Su Sky il film Dietro la notte: intervista al regista Daniele Falleri


“Dietro la notte è una storia che va al di là dei pregiudizi. Il fatto che siano protagoniste delle donne non è casuale”

Intervista di Desirè Sara Serventi

Luci dei riflettori puntati sul regista Daniele Falleri, che con il film dal titolo “Dietro la notte”, da lui scritto e diretto e, attualmente trasmesso su Sky Cinema, sta riscotendo un grandissimo successo. Una storia originale, quella da lui raccontata e ricca di colpi di scena. Quando Falleri si trova sul set niente viene lasciato al caso e la sua grande professionalità e preparazione è ben visibile in ogni suo progetto. Le sue sceneggiature e le sue regie, infatti, sono sempre di alto livello. Sledet.com ha raggiunto Daniele Falleri che, con la cordialità che lo caratterizza, ha parlato della sua opera prima. 

Su Sky Cinema è possibile vedere il film “Dietro la notte”, dove lei è sia lo sceneggiatore che il regista. Come nasce la storia? 

Di solito quando scrivo una storia parto da un frammento, da un indizio, da qualcosa che mi intriga o mi incuriosisce, può essere un personaggio, una scena o una situazione particolare e poi da lì mi lascio trasportare cercando di capire dove veramente mi stanno portando i personaggi e il plot.

Quando ha deciso che il genere del film sarebbe stato un thriller? 

A poco a poco mi sono reso conto che questa storia che stavo scrivendo, questi personaggi che avevo fra le mani, e più nello specifico il personaggio di Marta, la protagonista, una donna forte, determinata, segnata da molti eventi, con un passato importante, con una figlia che sta tirando su da sola, con un lavoro dove vige un regime maschilista, insomma, raccontando la storia di Marta, mi sono reso conto che il thriller sarebbe stato il genere perfetto, che mi avrebbe permesso un ritmo serrato e soprattutto un arco narrativo temporale compresso. Il fatto che si trattasse di un film di genere, il thriller appunto, è piaciuto molto anche al produttore Riccardo Di Pasquale che con la Fenix Entertainment ha subito attivato la realizzazione del progetto.

Quando avete girato le scene? 

A parte le prime scene al tramonto e le ultime all’alba, il nodo centrale di tutti gli eventi ha luogo durante la notte.

Quali sono i motori del film? 

I personaggi principali, che sono appunto il motore del film, sono due sorelle, Marta (Stefania Rocca) e Giulia (Roberta Giarrusso). Due sorelle molto diverse fra loro ma con un legame fortissimo dovuto ad un tragico passato in comune, ovvero la perdita dei genitori, morti violentemente. Poi vi è Elena (Elisa Visari), un terzo personaggio, anche quello femminile, che è la figlia di Marta. Loro tre sono il motore di tutto.

Lei ha voluto raccontare il film da una angolazione diversa. É corretto?

Scrivendolo, mi sono reso conto che questo è un film dove il potere è alle donne e che dovevo raccontarlo da una prospettiva diversa. Dovevo, e volevo, guardare il mondo da una angolazione in cui non mi sentissi troppo comodo in modo da dover obbligatoriamente, anche come scrittore, trovare nuove strategie. E il fatto di scrivere un film femminile mi obbligava a guardare il mondo con gli occhi delle donne permettendomi di addentrarmi in territori nuovi e quindi di esplorarli. Per rendere tutto questo possibile ho avuto la necessità di introdurre un personaggio maschile forte, ovvero Bruno (Fortunato Cerlino).

Su quali basi è stato scelto Fortunato Cerlino per interpretare questo ruolo? 

La scelta di Fortunato Cerlino, come del resto del cast (definito insieme al casting director Stefano Rabbolini), non è stata un caso. Cerlino è un attore che ha la possibilità di una vastissima gamma di energie e di maschere, può essere contemporaneamente lo sciocco e risultare credibile ed essere malvagio e risultare ugualmente credibile. Per intenderci, Bruno è un personaggio maschile d’effetto che doveva da solo contrastare lo strapotere femminile di questa storia. La scelta di Fortunato è stata fatta proprio sul fatto che è un attore dalle spalle larghe in grado di sostenere la trasformazione che tutti i personaggi hanno nell’arco del film in un susseguirsi di colpi di scena.

Il fatto che lei ha rivestito il ruolo sia di sceneggiatore che di regista le ha permesso di apportare modifiche alla storia man mano che girava? 

Di solito lo sceneggiatore e il regista sono due figure separate. Per intenderci, lo sceneggiatore scrive e, finita la fase di scrittura, consegna la sceneggiatura, che non è un romanzo, non è un racconto, ma uno strumento che serve al regista per trasformare quelle parole in immagini. Una volta consegnata la sceneggiatura al regista, è lui che diventa il detentore della storia ed è lui che va a reinterpretare con la propria creatività la creatività già espressa dallo sceneggiatore.

Quindi qual è la bravura del regista? 

La bravura del regista è quella di cercare di entrare all’interno dello scritto di qualcun altro portando il proprio carattere, la propria personalità ma senza stravolgere quella che è stata l’idea iniziale del film ideato dallo sceneggiatore.

Invece in questo caso specifico? 

In questo caso specifico, sceneggiatore e regista si sono sovrapposti nella stessa figura ma come dico di solito quando scrivo sceneggiature o copioni teatrali, e i registi mi chiedono cosa fare o come risolvere delle scene, io dico sempre di comportarsi come se l’autore fosse recentemente scomparso.

Che cosa intende dire? 

Intendo dire che devono prendere loro in mano il timone di questa barca e decidere che rotta farle fare, come far muovere i personaggi, anche perché, io quello che volevo raccontare l’ho già scritto, se mi intrometto all’interno di quello che è il flusso creativo di qualcun altro, rischio di bruciare la pietanza, come due cuochi che stanno in cucina pretendendo entrambi di decidere la cottura.

Questo tipo di atteggiamento lo adotta anche quando è lei a vestire il ruolo sia di regista che di sceneggiatore?

Sì, questo tipo di atteggiamento cerco rigorosamente di adottarlo anche con me stesso. Nel momento che la scrittura è finita comincia la preparazione del film e io subentro come regista e non più come sceneggiatore. Mi riprendo in mano la sceneggiatura, cerco di vederla solo dalla prospettiva della regia e ovviamente vado a adattare questo abito al corpo del film che sta nascendo. È il regista che deve modulare la fantasia sua e dello sceneggiatore alla realtà di quello che poi succede concretamente sul set.

A interpretare sul set Marta e Bruno sono Fortunato Cerlino e Stefania Rocca. Cosa può dire lavorativamente parlando di loro? 

Posso dire che Fortunato Cerlino e Stefania Rocca sono due attori che adoro e che stimo. Entrambi molto meticolosi, sposano totalmente quello che è il mio gusto, il mio modo di lavorare, che è quello di non lasciare niente al caso. Sia Stefania che Fortunato sono due attori propositivi, complici e generosi.

Lavorare con due attori propositivi è un vantaggio? 

Diciamo che avere due attori propositivi è una lama a doppio taglio.

Potrebbe essere più preciso? 

In passato mi sono trovato alcune volte ad avere degli attori molto propositivi che proponevano cose solo dalla loro angolazione, il cui intento era esclusivamente quello di emergere come personaggi rispetto alla storia.

In quelle circostanze come affronta la situazione? 

A quel punto con diplomazia facevo loro capire che li ringraziavo, ma che non accettavo proposte. Mentre nel caso di Stefania e Fortunato le loro proposte sono sempre state mirate a migliorare il progetto e non esclusivamente il loro personaggio, quindi trovare insieme delle risposte alle loro domande è stato stimolante e mi ha dato un’opportunità in più per andare a scandagliare la storia nel particolare.

Quanto spazio concede agli attori per l’improvvisazione? 

Diciamo che difficilmente permetto margini di improvvisazione rispetto alla costruzione di nuove battute.

Che cosa intende dire? 

Per intenderci, in “Dietro la notte”, vi è una scena nella quale, finite le battute, il personaggio di Marta ha un momento di riflessione e guarda fuori dalla finestra. L’altro personaggio, ovvero Bruno, che era scritto che sarebbe dovuto uscito dalla stanza, invece di uscire, è andato da lei e le ha appoggiato il mento su una spalla. Questo tipo di movimento, che non era previsto, sembra un dettaglio ma mi ha dato la possibilità di raccontare un’importante emozione in più rispetto al rapporto fra i due personaggi. Il margine d’improvvisazione, solo apparentemente piccolo, in questo caso è andato a creare una chiusura di scena che racconta la storia esattamente nella direzione in cui la volevo portare.

Quindi c’è stato un approccio al personaggio? 

Certo, c’è stato un modo di muoversi, di fare certe cose, un inserire delle azioni che fossero comode per l’attore e che andassero nel giusto flusso del racconto.

Su cosa ha puntato la regia?

La mia idea era quella di avere un film che si sviluppasse contemporaneamente su due piani, su due livelli diversi. Infatti, agli attori ho richiesto una recitazione molto credibile, molto vera, una recitazione molto diretta, senza nessun tipo di sottolineature, qualcosa di molto “dritto per dritto”, come sono le battute scritte e come è l’intera storia. Premesso questo, volevo che la cornice intorno invece, fosse una cornice sopra le righe, sia per quel che concerne l’aspetto cromatico definito con il direttore della fotografia, il grande Davide Manca, che quello scenografico creato dal bravissimo Enrico Serafini. Per farla breve quindi, ho lavorato su due livelli differenti: una ambientazione, una cornice molto forte e una recitazione diretta e immediata senza nessun tipo di costruzione, proprio perché questo contrasto era quello che volevo raccontare.

Per lei è buona la prima o preferisce coprirsi le spalle con più Ciak? 

Buona la prima è difficile. Anche quando è buona, una seconda di riserva la faccio e forse, faccio anche la terza, semplicemente perché ci sarà un aggiustamento tecnico, di luci, o di movimento macchina, per citarne alcuni. Comunque, faccio una preparazione molto meticolosa con gli attori. Ho le idee chiare rispetto a quello che voglio.

Qual è una sua caratteristica come regista?

Una delle caratteristiche che mi è stata più volte riconosciuta è la velocità. Nel senso che prendo immediatamente le decisioni, anche perché penso che questo sia il succo di quello che deve fare il regista sul set. Preparare tutto quello che si può anticipare e poi riuscire velocemente a trovare delle soluzioni a tutti gli inconvenienti, gli imprevisti, le modifiche che sono da fare sul set, senza perdere tempo, permette di arrivare in fondo senza sforamenti.

In quanto tempo è stato girato questo film? 

Dietro la notte è stato girato in quattro settimane, tre delle quali è piovuto. Quando pioveva giravamo all’interno, ma ogni volta che smetteva di piovere correvamo fuori a concludere le riprese esterne. Diciamo che era un continuo andare avanti e indietro, ma nonostante tutti questi imprevisti, siamo riusciti a fare un film dove non solo non ho dovuto tagliare delle scene ma sono state tutte molto curate.

Cosa ha tratto dall’esperienza televisiva e teatrale di tutti questi anni? 

Dall’esperienza teatrale ho tratto l’amore per gli attori, per i personaggi, per il raccontare le storie e il cercare di andare a scandagliare i meandri psicologici dei personaggi, del perché fanno certe cose e dicono certe battute. Dall’esperienza televisiva invece, la cosa che ho imparato è la velocità, perché ormai in televisione negli ultimi anni i tempi si sono molto ristretti.

Dietro la notte, non è stato trasmesso solo in Italia. É corretto? 

Il film ad oggi è stato venduto in Francia ed in Germania, infatti loro lo vedranno al cinema.

Qual è stata la scena più impegnativa da girare? 

Una scena molto impegnativa è stata quella dell’apertura del film dove si vede l’interno della ditta dei diamanti. Nella prima scena io volevo un piano sequenza. Il piano sequenza è sempre complesso, perché deve funzionare tutto, deve funzionare l’incastro degli attori, i movimenti, dato che non c’è un montaggio, non c’è un taglio all’interno della scena, e tutto deve funzionare dall’inizio alla fine, altrimenti bisogna iniziare nuovamente da capo.

Per quale motivo ha scelto per la prima scena il piano sequenza? 

Perché volevo accompagnare lo spettatore all’interno della storia. È stato complesso ma fortemente emozionante.

Qual è il messaggio che vuole trasmettere con questo film? 

Dietro la notte è una storia che va al di là dei pregiudizi. Il fatto che siano protagoniste delle donne non è casuale. Ho voluto ribaltare quello che è un preconcetto che abbiamo spesso anche nel cinema dove, il ruolo della donna, per quanto importante sia, è sempre relegato all’obiettivo dell’uomo che hanno a fianco, quindi, tentano spesso di raggiungere qualcuno per completare sé stesse e per farlo hanno la necessità di avere un uomo al loro fianco. Invece con questo film ho voluto raccontare l’opposto, ovvero che l’individuo, a prescindere dal fatto che sia un uomo o una donna, può autodeterminarsi. Per questo motivo in questo film non vi sono le donne che stanno un passo indietro agli uomini ma neanche delle femministe, che stanno un passo avanti. Ogni personaggio è indipendente, per cui camminano tutti insieme, uno a fianco all’altro. Questo era quello che volevo, un lavoro contro i pregiudizi e contro il preconcetto della debolezza o della forza a seconda del genere sessuale.

Lei insegna recitazione presso l’Action Academy di Roma. Cosa può dire a riguardo? 

Sono docente presso l’Action Academy di Roma dove a studenti attori impartisco lezioni di recitazione incentrate sul metodo Strasberg, mentre con altre classi di studenti, aspiranti registi e sceneggiatori, insegno sceneggiatura. Un lavoro che mi riconcilia continuamente con le origini delle mie scelte e che mi stimola moltissimo.

Che consiglio può dare a un giovane che vorrebbe intraprendere la sua professione? 

I consigli sarebbero tanti. Una cosa che voglio ricordare a chi si avvicina a questo mestiere, è che non ci sono delle garanzie. Nel mondo dello spettacolo il percorso ognuno se lo deve inventare da solo. Io ci sono arrivato dalla scrittura, era la scrittura la cosa che mi interessava, poi casualmente, anche se per me c’è una logica, sono passato dalla di narrativa alla scrittura per immagini. Ho cominciato a scrivere per il teatro, poi è arrivata la prima regia teatrale, il primo cortometraggio e parallelamente andando avanti ho costruito quello che è stato il mio percorso televisivo ed adesso cinematografico. Detto questo, quello che posso consigliare è di utilizzare la propria creatività, non solo per scrivere una storia, non solo per dirigere ma anche per costruirsi la propria carriera

Attualmente in cosa è impegnato? 

Sto scrivendo molto, sto consegnando in questi giorni una sceneggiatura commissionata da un’importante Produzione.

Progetti? 

Sto lavorando a due mie storie che sono già in fase avanzata, una delle due sarà il mio prossimo film, si tratta di una commedia drammatica. Non vedo l’ora di poterla raccontare a tutti, ma per il momento per ovvi motivi, non scaramantici ma professionali, non posso dire altro.

Sledet.com ringrazia per l’intervista Daniele Falleri, e ad maiora!

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