Accusato di omicidio in base a dei sospetti e non a degli indizi: intervista a Cristiano Scardella
Intervista di Desirè Sara Serventi
Era il 1985 quando Aldo Scardella, un giovane universitario cagliaritano, venne accusato dell’omicidio del proprietario di un market, e sulla base di sospetti inconsistenti, arrestato. La storia di Aldo, ha dell’incredibile. Fu un tragico errore giudiziario infatti, a rendere Scardella una vittima della giustizia. Non solo fu spedito in galera sotto totale isolamento, ma venne privato di tutti i suoi diritti, tra cui quello di poter nominare subito dopo l’arresto, un avvocato. Poco servì l’esito in favore del giovane universitario della perizia fatta sul passamontagna trovato a pochi passi dalla sua abitazione, questo infatti, non fu sufficiente per rendere Aldo nuovamente un ragazzo libero. Troppe furono per lui le pressioni psicologiche, e l’etichetta di assassino era un fardello troppo pesante da portare, e per questo non riuscendo più a sopportare questa ingiustizia, in carcere si tolse la vita. Nel foglio il giovane lasciò scritta solo una frase che è quella che oggi caratterizza il nome di Aldo Scardella, ovvero: muoio da innocente. I microfoni di Sledet.com hanno raggiunto Cristiano Scardella, fratello di Aldo, che ha raccontato la tragica vicenda.
Suo fratello Aldo Scardella, venne accusato, per un errore giudiziario, di omicidio. Potrebbe ripercorrere la tragica vicenda?
Esattamente fu una carcerazione ingiusta, non un errore giudiziario. Durante una tentata rapina, tre banditi armati e mascherati uccisero un commerciante. Si introdussero nel suo negozio di vini e liquori a 200 metri da casa mia, e lo colpirono con tre colpi di arma da fuoco. Era il 23 dicembre del 1985.
Aldo si trovava vicino al negozio?
Sì Aldo si trovava nei pressi del market, ma non solo quel giorno.
Che cosa intende dire?
Intendo dire che lui percorreva quel tratto tutti i giorni.
Per quale motivo?
Perché quella era la strada che percorreva per tornare a casa, era obbligato a passare da quella parte. Fu arrestato per dei teoremi e congetture, tutto l’iter giudiziario fu nullo, da cominciare dal fermo e dal suo arresto.
Perché fu proprio suo fratello che venne accusato dell’omicidio?
Perché vicino a casa di Aldo fu trovato un passamontagna che apparteneva ai rapinatori e che dire, sospettarono invece fosse il suo. Voglio precisare che il passamontagna fu trovato a due palazzi di distanza da casa nostra e ho il dubbio che sia appartenuto ai rapinatori.
Per quale motivo?
Perché chi trovò il copricapo lo vide ben visibile, invece la polizia verbalizzò che era ben occultato. Poi va detto che la strada dove fuggirono i due banditi poteva portare nella nostra via anche se di fatto conduceva anche in altre strade. Vorrei aggiungere che la polizia fece un’indagine olfattiva sul passamontagna.
Potrebbe essere più preciso?
A un cane fu fatto annusare il passamontagna per vedere se, attraverso questo esame olfattivo, il cane avrebbe riconosciuto tra le persone sospettate il proprietario.
Quindi il cane riconobbe Aldo?
No il cane non riconobbe in Aldo il proprietario del passamontagna. Diciamo che fu proprio il cane il primo a riconoscere l’innocenza di mio fratello.
Se il cane non riconobbe in Aldo il proprietario del passamontagna, per quale motivo fu arrestato?
Perché dissero che uno dei banditi era alto quanto Aldo. Va precisato che in quel periodo mezza Sardegna era alta quanto lui.
Quindi Aldo venne arrestato per dei sospetti o per degli indizi?
Per noi e per l’avvocato difensore, gli inquirenti si basarono solo su dei sospetti e per questo motivo decretarono l’ordine di cattura. Aldo fu arrestato per una presunzione di colpevolezza. Per un sospetto non si arresta una persona, ma con gli indizi sì. Voglio precisare che più facevano accertamenti, più tutto andava a favore di Aldo. Il pubblico ministero consultando le carte quindi decise di spiccare l’ordine di cattura e la polizia si presentò in casa nostra col pretesto che Aldo doveva firmare un verbale e che quindi doveva seguirli, in realtà invece lo stavano arrestando.
In quale carcere lo portarono?
Per dire il vero quando ci recammo in questura ci informarono che era stato condotto in un carcere segreto. Non ci informarono di niente, per loro era una operazione segretissima.
Per quale motivo non vi siete rivolti ad un avvocato, o meglio dire perché l’avvocato non vi informò del luogo in cui si trovava suo fratello?
Noi ci siamo rivolti ad un avvocato, non bravo ma bravissimo ma non c’è stato niente da fare, i magistrati non ci dissero dove fosse e per questo motivo Aldo non ha avuto la possibilità di nominare un’assistenza legale quindi è rimasto senza avvocato per una settimana, e per dieci giorni senza il ricambio della biancheria incorrendo in atti contrari all’umanità. La censura dei telegrammi contribuì a penalizzarlo sempre di più. Il mio amico Marco Pannella si accorse della gravità della situazione e presentò un’interrogazione parlamentare a riguardo, ma chi rispose mentì al parlamento, o meglio dire, la risposta dell’autorità sarda non era fedele alla realtà dei fatti.
Per quanto tempo fu tenuto in isolamento?
Per 185 giorni, più di sei mesi. Lo misero in un buco di cella, senza la possibilità di difendersi, senza poter vedere nessuno, nemmeno il suo avvocato. Senza poter appendere poster per rendere la detenzione meno tetra e angosciosa e non gli permisero di andare a messa, nemmeno a Pasqua. Non gli fecero passare la Bibbia in cui dei religiosi gli segnarono i passi più importanti da leggere.
Nell’ordine di cattura che cosa figurò?
Nell’ordine di cattura figurò come se avesse l’altezza di uno dei banditi che per primo sparò al commerciante, ma in un’istanza, il pubblico ministero disse: d’accordo, il guanto di paraffina accerta che non ha sparato, ma potrebbe essere tra quelli che non spararono. Una contraddizione che rese ancora più nulle tutte le accuse formulate contro di lui. Tutto questo orrore solo per essere uscito a comprato un giornale alle 5 del mattino.
Suo fratello non riuscì a reggere tutta questa pressione. È corretto?
In carcere temeva azioni delittuose manovrate dall’esterno, così sostenemmo al super ispettore ministeriale.
Cosa accadde in carcere?
So che veniva disturbato da qualcuno, storie così non possono che finire male. Aldo si suicidò in carcere.
Suo fratello lasciò un foglio scritto. Cosa scrisse?
Vi chiedo perdono per i problemi che vi ho causato, se mi trovo in questa situazione lo devo solo a me stesso. Muoio innocente. Ai miei familiari. Aldo.
La verità sull’innocenza di Aldo arrivò anni dopo. È esatto?
Ogni cittadino è innocente sino alla condanna definitiva e Aldo non è stato nemmeno processato, neanche rinviato a giudizio. La sua morte, come contempla una norma penale, ha estinto il reato. Il processo che ha portato in causa altri responsabili ha menzionato che Aldo era totalmente estraneo a tutti delitti a lui contestati.
Che cosa intende dire?
Intendo dire che un esponente della malavita cagliaritana si assunse la responsabilità dell’accaduto portando in causa altre persone che furono poi processati e condannati.
Lei ha scritto un libro che si intitola Fuori dalla gabbia. La storia raccontata è quella di Aldo. Vuol parlarne?
Parlo prevalentemente di Aldo ma racconto anche aneddoti di quartiere, ritratti su dei personaggi di Cagliari. Ho voluto dare la possibilità ai lettori di farsi un giudizio sulla tragica vicenda senza poterlo condizionare.
Lei chiede verità?
Sì con tutto il clamore che ha fatto la vicenda di Aldo, chiedo che possa portare ad una verità assoluta, sia sulle origini e le ragioni del suo arresto sia sulle cause della sua morte. In tutti questi anni la giustizia è rimasta sempre indietro a fare iniziative, invece registi, giornalisti, cantanti e attori hanno portato avanti diverse iniziative.
Lei sta portando avanti questa battaglia. Per cosa combatte ogni giorno?
Qualcuno mi dice che sono pazzo o determinato. Mi hanno definito con tanti aggettivi: ossessionato, fissato, guasto, ma posso vantare di aver avuto la solidarietà del presidente della repubblica Napolitano che in una lettera mi chiedeva, in qualche modo, scusa. Ha ricordato inoltre che dalla vicenda sono nate leggi in garanzia e tutela del cittadino. Questa storia ha fatto nascere tante iniziative culturali e sociali, sicuramente ha salvato qualche vita: ha modificato il codice di procedura penale, ma non era questo il mio obiettivo: scardinare il sistema per dare una verità costruttiva. Durante la mia terapia i pensieri sono continui, ma non riescono ad uscire, come se fossi chiuso in una cappa, io vorrei ridere e scherzare ma non posso.
Chi era Aldo?
Era un ragazzo brillante, iscritto in economia. Era una persona molto altruista con una grande sensibilità e un’intelligenza disarmante. Questo era Aldo.
Sledet.com ringrazia per l’intervista Cristino Scardella, e ad maiora!
Una storia molto toccante che però a me personalmente infastidisce e , si diciamolo, mi fa arrabbiare che questa giustizia che a volte agisce e a volte erra in maniera quasi Ida fare paura. No…Aldo non doveva solo non morire ma nn doveva proprio essere preso di punta ed usato come capro espiatorio xche magari stava antipatico a qualche grosso pezzo della giustizia. In più nn doveva assolutamente essere privato dei suoi diritti minimi…del suo avvocato dei compagni con cui confrontarsi perché l’essere umano in 3 metri x 2 nn può neanche muoversi. Una branda un gabinetto ed un tavolo…che tristezza povero Aldo. Chissà che passava nella tua anima e nel tuo cuore! Sei un angelo li dove sei ora e…tramite Cristiano , che ti adora perché anche lui uomo fantastico , le acque si sono mosse tanto tanto e ancor ora sei nei cuori e nei discorsi di tanti per , chissà, magari capire ancora meglio …ma sopratutto evitare che un rpisodio così ” bestiale” possa ancora accadere. Un abbraccio