Al cinema il film The Elevator: intervista al regista Massimo Coglitore


The Elevator, il thriller psicologico, vanta un cast internazionale, Caroline Goodall, James Parks e Burt Young

Intervista di Desirè Sara Serventi 

Grande attesa per l’uscita, il 20 giugno, nelle sale cinematografiche italiane del thriller psicologico “The Elevator”, del regista Massimo Coglitore. Un film che vanta la presenza di un cast internazionale: Caroline Goodall, Burt Young e James Parks, attori che hanno lavorato con registi di fama mondiale come Spielberg, Tarantino, Polanski. Un film girato in uno spazio ristretto, un ascensore, ma che diventerà il confessionale dei due protagonisti per espiare le proprie colpe. The Elevator si regge su una tensione costante, ma è in grado di catturare l’attenzione del pubblico, considerando il grande successo che ha avuto non solo dal pubblico ma anche dalla critica in Paesi come la Germania, la Spagna, il Portogallo, la Russia e l’Asia per citarne alcuni. Quando un regista come Coglitore riesce a portare sul set un prodotto di queste dimensioni, il risultato non può che essere un capolavoro. Sledet.com ha raggiunto Massimo Coglitore che ci ha parlato del suo film The Elevator.

Nelle sale italiane sta per uscire il thriller psicologico “The Elevator”, che vede lei come regista del film. Che cosa racconta?
E’ la storia di Jack Tramell un famoso presentatore di un quiz americano che la sera del labour day, dove New York si svuota, viene bloccato dentro l’ascensore da una donna misteriosa. La donna lo tiene in ostaggio facendolo diventare per una sera concorrente e lei conduttrice, solo che Jack si gioca la sua vita, perché la donna lo accusa di qualcosa che scopriremo durante il film.

The Elevator vanta un cast internazionale, come: Caroline Goodall, Burt Young e James Parks. Su quali basi ha scelto il cast?
Era fondamentale avere due attori molto bravi in grado di reggere un film così claustrofobico e, per questo, abbiamo fatto diverse ricerche e provini. Alla fine mi sono convinto che Caroline Goodall fosse l’attrice giusta, molto brava, con quell’energia e quel briciolo di “follia” che cercavo. Di James Parks ho visto tutti i suoi film e notai dettagli e fisicità, oltre che bravura, che reputai adatti al personaggio. Sono stati entrambi straordinari, oltre che due grandi professionisti sul set. Nel film c’è anche Burt Young, famoso per la saga di Rocky, dove interpretava Paulie. Sono sempre molto attento alla scelta degli attori e lavoro molto con loro, sono il motore portante per la riuscita di un film.

Su cosa ha puntato la sua regia?
Volevo verità negli attori, volevo trasmettere tensione allo spettatore senza mostrare nulla, né sangue, nè splatter. Abbiamo fatto costruire dentro Cinecittà un ascensore smontabile, dallo scenografo Tonino Zera, per permettere ad Enzo Carpineta, il mio dop, di illuminare al meglio e a me di poter fare dei movimenti di macchina funzionali al racconto e allo stato d’animo dei protagonisti.

Che cosa ha chiesto nello specifico ad ogni attore riguardo le loro interpretazioni?
Di cercare dentro se stessi, di mettere nella loro interpretazione anche lati oscuri o poco percorsi nella vita, cercando di rendere più credibili i loro personaggi. Il tutto ovviamente misurato per evitare clichè o caricature.

Qual è stata la difficoltà principale che ha riscontrato nel girare il film?
Lo spazio ristretto, non volevo un film statico. Infatti, ho usato molti movimenti di macchina a volte leggerissimi. Abbiamo girato in cronologia, seguendo lo script, proprio per permettere agli attori di interpretare l’evoluzione della storia e dei loro personaggi.

Perché l’ascensore, che cosa rappresenta in questo film?
L’ascensore è sempre un luogo di incontri casuali, di gente che non si conosce o che si vuole evitare, una sorta di luogo di passaggio. Qui diventa il confessionale dei due protagonisti e luogo metallico, angusto, freddo, dove espiare le proprie colpe.

Quali sono state le parti più difficili da girare?
Forse le scene di notte per le strade di New York perché ero reduce da 40 di febbre.

A suo avviso qual è la scena che ha creato più tensione?
Credo che da un momento in poi, il film si regga su una tensione di fondo costante, non credo ci sia una scena in modo particolare.

Come regista ha lasciato agli attori per la loro interpretazione, lo spazio per l’improvvisazione?
E’ una cosa che faccio sempre se funziona per il racconto. Normalmente provo con gli attori e cerco di modificare con loro quello che non ci convince, non c’è cosa peggiore di un attore che deve recitare una scena o un dialogo che non sente proprio.

Vuol raccontare un aneddoto capitato durante le riprese?
Non ci sono aneddoti particolari, l’unico che ricordo è che spesso le porte dell’ascensore, manovrate da un tecnico, andavano in tilt e questo ci faceva perdere del tempo ma allo stesso tempo era una situazione comica.

Vuole spendere, lavorativamente parlando, alcune parole su Burt Young, Caroline Goodall e James Parks?
Sono prima delle persone bellissime e poi straordinari professionisti e attori, è un privilegio quando lavori con attori di questo calibro che nonostante abbiano lavorato con registi come Spielberg, Tarantino, Polanski non ti fanno sentire mai il loro peso e si mettono al servizio di un regista non famoso.

In quali Nazioni è uscito The Elevator?
Il film è uscito con successo in Germania, Spagna, Portogallo, Russia, Messico, Asia ed altre nazioni. C’è società che cura le vendite internazionale e sta cercando di collocarlo in altri paesi, compresi gli Stati Uniti.

Per lei è buona la prima o preferisce coprirsi le spalle con più ciak?
A volte mi capita buona la prima, altre volte giro fino a quando non sono convinto pienamente. Oggi col digitale puoi permetterti di girare anche più del necessario e spesso perdi solo tempo. Cerco sempre di non lasciarmi prendere troppo la mano, avendo girato diversi lavori in pellicola ho un buon controllo e auto disciplina che quel metodo di lavoro mi ha insegnato.

Chi è Massimo quando non veste i panni di regista?
Sono una persona molto riservata a cui piace stare con la propria compagna, che fa l’attrice. Andiamo spesso al cinema, a casa vediamo film e serie tv, viaggiamo quando possiamo e ci diamo una mano lavorativamente parlando, condividendo idee e progetti.

Attualmente in cosa è impegnato?
Ho in sviluppo il mio nuovo film The Straight Path di cui sono anche autore. E’ la storia drammatica di una coppia, con risvolti misteriosi e pieni di enigmi.

Progetti?
Nel frattempo sto scrivendo altri progetti cinematografici e seriali tv a cui tengo molto e con l’aiuto del mio agente stiamo cercando degli interlocutori.

Sledet.com ringrazia per l’intervista il regista Massimo Coglitore, e ad maiora!

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