“L’ictus è un’emergenza e può presentarsi in modo particolarmente vario e bisogna imparare a riconoscere i sintomi”
Intervista di Desirè Sara Serventi
Quando si parla di Ictus sicuramente non bisogna mai abbassare la guardia, trattandosi questa a tutti gli effetti di un’emergenza in cui la tempestività nel trattamento è fondamentale per evitare il maggior numero di conseguenze per il paziente. Questo lo sa bene il noto e stimato dottor Maurizio Melis, direttore sia del Dipartimento di Neuroscienze e Riabilitazione che del reparto di Neurologia e Stroke Unit dell’Azienda Ospedaliera G. Brotzu di Cagliari, che si caratterizza per svolgere la sua professione con dedizione, professionalità e competenza mettendo prima di tutto il bene delle persone che si affidano a lui e alla rinomata Stroke Unit, dove ogni giorno vengono curati i pazienti, non solo con trattamenti all’avanguardia, ma anche con diligenza e amorevoli cure. I microfoni di Sledet.com hanno raggiunto il dottor Maurizio Melis, che ha spiegato in maniera dettagliata, cosa si cela e come si può riconoscere e prevenire l’ictus.
Lei è il direttore sia del Dipartimento di Neuroscienze e Riabilitazione che del reparto di Neurologia e Stroke Unit dell’Azienda Ospedaliera G. Brotzu di Cagliari. Da quando è attiva la vostra rinomata Stroke Unit?
La Stroke Unit di Cagliari è attiva dall’11 settembre del 2001, lo stesso giorno dell’attentato alle torri gemelle a New York. Nonostante questo esordio in un giorno infelice, la sua è stata una storia fortunata ricca di tante soddisfazioni. Allora ci sentivamo pionieri ed insieme a pochi altri centri in Italia abbiamo provato a rispondere alle esigenze di tanti pazienti che vanno incontro a questa drammatica esperienza: l’ictus. Si è lavorato tanto! Infermieri, medici, tecnici si sono cimentati nel preparare protocolli e percorsi che sino ad allora erano sconosciuti. Nel corso degli anni, medici ed infermieri si sono confrontati con le altre realtà nazionali simili, dapprima per imparare, negli ultimi anni per insegnare.
A chi è dedicata questa unità?
La Stroke Unit è un’unità dedicata alle persone colpite da Ictus, il personale che ci lavora si occupa prevalentemente di questa patologia. Si applicano protocolli dedicati, si fanno riunioni settimanali con un’equipe costituita da medici, infermieri, fisioterapisti, logopedisti, radiologi e neuroradiologi interventisti.
Tutte le figure da lei elencate concorrono al recupero del paziente?
Tutte le figure concorrono al recupero del paziente con interventi di pari importanza e dignità. Organizzare una buona alimentazione o prevenire le piaghe da decubito ha la stessa importanza del somministrare la terapia più avanzata. In questo contesto il ruolo degli infermieri è determinante nel prevenire le complicanze, nell’accorgersi di situazioni critiche (i pazienti sono generalmente monitorati), nel valutare i bisogni del paziente, nel rapporto con i possibili caregivers. Sono personalmente colpito ogni giorno da quanto il personale sia motivato a star vicino ai pazienti. Con l’esperienza ho acquisito il concetto che anche l’empatia si può insegnare e imparare.
Che cosa è l’ictus cerebrale?
L’ictus cerebrale è tra le prime cause di morte nel mondo e la principale causa di invalidità. Nonostante questo dato, non tutti sanno definire, e cosa più grave riconoscere, un ictus. L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce le caratteristiche che devono essere presenti per poter parlare di ictus.
Ovvero?
Rapida comparsa di segni e/o sintomi riconducibili ad una perdita di funzione cerebrale (focale o globale), che devono avere durata superiore alle ventiquattro ore dopo l’esclusione di cause apparenti diverse dall’origine vascolare. Va aggiunto però, che la diffusione di TC e Risonanza Magnetica ha permesso di mettere in secondo piano il criterio delle ventiquattro ore definendo ictus l’episodio che comporta una lesione evidenziabile con le metodiche di neuro immagine.
Quanti tipi di ictus vi sono?
La prima grande divisione è tra l’ictus ischemico ed emorragico.
Che cosa si intende per ictus ischemico?
La maggior parte degli ictus, circa l’80%, sono di natura ischemica. In questo caso la presenza di una placca aterosclerotica o di un trombo, ostacolano l’arrivo del sangue al cervello. Si parla di embolia quando un frammento di trombo, che può provenire anche dal cuore, raggiungere il cervello. Il termine “Minor Stroke” si riferisce a quei deficit neurologici che, pur presenti, sono scarsamente invalidanti. Il mancato arrivo di sangue comporta una riduzione dell’ossigeno e del glucosio indispensabili per fornire energia al cervello, che in realtà consuma poco. A riposo il suo consumo è di circa 20 watt, meno di una lampadina da abatjour. Il problema è che questa poca energia deve essere fornita costantemente senza interruzioni. Le cellule cerebrali, private dell’ossigeno e del glucosio, iniziano a morire rapidamente e il paziente presenta i sintomi relativi alla compromissione della funzione dell’area del cervello colpita.
E l’ictus emorragico?
Le arterie del cervello possono rompersi per varie cause, in questo caso si parla di ictus emorragico. La fuoriuscita di sangue crea lesioni nel cervello sia per la pressione con cui fuoriesce, ma anche creando una massa che comprime sulle aree vicine all’emorragia. L’emorragia può anche localizzarsi al di fuori del cervello, tra le membrane che lo rivestono e proteggono. Una forma particolarmente grave è l’emorragia sub aracnoidea causata spesso dalla rottura di un aneurisma intracranico.
Cosa si intende invece per attacco ischemico transitorio?
L’attacco ischemico transitorio, è un disturbo neurologico temporaneo e reversibile, le cause sono le stesse dell’ictus ischemico.
Per cosa se ne differenzia?
Se ne differenzia perché il deficit neurologico non è permanente ma reversibile. Nella maggior parte di casi si risolve entro una o due ore, ma per definizione si parla di attacco ischemico transitorio se il disturbo si risolve completamente entro ventiquattro ore. L’attacco ischemico transitorio non va mai trascurato, e costituisce un fattore che aumenta il rischio di avere un ictus. Una terapia adeguata, medica o chirurgica, ed una cura dello stile di vita sono fondamentali per evitare l’insorgenza di un ictus.
La comparsa dell’ictus provoca dolore?
Non normalmente, ma nell’ictus emorragico spesso sì. Un caso particolare è l’emorragia sub aracnoidea, patologia grave e spesso mortale. In questo caso il dolore può essere il solo sintomo iniziale. Nel cervello, anche se può sembrare strano, non ci sono terminazioni nervose in grado di percepire e trasmettere il dolore. Anche quando il dolore sembra provenire del cervello, in realtà proviene dalle meningi o dai vasi.
Quali sono i sintomi che si possono manifestare?
I sintomi sono in relazione all’area di cervello colpita e possono essere: debolezza o paralisi e/o disturbi della sensibilità di faccia, braccia o gambe, specie di un lato del corpo (si parla in questi casi di emiparesi o emiplegia), difficoltà a parlare o a capire il linguaggio (afasia), disturbi della vista in un occhio (amaurosi) o in parte del campo visivo (emianopsia), disturbi dell’equilibrio o della coordinazione, cefalea improvvisa e intensa.
Con quali esami viene diagnosticato?
L’esame che normalmente si esegue in urgenza è la TAC del cranio. Questo esame permette rapidamente di distinguere l’ictus ischemico dall’emorragico. Lo studio angio Tac delle arterie permette una rapida visualizzazione delle arterie extra ed intracraniche, e quindi rivela possibili occlusioni dei vasi. La Risonanza Magnetica dell’encefalo, l’esame ecocolordoppler dei vasi del collo ed intracranici e gli approfondimenti cardiologici vengono generalmente eseguiti nelle ore successive. Le cause dell’Ictus sono varie, spesso è necessario praticare estesi studi di laboratorio.
Quali i soggetti più colpiti?
I pazienti di età avanzata sono i più colpiti. Il rischio aumenta con l’età. Nell’età avanzata non esistono differenze tra uomo e donna. Ma il numero di pazienti con ictus giovanile sono un numero importante, tanto che abbiamo un ambulatorio dedicato a loro. In età meno avanzate sono colpiti più frequentemente gli uomini.
E l’etnia?
L’etnia è un altro fattore che può comportare differenti rischi, per esempio nelle popolazioni orientali è più frequente, rispetto agli occidentali, l’ictus emorragico. Le popolazioni afroamericane e gli indiani d’America sono altre popolazioni a maggior rischio di ictus.
Vi è una predisposizione familiare?
Una storia familiare di ictus o attacco ischemico transitorio costituisce un fattore di rischio. Esistono rare forme francamente ereditarie.
Quali sono i fattori di rischio?
L’ipertensione arteriosa è il fattore di rischio principale per l’ictus ischemico e per l’ictus emorragico. Valori stabilmente superiori a 140/90 millimetri di mercurio (130/80 per i pazienti diabetici) devono essere corretti.
Vi sono altri fattori?
Altri fattori sono: il Diabete Mellito, alcune Cardiopatie tra le quali la Fibrillazione Atriale che aumenta di circa cinque volte il rischio di ictus, l’aumento dei lipidi nel sangue, una storia individuale di pregresso Stroke o attacco ischemico transitorio. Gli estroprogestinici possono costituire un problema, specie per un particolare tipo di ictus conseguente ad una trombosi delle vene intracraniche (e non nelle arterie come nella maggior parte di casi). Per l’ictus emorragico le malformazioni dei vasi, come gli aneurismi, o le malformazioni arterovenose, possono essere presenti anche da decenni, ma nella maggior parte dei casi la diagnosi è possibile solo dopo la rottura ed il conseguente sanguinamento.
Lo stile di vita influisce sulla comparsa dell’ictus?
Diversi fattori sono determinanti. Il fumo, anche quello passivo, può creare dei danni nelle arterie, può far aumentare la pressione arteriosa, può ridurre la quantità di ossigeno che arriva al cervello. Il consumo anche di poche sigarette al giorno costituisce un maggior rischio, così come l’assenza di attività fisica, una dieta non salutare ricca di grassi, l’obesità o anche l’essere sovrappeso.
Vi sono altri comportamenti a rischio?
Sicuramente l’abuso di alcol. Tra i principali comportamenti a rischio emergenti, c’è il consumo di droghe, specie cocaina.
E’ possibile prevenire l’ictus?
Sì, esattamente come per le malattie cardiovascolari, un corretto approccio terapeutico ed un controllo degli stili di vita, sono estremamente efficaci.
Qual è la terapia preventiva più diffusa?
La terapia preventiva più diffusa consiste nella somministrazione di farmaci che prevengono la formazione di trombi o il loro accrescimento.
Potrebbe essere più preciso?
Questi sono farmaci antiaggreganti, comunemente aspirina e clopidogrel, o anticoagulanti, specie nel paziente con fibrillazione atriale o altre cardiopatie, come il warfarin o i più moderni nuovi anticoagulanti: dabigatran, edoxaban, apixaban, rivaroxaban. Un’altra arma per la prevenzione è la chirurgia, o il trattamento endovascolare, delle stenosi carotidee. La selezione dei pazienti da sottoporre a questi trattamenti deve essere il risultato di una valutazione multidisciplinare.
Vi sono delle novità in campo medico riguardo la cura dei pazienti colpiti da gravi forme di ictus cerebrale?
La terapia medica più efficace in acuto è costituita dalla somministrazione endovena dell’attivatore del plasminogeno tissutale (r-tPA). Se somministrato tempestivamente, può ridurre le conseguenze a lungo termine dell’ictus.
Come agisce questo farmaco?
Il farmaco deve essere somministrato endovena attraverso una flebo e agisce dissolvendo il coagulo e migliorando il flusso sanguigno nella parte del cervello sofferente per la carenza di sangue, e quindi di ossigeno e sostanze indispensabili per l’attività cellulare come il glucosio.
Vi sono altre possibilità di cura?
La seconda possibilità di cura è costituita dalla rimozione fisica di un coagulo all’interno di uno dei vasi intracranici che portano il sangue al cervello. L’intervento di trombectomia meccanica, dopo primi risultati contrastanti, è stato recentemente inserito tra i trattamenti indispensabili in pazienti con ictus acuto ed occlusione dei vasi principali del cervello. I pazienti che hanno i requisiti per il trattamento con rt-Pa devono ricevere comunque il farmaco, anche nel caso si prospetti la procedura di rimozione del coagulo. Se i trattamenti di riperfusione risultano controindicati il trattamento precoce con antiaggreganti (aspirina e clopidogrel) costituisce la terapia più indicata.
Da chi viene effettuato il trattamento endovascolare?
Il trattamento endovascolare viene effettuato da medici esperti nel contesto di strutture di neuroradiologia interventistica. Le linee guida suggeriscono una unità ogni milione di abitanti. La procedura deve essere eseguita entro sei ore dall’esordio dei sintomi di un ictus acuto. Recenti evidenze rivelano che comunque in pazienti selezionati con avanzate tecniche neuro radiologiche, il trattamento può essere eseguito ben oltre le sei ore, in qualche caso sino a ventiquattro ore.
Nel territorio nazionale vi sono reparti dedicati al trattamento dell’ictus?
Nel territorio nazionale esistono reparti dedicati al trattamento dell’ictus, variamente denominati: Stroke Unit, Centri Ictus, Unità Cerebrovascolari. Un numero ottimale sarebbe di un centro ogni 200.000 abitanti.
Invece?
Esiste ancora in Italia una distribuzione a “pelle di leopardo”, con una maggior presenza di centri nel nord-Italia. I centri sono caratterizzati dalla presenza di personale dedicato e qualificato. Proprio l’assistenza multiprofessionale consente di prevenire complicanze, ridurre la mortalità e l’invalidità residua.
Dall’ictus si può guarire o vi è sempre il rischio di una recidiva?
Circa il 20% degli ictus si presenta in pazienti che già hanno avuto un Ictus o un attacco ischemico transitorio. Attualmente si calcola che il pacchetto completo di prevenzione, in questo caso chiamata secondaria, con farmaci, controllo degli stili di vita, chirurgia o terapia endovascolare quando indicato, può ridurre anche dell’80% il rischio di ictus.
Potrebbe spiegare l’importanza della tempestività nel caso di ictus?
Il trattamento trombolitico con rt-Pa deve essere usato non oltre le quattro ore e mezzo dall’esordio dei sintomi nei pazienti eleggibili. Va da sé che prima viene iniziato il trattamento, maggiori sono le probabilità di ristabilirsi completamente. Per questo è importante riconoscere i segni e sintomi caratteristici e chiamare subito il 118 per un intervento di emergenza.
Quindi?
Una corretta terapia, specie nelle prime ore, consente non solo la sopravvivenza ma anche una miglior qualità di vita dopo l’evento. Un soccorso precoce permette una gestione delle funzioni vitali che possono già essere compromesse da subito per l’interessamento di alcune aree del cervello. Per questo si dice che il tempo è cervello.
Alcuni sostengono che una iperestensione prolungata del collo può provocare un ictus. Cosa può dire a riguardo?
E’ in parte vero, ma solo per particolari tipi di ictus, prevalentemente giovanili, che sono conseguenti alla dissezione delle arterie del collo. In questo caso si parla di dissezione, che può essere conseguenza di un trauma diretto del collo, o da microtraumi ripetuti o continuati nel tempo, come appunto l’iperestensione del capo. La dissezione, in pazienti predisposti, può essere spontanea.
I soggetti colpiti da ictus devono effettuare una riabilitazione. Potrebbe spiegarne l’importanza?
Il tempo necessario per recuperare dopo un ictus non è prevedibile, si possono avere miglioramenti dopo settimane, mesi o addirittura anni. Mentre alcuni soggetti recuperano rapidamente anche in modo completo, altri presentano invalidità residue anche importanti. La riabilitazione ed il supporto psicologico favoriscono il recupero.
Nei vostri reparti quando inizia il trattamento?
Nei nostri reparti il trattamento inizia nelle prime ventiquattro ore. Nell’equipe dedicata è quindi indispensabile avere le figure del Fisiatra, del Logopedista e del Fisioterapista.
Attualmente lei è il Presidente eletto della Società Italiana dei Neurologi, Neurochirurghi e Neuroradiologi Ospedalieri. E’ corretto?
Sì è corretto.
Che consiglio può dare alle persone che leggeranno la sua intervista?
È necessario riconoscere i segnali di allarme e sapere come comportarsi, e ovviamente chiamare il 118 alla comparsa dei primi sintomi. Il personale sanitario può iniziare tempestivamente trattamenti salva vita ancor prima di arrivare in ospedale ed indirizzare il paziente nell’ospedale più idoneo. Non è consigliabile recarsi in ospedale con mezzi propri. Ogni minuto è importante.
Vuole aggiungere altro?
L’ictus è un’emergenza, come l’infarto miocardico. Al contrario di quest’ultimo, l’ictus può presentarsi in modo particolarmente vario e bisogna imparare a riconoscere i sintomi. E’ dovere degli operatori coinvolti nella cura dell’ictus sfruttare ogni occasione per fare informazione su questa malattia un tempo ritenuta incurabile.
Sledet.com ringrazia per l’intervista il neurologo Maurizio Melis, e ad maiora!