“Nel romanzo la pittura è la metafora dello sguardo”
Intervista di Desirè Sara Serventi
“Ombre nude” è il nuovo romanzo scritto da Giovanni Nuti, un libro che coinvolge il lettore in ogni pagina. La storia che viene raccontata risulta essere scorrevole e mai scontata, per questo motivo il nuovo romanzo di Giovanni Nuti non tradisce le aspettative dei suoi lettori. Sledet.com ha raggiunto Nuti che ha parlato in maniera dettagliata della sua nuova opera letteraria in cui la pittura diventa narrazione.
“Ombre nude” è il titolo del suo recente lavoro autoriale. Che cosa racconta?
È la storia di una donna e di un uomo, che si incontrano nella dimensione “fuori dal tempo” di un atelier d’artista, mentre intorno a loro c’è un mondo abitato da personaggi che non comprendono la dimensione segreta della loro relazione. Lei è una modella, lui un pittore. Ma lui è molto meno di un pittore, mentre lei molto di più che una modella. Potremmo dire che è una storia anti-moderna. Balthus scriveva che “bisognerebbe dire ai pittori di oggi che tutto si gioca nell’atelier. Nella lentezza del suo tempo.” Ecco, Ombre nude è un romanzo sulla lentezza del tempo.
Quando nasce l’idea di scrivere questa storia?
Nel 2013, quando inciampai in una definizione di Jean Cocteau: “la bellezza è invisibile, ciò che vediamo è moda”. Viviamo in una società che rincorre ed esibisce la bellezza, ma in una forma stereotipata, inquinata da logiche mercantili e di potere.
Da che cosa è stata dettata la scelta del nome del suo romanzo?
La nudità offerta da Jeanette a Michele, in tutta la vicenda del romanzo, è come un’ombra, il segno misterioso di una realtà che sfugge alla rappresentazione.
Protagonisti del romanzo sono Michele e Jeanette. Per che cosa si caratterizzano questi due personaggi?
Michele è figlio di una deriva post-moderna, potremmo definirlo un artista fallito. Anzi in tutto il romanzo lui si definisce un “mediocre” perché si “complica di troppe voci, senza venirne a capo” e cerca di sopravvivere alle proprie delusioni, alla consunzione dei valori. Ma nasconde un compito che Jeanette intuisce e diventa per lei motivo di una frequentazione e di una ricerca, che va oltre la sua professione di modella. Jeanette sa che offrendo a Michele la propria nudità, gli offre qualcosa di più della bellezza della nudità femminile, gli offre di più, molto di più.
Quali sono nello specifico gli elementi che voleva mettere in evidenza in “Ombre nude”?
L’impossibilità attuale di rappresentare la bellezza e, nonostante tutto, il tentativo disperato, imprescindibile, di approssimarsi a questo limite meraviglioso della nostra percezione.
Qual è il filo conduttore della storia?
Jeanette proviene da una colta famiglia della Normandia. Sua madre è una studiosa dell’impressionismo francese, ma questo clima culturale familiare suscita in lei una reazione anti-moderna, è amante di Piero della Francesca, Turner, Henri Fantin-Latour – per lei artisti insuperati dalle avanguardie del Novecento e dall’arte contemporanea – ed è radicalmente contraria alla fotografia: nonostante faccia la modella di professione non permette ad alcuno di fotografarla, pretende che l’artista incontri le sue forme vis-à-vis. Scopre Michele in apparenza solo per caso – il caso non esiste nel romanzo, tutto è necessità -, vedendo un vecchio documentario che tratta di questo oscuro dimenticato artista italiano. Ma è soprattutto la non-fotogenia, la timidezza e la goffaggine di Michele che l’attrae: dietro quella maschera impacciata c’è tutto un mondo: quindi lo cerca, lo trova e “lo stana”, scavando come un crivello nella coscienza del pittore.
Che significato ha la pittura in questa storia?
Nel romanzo la pittura è la metafora dello “sguardo”, di quel livello della percezione e della rappresentazione che è indicibile, non riducibile alle parole. Qui, la pittura, come la poesia, è “l’antiromanzo”.
A suo avviso qual è la miglior tecnica di scrittura per arrivare ai lettori?
Ah! Questo è un argomento dannato. Antico e dannato. C’è una domanda paradossale cui però ad ogni scrittore spetta il compito di dare una risposta: “perché la scrittura dovrebbe avere o essere una tecnica per arrivare ai lettori?”. E se rispondiamo che, sì, è necessario, “quale forza muove tale necessità?”. Qualcuno ha detto che “se la prosa non frisa la poesia è lista della spesa”. Per quanto mi riguarda cerco di tenere la mia prosa non troppo lontano dalla sintesi poetica, anche a costo di non portare per mano il lettore all’interno della narrazione.
Che stile ha scelto di usare in questo romanzo?
Riporto qui il giudizio di una cara amica scrittrice, Palmira De Angelis, che ha letto il testo prima della sua pubblicazione: “Mi è quasi impossibile leggere i capitoli e non immaginarli in versione filmica. Narri come avessi un occhio puntato sulla scena e riprendessi gli attori. Le scene hanno una loro bellezza in sé, una grande icasticità, a prescindere da quello che accade o da quello che si dice. Ho pensato ai film di Bertolucci, non so se sarai d’accordo.” Sono d’accordo.
Quando scrive i suoi libri la storia si sviluppa con l’andare avanti della stesura?
Nel caso di Ombre nude, a partire dalla citazione di Jean Cocteau, e dopo aver immaginato i personaggi principali della vicenda, è avvenuto in me qualcosa di molto strano: come se fossero stati Michele e Jeanette a raccontarmi la propria vicenda. Senza dilungarmi su strane coincidenze, come ricordi, suggestioni o materiali documentali che mi sono venuti incontro, in tutta la loro coerenza rispetto alla struttura della narrazione. Chissà, forse ogni storia è già scritta e giace in una dimensione inaspettata da cui lo scrittore attinge.
Qual è il messaggio che vuole trasmettere al lettore?
Ritornare allo sguardo e al silenzio.
Oltre ad essere uno scrittore lei è anche un medico. Cosa può dire riguardo l’emergenza sanitaria?
Che racconta di noi più di quanto lo possa fare il dato epidemiologico. La questione è fondamentalmente ecologica e la soluzione fondamentalmente ecologica.
Attualmente in cosa è impegnato?
Nella promozione del romanzo “Ombre nude” e nella raccolta e revisione critica dei testi di un poeta sconosciuto.
Progetti?
Fare bene il mio lavoro.
Sledet.com ringrazia per l’intervista Giovanni Nuti, e ad maiora!