimentazione di questi prodotti e questo l’Europa lo ha scritto a chiare lettere, lo possiamo leggere sulla approvazione delle terapie da parte dell’Ema dove hanno detto che si potevano approvare le terapie se non c’erano le cure per la malattia, ebbene disonestamente hanno detto che non ci sono le cure mentre abbiamo visto che le terapie non solo ci sono ma sono anche efficaci.

Però le varianti di oggi sono molto pericolose, questo va detto, o no?

Oggi siamo difronte a varianti che sono corrispondenti a comuni raffreddori, pochissime persone si aggravano e quelle che si aggravano è perché hanno patologie di base come diabete, malattie renali e oncologiche. Chiaramente però questi soggetti hanno bisogno di una attenzione maggiore perché hanno una necessità di essere protetti sotto l’aspetto sistemico ma chi non ha di queste patologie di fondo si prende un comune raffreddore.

Il green pass può rappresentare la luce in fondo al tunnel?

Sul green pass tanti Stati tornano indietro e noi invece andiamo avanti. Non si può dire che se una persona non ha il green pass non può accedere in un determinato posto, perché non è un lasciapassare, è soltanto individuare chi ha la patente e chi non ha la patente. Chi non ha la patente può camminare a piedi, non ha bisogno per forza di prendersi la macchina. Il green pass, oltre ai tamponi negativi, è stato dato anche ai vaccinati, che possono anche loro reinfettarsi e quindi, decade il sistema della salute. Il green pass, tra l’altro, viene dato anche a quelli che dicono che sono curati e quindi anche guariti e hanno degli anticorpi che sono stati ritenuti dalla Sanità inefficaci dopo sei mesi.

Cosa intende dire?

Intendo dire che uno che guarisce ha degli anticorpi naturali e quegli anticorpi naturali possono essere intromessi all’interno del midollo osseo e diventare plasmacellule e memoria a vita. Invece, dopo sei mesi loro vogliono vaccinare anche quelli che hanno passato un covid naturale e abbiamo visto che il fenomeno Ade, cioè di amplificazione della risposta anticorpale, crea un sacco di danni perché non si possono mischiare anticorpi naturali e anticorpi indotti, tra di loro si “scazzottano”, non fanno assolutamente bene al soggetto.

I bambini a suo avviso vanno vaccinati?

Ai bambini la malattia non colpisce per niente e quei pochi casi che sono morti avevano altre patologie. Il virus ha creato solo uno scompenso reattivo dell’organismo e sono morti per le patologie che avevano, o erano oncologici o con insufficienza renale e così via.

Da quanto detto emerge che voi curate tempestivamente appena il soggetto manifesta i primi sintomi. È corretto?

Sì ma voglio precisare che noi non portiamo avanti il protocollo della vigile attesa e del paracetamolo, noi medici delle terapie precoci domiciliari per i nostri pazienti usiamo degli antinfiammatori non appena manifestano i primi sintomi, quindi abbiamo una serie di farmaci che noi sappiamo usare, perché noi siamo i sarti della terapia e quindi la personalizziamo.

Perché l’idrossiclorochina e l’ivermectina sono finite sotto l’occhio del ciclone?

Sono state più barbaramente messe in risalto come un qualcosa di tremendo, ma io dico sempre, e lo posso portare avanti anche come giuramento: se noi avessimo avuto in campo mondiale l’ivermectina e l’idrossiclorochina non avremmo avuto il recettore del virus nemmeno a livello di quartiere. Questi farmaci erano e sono quelli che possono ostacolare l’azione del virus.

Cosa può dire sugli anticorpi monoclonali?

Gli anticorpi monoclonali sono dei validi presidi perché sono come le immunoglobuline per l’antitetanica.

Quando vanno dati gli anticorpi monoclonali?

Gli anticorpi monoclonali vengono dati all’ingresso di malattia, o meglio dire, nelle prime 72 ore, quindi molto precocemente e per soggetti che possono evolvere in situazioni di allarme perché hanno delle patologie importanti, quindi devono essere selezionati i casi, non sono assolutamente aperti a tutti.

Che consiglio vuol dare alle persone che leggeranno la sua intervista?

Alle persone devo dire di armarsi di coraggio e di sapere che c’è gente che sta accanto a loro. Ci sono ancora tanti medici che possono aiutarli e soprattutto dico loro di non cedere alle tentazioni ma di strutturarsi nella conoscenza delle cose. La malattia è curabile, le varianti sono curabili, tutte le varianti che sono in divenire diventeranno clinicamente sempre meno importanti rispetto al virus principale dal momento che perderanno la potenzialità di far male.

Voi avete portato davanti al ministro Speranza degli studi scientifici riguardanti la cura per il Covid da voi medici delle terapie domiciliari applicate. Cosa può dire a riguardo?

Noi abbiamo portato presso il ministero intanto 30.000 firme raccolte sul territorio riguardanti la volontà delle persone a voler essere curate con le cure precoci domiciliari e abbiamo anche annunciato di depositare degli studi scientifici che sono in fase di completamento e che riguarderanno la cura e gli esiti delle nostre cure precoci domiciliari fatte nei confronti dei pazienti sul territorio.

Cosa rappresenta per lei il suo lavoro?

Una missione per le esigenze di qualsiasi cittadino e quindi, portare utilità al fabbisogno di salute che ciascuno ha diritto ad avere.

 Vuole aggiungere altro?

Quello che mi auspico è che i medici tornino ad essere medici e che la medicina del territorio prenda il proprio compito di essere il filtro delle malattie per non intasare gli ospedali.

Sledet.com ringrazia per l’intervista il dottor Salvatore Totaro, e ad maiora!


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16 commenti su “Terapia domiciliare Covid: intervista al dott. Salvatore Totaro

    • Laura

      Complimenti a tutti i medici organizzatori, a tutta la famiglia della TERAPIA DOMICILIARE COVID SIETE DEGLI ANGELI , SIETE LA SALVEZZA DI TANTISSIMI ITALIANI. SIETE DEI GRANDI

      • Angelo

        Questi sono i medici da intervistare in diretta tv in contraddittorio a quelli che camminano a senso unico seguendo una linea politica ben precisa. Grande Medico Dott.Totaro che il Signore la benedica per tutto quello che fa per i propri pazienti

    • Crupi Vincenza

      Com’è possibile contattare il dottor Totaro o chi per lui? Siamo una famiglia ostaggio dei protocolli e dell’abbandono più totale dal 13 dicembre.
      Nessuno è venuto a fare o dire nulla, non è dato sapere se è chi è effettivamente conteggiato di noi.
      Siete la nostra ultima spiaggia.
      ENZA CRUPI.

  • Fulvio

    Ancora una volta il dr. Totaro ci ha regalato una kezione di umanita, di sacro rispetto al giuramento di Ippocrate e di capacita’ di saper intendere la medicina attraverso la medicina fuori dai giochi politici e dagli interessi delle aziende farmaceutiche.
    Grazie Salvatore a nome di chi ti conosce, ti stima e ti vuol bene.
    Fulvio arena

    • Elvira

      Grazie dottore per il lavoro che sta facendo per salvare le persone con le cure domiciliari.Io ho l’artrite reumatoide e la sto curando con l’idrossiclorochina e cortisone.Spero nel caso in cui dovessi avere bisogno di poterla contattare.

      • Marina Bergagio

        Il mio commento è semplicemente: ❤GRAZIE. ( L’ ultimo numero a cui sono rimasta è: curate quasi 480 persone e nessuna in ospedale). Marina Bergagio

    • Margherita

      Bellina intervista spiga tutto molto bene vorrei però sapere se consiglierebbe di vaccinarsi a persone che anno sui vent’anni grazie mille e distinti saluti

  • Margherita

    Bellina intervista spiga tutto molto bene vorrei però sapere se consiglierebbe di vaccinarsi a persone che anno sui vent’anni grazie mille e distinti saluti

  • Anna Maria

    Ho letto tutta l’intervista. Conosco l’operato del dott. Totaro. Uomo di scienza altamente preparato e scrupoloso. Vicino ai suoi pazienti a cui fra l’altro infonde coraggio e fede divina.

  • Dorothea

    Grazie dottore per il lavoro che Lei sta facendo e che tanti altri medici che seguono la cura domiciliare stanno implementando. Siete brave persone con un grande cuore. Grazie per l´ informazione trasparente e professionale che trasmette in questa intervista. Serve l´informazione professionale per trovare forza e serenita´. Ammiro la forza, la menta aperta per diverse possibilita´di curare una persona e non soltanto di una via unilaterale esperimentale e costosa senza contatto. Grazie! Continuate, siete veri medici generosi. Vi auguro tanta forza di continuare!

  • Santina Rosa Sanfilippo

    Oncordo in pieno col Dott. Totaro.
    Io ho 71 anni e ho avuto il Covid a metàagosto scorso. Quando, dopo aver fatto il tampone sono risultata positiva, ho iniziato immediatamente a prendere antinfiammatori, poi antibiotico e cortisone su debite pressioni di un mio familiare sul medico che se la prendeva comoda(vigile attesa).
    Prendo regolarmente vitamina C e D . Ho avuto qualche disturbo, come una normale influenza, senza febbre.

  • Graziella La Malfa

    Grazie dott.Todaro la sua intervista mi commuove e nello stesso tempo mi da speranza ….la speranza che esistono persone oneste come lei che hanno tanto amore da donare, e lo fanno con grande umiltà.
    Dio la benedica e la colmi di ogni grazia.

  • Emanuele

    Ecco un”MEDICO” che per fortuna non ha smesso di fare il medico come altri colleghi che si sono piegati alla dittatura di Stato rischiando in prima persona senza l’appoggio che meriterebbe dall’ ordine dei medici