“Il loro utilizzo, se effettuato nella fase iniziale del contagio, consente di evitare il processo infiammatorio che può far sorgere i sintomi gravi”
Intervista di Desirè Sara Serventi
Il prof. Antonio Giordano, scienziato di fama internazionale nonché fondatore e direttore dello “Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine” della Temple University di Philadelphia, ci ha parlato della terapia monoclonale e più nello specifico dell’utilizzo di questa terapia nella lotta al COVID-19. Sledet.com ha raggiunto il prof. Antonio Giordano che, con l’accuratezza e l’attenzione che lo caratterizzano, ha risposto alle nostre domande in maniera chiara e comprensibile anche per chi non appartiene al settore sanitario.
Potrebbe spiegarci che cosa sono gli anticorpi?
Gli anticorpi sono proteine del sistema immunitario caratterizzate dalla capacità di riconoscere in maniera esclusiva e specifica solo il proprio target. Durante un’infezione naturale, il sistema immunitario produce moltissimi anticorpi che si riversano nel sangue e nei tessuti per coadiuvare l’eliminazione dell’invasore. I monoclonali sono degli anticorpi ma di produzione artificiale, sempre con la funzione di riconoscere i patogeni e consentire al nostro organismo di debellarli.
Come possono essere identificati gli anticorpi più efficaci a combattere l’infezione?
Gli anticorpi più efficaci a combattere l’infezione possono essere identificati in laboratorio a partire dal sangue dei soggetti convalescenti e riprodotti in grandi quantità come copie identiche. Successivamente, questi anticorpi possono essere iniettati nel sangue di pazienti infetti, dove svolgeranno le funzioni protettive, proprio come gli anticorpi prodotti durante un’infezione naturale. L’unica differenza è che questa volta, invece che avere molti anticorpi diversi diretti verso una moltitudine di strutture del virus (risposta policlonale – più cloni diversi), si va a iniettere nel sangue solo il tipo di anticorpo prescelto che sappiamo già funzionare contro il patogeno (anticorpo monoclonale – un solo clone).
Gli anticorpi monoclonali si stanno utilizzando sui soggetti che hanno contratto il COVID-19. Cosa può dire a riguardo?
Un aspetto da non sottovalutare nella corsa alla terapia contro il COVID-19 sono i costi dei farmaci o delle terapie, poiché potrebbero creare delle barriere economiche nella distribuzione della protezione contro il COVID-19 nel mondo. Purtroppo, la produzione di monoclonali è estremamente costosa poiché queste proteine biologiche sono molto più complesse rispetto alle piccole molecole che costituiscono i farmaci. In assenza di farmaci efficaci, gli anticorpi monoclonali sembrano la via più veloce per giungere ad una terapia contro il COVID-19. Eppure, i costi proibitivi per la loro produzione pongono un chiaro limite nella distribuzione globale della protezione, discriminando le fasce di popolazione meno abbienti. Questo problema deve essere uno stimolo per trovare nuovi modelli di business che sostengano una produzione di anticorpi monoclonali più economicamente sostenibile. Il COVID-19 potrebbe quindi fungere da modello per lo sviluppo economico delle terapie monoclonali del futuro.
In che modo avviene la somministrazione?
Nella terapia monoclonale si inietta un anticorpo preciso nel paziente. Questo approccio è già utilizzato per curare certi tipi di tumori e malattie autoimmuni ed è stato preso in considerazione per combattere la pandemia. Un altro approccio è quello in cui si inietta nei pazienti il plasma derivato dal sangue di soggetti guariti dal COVID-19; gli anticorpi policlonali da essi sviluppati dovrebbero migliorare le loro condizioni di salute.
Una volta avvenuto il contagio, dopo quanto tempo devono essere somministrati gli anticorpi per avere una risposta sul paziente?
In genere, hanno la funzione di debellare in modo veloce il coronavirus prima che si arrivi alla degenerazione della malattia. Quindi il loro utilizzo, se effettuato nella fase iniziale del contagio, consente di evitare il processo infiammatorio che può far sorgere i sintomi gravi. Questi anticorpi possono inoltre essere utilizzati anche per prevenire la malattia come si fa con il vaccino. Quando infatti ci sono le premesse per l’avvenuto contagio, la persona interessata, valutate le circostanze con il personale medico specializzato, può essere sottoposta al trattamento.
Quanto tempo dura l’immunizzazione generata dai monoclonali?
I ricercatori stanno cercando di capire come far durare il più lungo possibile l’immunizzazione generata dai monoclonali. L’obiettivo attuale dei ricercatori è quello di far durare l’immunizzazione per almeno 6 mesi, ad oggi sappiamo che un anticorpo viene eliminato dall’organismo dopo circa 4 settimane.
Quali gli effetti collaterali di questa terapia?
Il discorso vale per qualsiasi terapia: gli effetti collaterali dipendono dalla variabilità interindividuale. Qualcuno potrebbe non tollerare qualche principio attivo o eccipiente. Più che sugli effetti collaterali mi soffermerei sulle potenzialità terapeutiche. Se pur costosi i monoclonali hanno un’elevata potenzialità terapeutica.
Le varianti del virus potrebbero modificarne l’efficacia?
Potenzialmente i monoclonali sono efficaci contro una gamma più ampia di varianti di SARS-CoV-2. Scienziati di tutto il mondo stanno valutando l’efficacia di questi anticorpi contro le varianti.
Quali le differenze tra terapie monoclonali e vaccinazioni?
Terapie monoclonali e vaccinazioni si basano entrambe sull’utilizzo di anticorpi contro il COVID-19, ma differiscono per alcuni aspetti importanti, primo su tutti le tempistiche necessarie per conferire la protezione al paziente. Il funzionamento di un vaccino si basa sulla stimolazione naturale del sistema immunitario del paziente che sottostà a dei tempi fisiologici. La terapia monoclonale conferisce, invece, una protezione immediata, perché in questo caso non è il sistema immunitario a dover produrre gli anticorpi, essendo questi direttamente iniettati nel paziente. A differenza del vaccino, in cui il sistema immunitario memorizza gli anticorpi da produrre, i monoclonali iniettati non rimangono nel sangue per molto tempo, ma possono essere risomministrati regolarmente conferendo una protezione. Questo tipo di strategia potrebbe per esempio difendere il personale sanitario dall’infezione in via preventiva o aiutare i pazienti malati a rimettersi. La terapia monoclonale potrebbe quindi fornire una soluzione nel breve termine, grazie alla sua rapidità di azione.
Che consiglio può dare alle persone che leggeranno la sua intervista?
Di fidarsi della scienza.
Sledet.com ringrazia per l’intervista il prof. Antonio Giordano, e ad maiora!