Intervista a Marco Iannitello


Se potessi scegliere mi piacerebbe interpretare ogni volta personaggi agli opposti”

Intervista di Desirè Sara Serventi

Quando sta sul set Marco Iannitello riesce a calarsi perfettamente nel personaggio che deve interpretare, qualità tipica dei grandi attori che sono in grado di spaziare tra i generi e sperimentare sempre nuove metodiche interpretative. Sledet.com ha raggiunto Marco Iannitello che si è raccontato.

Quando nasce la sua passione per il mondo della recitazione?

Per me la recitazione è stata una vera e propria terapia: da piccolo ero un bambino iperattivo e i miei genitori non sapevano come tenermi fermo. Così un giorno, devo dire in modo molto intelligente e non convenzionale, mi iscrissero ad un corso di recitazione. Chi avrebbe mai pensato che col tempo sarebbe diventata una passione e addirittura un lavoro?!

Dove si è formato?

Ho iniziato al piccolo teatro di Arezzo e poi ho studiato a Roma, all’Accademia di Cinema e Televisione diretta da Lino Capolicchio.

Vuol parlarci del suo percorso professionale?

Nei primi anni ho fatto molta televisione, partecipando a fiction di successo come Distretto di polizia, Don Matteo, L’Ispettore Coliandro e tanti altri. Con i Manetti Bros, con cui c’è da sempre un rapporto di stima reciproca, ho recitato anche in una puntata de Il Commissario Rex e nel film L’arrivo di Wang. Al cinema avevo già debuttato l’anno prima con Diciottanni – Il mondo ai miei piedi, opera prima di Elisabetta Rocchetti. Negli ultimi anni invece, grazie a Samantha Casella, mi sono innamorato anche del cinema indipendente e dei corti d’autore, vincendo molti premi come protagonista di I am Banksy. E soprattutto mi sono avvicinato al web, fondando nel 2018 il gruppo comico I Photogenici. Quasi una sorta di carriera al contrario, forse non convenzionale.

Quale considera l’esperienza più significativa per la sua carriera? Fortunatamente ogni set è sempre un’esperienza nuova. La curiosità è il motore di tutto, altrimenti avrei già mollato. Certo oggi, se mi guardo indietro, il debutto cinematografico – addirittura come co-protagonista – rappresenta forse il momento più emozionante della mia carriera. Avevo già fatto tanta televisione, eppure mi sentivo come un adolescente alle prime armi.

Vuol raccontare un aneddoto capitato mentre stava sul set?

Durante le riprese di Don Matteo, dopo uno dei tanti ciak insieme a Terence Hill, lui mi chiese un parere sulla sua interpretazione. Cioè ha capito? A Terence Hill interessava il mio giudizio. Avrei voluto abbracciarlo. Rimasi qualche attimo in silenzio e poi, in modo molto composto e professionale, gli risposi che sì, per me aveva recitato alla grande.

Che tecniche utilizza per calarsi nel migliore dei modi nel personaggio che deve interpretare?

Credo che non esista una formula magica. Ogni tecnica è un processo intimo molto personale. Io ho bisogno di estraniarmi dal mondo, in quel momento non esiste nulla intorno a me. Solo la scena, solo il mio personaggio. Potrebbero anche bombardare, ma io – Marco Iannitello – non esisto. Sono totalmente immerso nella storia e soprattutto nei panni del personaggio che devo interpretare.

Vi è stato un personaggio da lei interpretato che le ha creato una qualche difficoltà nell’interpretazione?

Nella serie L’ispettore Coliandro, dove sono stato uno dei protagonisti della puntata 666, interpretavo il leader di una band di black metal. A parte la difficoltà nell’imparare tutte quelle strane canzoni a memoria, diciamo che entrare nella psicologia di un giovane musicista, satanista, assassino e pure un po’ sadico, è stato un processo abbastanza alienante.

Che cosa deve avere un copione per decidere di accettare un ruolo?

Mi metto nei panni di uno spettatore. Se la storia mi piace, mi coinvolge, siamo già a buon punto. Poi chiaramente il personaggio che devo interpretare: se, anche all’interno di storie diverse, dovessi recitare sempre nel ruolo di un padre di famiglia, di un assassinio o di un playboy alla lunga diventerebbe noioso. Se potessi scegliere mi piacerebbe interpretare ogni volta personaggi agli opposti.

In quale genere preferisce recitare?

Amo gli horror e i thriller, perché – anche se il film è costruito per regalare tensione e colpi di scena – sul set è sempre molto divertente. Quasi non c’è la consapevolezza di quello che andrà al cinema o in tivù. Il set “La casa nel vento dei morti” è stato forse uno dei più divertenti sui quali ho lavorato.

Vuoi parlarci dei Photogenici?

È la mia piccola creatura. Con Michele Abbondanza e l’autore Simone Bertozzi abbiamo fondato questo gruppo comico con cui produciamo video per il web. Una sorta di laboratorio, di compagnia teatrale dove si è creata un’incredibile alchimia, tanto che un produttore avrebbe voluto farci debuttare anche al cinema. Per uno come me, che da attore ha sempre interpretato ruoli drammatici, è stata una grande sorpresa scoprire questa nuova inclinazione. Attraverso i social c’è un rapporto molto diretto col pubblico, con cui interagiamo quotidianamente.

Chi è Marco quando non sta sul set?

Un ragazzo normalissimo. Per quanto uno che fa il nostro mestiere possa ritenersi del tutto normale. Amo stare in casa da solo, ascoltare musica e leggere, ma allo stesso tempo se c’è occasione sono un vero compagnone e non disdegno qualche scorribanda fuori con gli amici. Sono nato sul mare e per me d’estate si vive solo in spiaggia.

Che consiglio vuoi dare a un giovane che vorrebbe intraprendere la sua professione?

Sembrano banalità da dire così, ma credo che studio e passione siano indispensabili. All’inizio bisogna avere tanta pazienza e anche la fortuna di farsi trovare pronti quando arriva il provino giusto: in pochi minuti ti giochi tutto e devi riuscire a dare quel qualcosa in più degli altri.

Attualmente in cosa è impegnato?

Quando facevo soltanto cinema e tv ero abituato a stare settimane intere sul set, per poi concedermi lunghe pause. Ma con i Photogenici non esiste riposo, sono impegnato quasi tutti i giorni. Visto che oltre a recitare mi occupo in parte anche di sceneggiatura e produzione.

Progetti?

A maggio dovrei iniziare a girare un film indipendente, ma dipende molto anche dall’evoluzione delle misure anti-covid.

Vuoi aggiungere altro?

Sì, vorrei dire che l’arte forse non salverà il mondo, ma è preziosa. Con i teatri e i cinema chiusi ci siamo impoveriti tutti. Non solo economicamente, visto che comunque dietro a uno spettacolo ci sono tante professionalità, ma soprattutto di spirito. Speriamo che questo scempio, chiaramente necessario per arginare la pandemia, finisca al più presto.

Sledet.com ringrazia per l’intervista Marco Iannitello, e ad maiora!

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