A teatro lo spettacolo Solo una vita. Intervista a Lorenzo Flaherty


“Solo – Una vita è uno spettacolo complesso, ricco di tante sfumature, sia per quel che concerne il personaggio principale, Antonio Trentin, sia per quello che lo spettatore vede in scena”

Intervista di Desirè Sara Serventi

È in scena Lorenzo Flaherty, protagonista nei panni di Antonio Trentin nello spettacolo teatrale “Solo – Una vita”, un’opera scritta e diretta da Monica Massone e con la regia video di Sergio Angelo Notti. Lorenzo Flaherty è riuscito a calarsi perfettamente nel personaggio, mettendo in evidenza, con assoluta naturalezza, le sue grandi doti artistiche, in questo spettacolo ricco di sfumature che riesce a portare al pubblico il conflitto interiore vissuto dal protagonista. Il  personaggio di Antonio Trentin traspira  autenticità, merito del mondo in cui il suo interprete è riuscito a cucirselo addosso alla perfezione. Sledet.com ha raggiunto Lorenzo Flaherty che ha dimostrato essere, non solo un grande professionista, ma anche una persona cordiale e disponibile nonostante gli impegni teatrali.

Lei è in scena come protagonista nello spettacolo teatrale “Solo – Una vita”. Ci vuol parlare dello spettacolo?

“Solo – Una vita” è uno spettacolo complesso, ricco di tante sfumature, sia per quel che concerne il personaggio principale, Antonio Trentin, sia per quello che lo spettatore vede in scena. La storia è ambientata nel 1913, dove Antonio Trentin, è un giovane che ha un sogno, che è quello di diventare maestro e crearsi una famiglia. Nel frattempo però, lui si divide tra lo studio e il lavoro presso la bottega del padre. Per farla breve e non rivelare troppo, posso dire che improvvisamente tutti i suoi sogni saranno interrotti dalla prima guerra mondiale e dalla chiamata al fronte.

Quindi con lo scoppio della guerra Antonio Trentin, dovrà cambiare tutti i suoi progetti?

Esatto. Diciamo che dovrà mettere in discussione tutta la sua vita. È come se improvvisamente mettesse in discussione l’uomo in generale.

Il suo personaggio si troverà a vedere tutta la sua vita in modo diverso?

Direi proprio di sì, considerando che Antonio si troverà a maturare delle esperienze nuove che riguardano una realtà completamente diversa da quella cui lui era abituato, quindi di conseguenza vedrà con occhi diversi anche la vita che ha lasciato prima di andare al fronte. Infatti, il suo grande perché è proprio quello di chiedersi come mai si trovi lì, e la sua risposta la trova nel senso del dovere, nonostante la giovane età.

Lei è l’unico personaggio sul palco. È corretto?

Sì, le altre sono proiezioni frutto della sua immaginazione.

Potrebbe essere più preciso?

Io racconto la vita di Antonio, e sono il solo personaggio a essere in scena. Tutte le altre figure, la madre, il padre, la sorella il professore, sono proiezioni, citazioni, ombre che ruotano intorno alla sua vita e vivono nei suoi pensieri. Il mio personaggio sul palco racconta la sua vita in maniera non distaccata, per questo motivo rende gli altri personaggi quasi presenti in scena nonostante non ci siano.

Che cosa rappresenta per Antonio la guerra?

Per Antonio la guerra è un qualcosa di astratto, un qualcosa che lo destabilizza rimettendo in discussione tutti i suoi sogni. Quello che si potrà percepire è il terrore che Antonio proverà per quello che dovrà affrontare, essendo lui una persona molto pacifica. Andrà infatti in guerra solo perché costretto da un senso di dovere, ma di fatto non la condivide. Diciamo che il fronte mette in discussione la sua vita e il rischio di perdere tutto.

Che tecniche hai utilizzato per calarsi perfettamente nel personaggio da interpretare?

Devo dire che il personaggio di Antonio è molto particolare perché è un personaggio con mille sfaccettature delle volte un po’ camaleontico, quindi la tecnica che ho utilizzato è stata quella di andare a fondo sul personaggio cercando di capire quelle che potevano essere le sfaccettature da mettere in evidenza.

Cosa ne pensa di Antonio?

Posso dire che mi piace questo personaggio perché rappresenta se stesso con autenticità, naturalezza e energia. È un personaggio completo.

Antonio cosa rappresenta per lei?

Per me è come una sfida, il fatto di far vivere in qualche modo questo personaggio in tante situazioni, con tante sfaccettature e soprattutto con dei personaggi che non si vedono è un qualcosa di molto interessante. Antonio è un personaggio che non segue solo una linea ma ne segue diverse e queste lo rendono un personaggio positivo e dinamico. Che dire, mi piace soprattutto per la sua autenticità e spontaneità, perché anche se il suo è un racconto drammatico che lo porterà alla guerra e a spegnere i suoi sogni, riuscirà però a farlo in maniera originale.

La regista Monica Massone le sta lasciando spazio per l’improvvisazione?

Devo dire che in questo con Monica c’è stata molta complicità lavorativa, infatti abbiamo ricercato insieme degli aspetti del personaggio che piacevano ad entrambi, diciamo che il personaggio mi è stato cucito addosso.

Potrebbe dirci come è strutturato lo spettacolo?

Sì, è diviso in tre atti, nel primo atto vi è la presentazione dei personaggi, o per meglio dire la presentazione della vita di Antonio Trentin. Poi nel secondo atto vi è la chiamata alle armi e allora qui vi è l’accettazione da parte del personaggio del dover essere trasportato e coinvolto in una realtà come quella della guerra, che è completamente diversa da quella cui lui era abituato. Infine si giunge al terzo atto che è la guerra che noi andiamo a rappresentare.

In che modo avete rappresentato la guerra sul palco?

Attraverso dei contributi video realizzati, dal regista Sergio Angelo Notti, mediante filmati d’epoca e shooting in location che hanno mantenuto l’estetica rurale di quel periodo, e poi anche tramite l’intelligenza artificiale. L’ultimo atto si caratterizza perché il contributo delle immagini permette allo spettatore di entrare ancora di più in quella che è la realtà della guerra, con degli effetti sonori che sono molto efficaci. Si può dire che lo spettacolo non è esclusivamente legato alla parola.

Che messaggio volete portare al pubblico con questo spettacolo?

Io credo che abbiamo a che fare con uno spettacolo che racconta la storia del personaggio, o per meglio dire, quello che uno deve in qualche modo fare, ovvero, osare, sognare e costruirsi la vita.

Dove e quando sarete in scena?

Lo spettacolo ha debuttato il 24 febbraio al Teatro Besostri di Mede e adesso proseguiremo la nostra tournée teatrale in molte città italiane tra cui Roma, Napoli, Milazzo e Moliterno per citarne alcune.

Ad oggi quali sono le principali difficoltà che si possono incontrare a teatro?

Le stesse difficoltà che si possono incontrare in altri settori. Ci sono dei processi che stanno cambiando, e io credo che il buon teatro abbia sempre un grande appeal. Il pubblico riesce a distinguere la qualità dello spettacolo che viene loro presentato per questo è importante puntare alla qualità, elemento sempre molto apprezzato dal pubblico.

Che consiglio vuol dare alle persone che vorrebbero svolgere la sua professione?

Il mio consiglio è quello di prepararsi e impegnarsi tanto, e in particolare credere tanto in quello che si sta facendo, perché le difficoltà in questo settore sono tantissime. Poi le opportunità si vengono a creare, pertanto chi vuole fare l’attore deve prepararsi e deve impegnarsi, e i risultati arrivano, ma bisogna credere nel senso del sacrificio e dare tanto. Quindi per rispondere alla domanda posso dire sicuramente che chi vuole svolgere questa professione deve credere in quello che sta facendo, studiare e prepararsi a fare tanti sacrifici per ottenere delle soddisfazioni.

Chi è Lorenzo quando non sta sotto le luci dei riflettori?

Quando spengono le luci dei riflettori Lorenzo fa tutto per essere un padre, mi concedo totalmente alla mia famiglia, è una cosa che mi appaga molto. Io mi divido tra il lavoro e la mia famiglia, e ho soddisfazioni sia nell’ambito familiare che nel mio lavoro. Ci ho messo un po’ a trovare l’equilibrio ma poi ci sono riuscito.

Progetti?

Mi hanno proposto una serie di film tra cui un genere thriller, ma per ovvi motivi non posso dire ancora nulla.

Sledet.com ringrazia per l’intervista Lorenzo Flaherty, e ad maiora!

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