La bisbetica domata: parla il protagonista maschile Matteo Cremon


In scena interpreta il ruolo di Petruccio, mentre Caterina è interpretata da Nancy Brilli


Intervista di Desirè Sara Serventi

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Si è formato artisticamente presso la Scuola del Teatro Stabile di Genova, l’attore Matteo Cremon, mostrando durante il suo percorso di studi, propensione e talento, verso questa professione. Il suo esordio nel campo della recitazione arriva per lui poco prima del diploma, in uno spettacolo teatrale dal titolo “Il lavoro rende liberi” scritto da Vitalino Trevisan con la regia di Toni Servillo. Da allora Cremon, di ruoli ne ha interpretato tanti, sia al cinema che in televisione e teatro, ed ha anche portato avanti insieme ad altri artisti degli importanti progetti teatrali, che hanno riscosso un grande successo. Attualmente il talentuoso attore, sta lavorando nel famoso spettacolo teatrale “La bisbetica domata”, per la regia di Cristina Pezzoli, e che vede protagonisti sia Matteo Cremon, nel ruolo di “Petruccio” che Nancy Brilli in quello di “Caterina”.

Quando si è avvicinato al mondo della recitazione?
Fin da piccolo, attirato un po’ dall’essere al centro dell’attenzione così come tutti i bambini però, in maniera un po’ più seria diciamo alle superiori, quando ho iniziato a far parte di un gruppo di teatro.

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Dove si è formato artisticamente?
Al Teatro Stabile di Genova, ma a differenza degli altri miei compagni di classe, che hanno continuato ad avere rapporti con il teatro facendo spettacoli, io ho avuto la fortuna di essere catapultato subito al mio primo provino che fu con Toni Servillo, che poi divenne la mia prima esperienza professionale nel circuito teatrale italiano.

Il suo esordio nel campo della recitazione?
Nel 2005 poco prima del diploma, lavorai in uno spettacolo teatrale dal titolo “ Il lavoro rende liberi” scritto da Vitaliano Trevisan, e con la regia di Toni Servillo. Lo spettacolo era diviso in due momenti completamente diversi, perché fanno parte di una trilogia scritta appunto da Trevisan. Si raccontava la storia e i desideri di tre operai del nord est di una fabbrica, che stavano organizzando una rapina in banca, per poi andare a Cuba.

Che ricordo ha di quella esperienza?
Per me è stata un esperienza unica, anche perché, tra tutti quelli che sono venuti a Roma al Teatro India per assistere allo spettacolo, una sera mi trovai difronte a Sigurney Weaver che mi disse: sei molto bravi!

Cosa significò per lei quella frase?
Ricordo che mi sono molto divertito al pensiero che un’attrice come lei venisse da uno come me per complimentarsi, tanto che fui io a chiederle l’autografo perché amante della saga “Alien”.

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Teatro, cinema o televisione?
Mi sento più a mio agio in teatro per le ovvie motivazioni che magari qualsiasi attore può dare: rapporto diretto col pubblico, l’unicità del momento, e tutto questo. Ma anche perché è sul palco che mi sento libero di poter dimostrare, provare e testimoniare. Il cinema, anche se non ho avuto tante esperienze, è molto più frammentario, quindi, devi armarti di una grande pazienza per quel periodo deputato, e sperare ovviamente che il montaggio ti aiuti.

Quale reputa l’esperienza più significativa per la sua carriera?
In ogni esperienza che ho avuto ho trovato qualcosa di importante che mi sono portato a casa. Però, ho avuto la fortuna di lavorare con Isa Danieli, che è una strepitosa attrice napoletana. Ho lavorato con lei in “Madre coraggio”, per la regia di Cristina Pezzoli, e ho imparato anche la disciplina di quel che vuol dire stare in teatro.

Che cosa intende dire?
Non è che ci si improvvisa alla vita attoriale, ci sono delle regole di palcoscenico da rispettare, e Isa me le ha insegnate.

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Ha lavorato tanto anche con Cristina Pezzoli?
Da Cristina ho imparato tanto, e tra i registi e actor-coach che ho avuto, è sicuramente la più importante. Con lei ho lavorato molto perché avevamo un progetto di Ricerca Indipendente Teatrale che si chiamava PPP eravamo tanti attori, scrittori,”addetti ai lavori” e che poi in seguito abbiamo concretizzato in uno spazio a Prato che si chiamava “Spazio Compost”. Compost nacque come spazio culturale oltre che con me e Cristina, anche con Letizia Russo, che è una bravissima drammaturga italiana, e tanti altri.

Di cosa vi occupavate?
Di ricerca teatrale, capendo quanto non andava del nostro modo di recitare e trovando chiavi nuove, sperimentando, portandoci verso un linguaggio più concreto, diretto. Creando la possibilità d’essere attori-autori di se stessi. Oltre a creare uno spazio di libero scambio culturale di confronto. E parte del lavoro anche focalizzava l’attenzione sul territorio e i molteplici rapporti che nascono su esso. A possibili produzioni teatrali.

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Avete lavorato anche con i ragazzi delle scuole superiori?
Abbiamo creato SCSB (scuolasbroc), penso la nostra ricerca più riuscita. Un lavoro consapevole del pubblico a cui si rivolgeva. Creato per e con i ragazzi delle scuole superiori, e questa è una cosa a cui tengo particolarmente.

Per quale motivo?
Perché è servito, ha lasciato il segno. Ovviamente non ha cambiato il mondo ma forse, ha insinuato dei dubbi e delle domande, ma anche molte risposte.

Con questi ragazzi avete portato in scena uno spettacolo. Che cosa raccontava?
Lo spettacolo raccontava la vicenda di una classeX che vessava un professore per anni. Questo professore un giorno decide di sequestrare la classe ed estrae una pistola dalla borsa per cominciare la sua vendetta. Per i ragazzi questo spettacolo è stato importante perché abbiamo scardinato le varie posizioni, ovvero quello dei professori, degli allievi, vittime e carnefici, adulti e ragazzi. E’ stato molto intenso e molto difficile. L’idea nacque al Compost con C. Pezzoli e L. Russo, e noi gruppo di attori che seguendo delle linee guida dei nostri personaggi e avendo un canovaccio su cui improvvisare, ogni messa in scena eravamo chiamati a inventare delle performance sempre uniche perché mai ripetibili nei modi. Abbiamo girato tutta l’Italia, e i ragazzi ci scrivono ancora.

Quale era il messaggio che volevate portare?
Ci si deve prendere le proprie responsabilità.

Come mai il progetto non andò avanti?
Essendo una produzione indipendente era massacrante per noi che cercavamo di crearla, anche perché se non si è supportati è difficile anche mantenere un’economia, e purtroppo questo progetto non ha avuto un seguito.

Cosa deve avere un attore per fare la differenza?
Fortuna, talento, passione e coraggio.

Che caratteristiche deve un copione per suscitare un suo interesse?
Una storia interessante da raccontare e vivere. Un bel personaggio da interpretare.

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E’ in scena con lo spettacolo teatrale “La bisbetica domata”, per la regia di Cristina Pezzoli, e che vede protagonisti sia lei che Nancy Brilli. Potrebbe parlare di questa esperienza lavorativa?
Un esperienza importante, impegnativa, e che mi ha insegnato molto a livello lavorativo.

Nello specifico cosa le ha insegnato?
Come comportarmi con gli altri, a quanto posso essere trasportato dalla passione e farla esplodere e quando tenerla a bada, in sottrazione perché è facile consumarla se dispersa anche quando non serve. Tutto può diventare uguale, invece si può scegliere.

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In scena lei è Petruccio. Vuol descrivere il suo personaggio?
Petruccio è un giovane gentiluomo di Verona che va alla ricerca di una dote, e cerca quindi un’eventuale donna ricca da sposare. In questo caso la donna che presenta queste caratteristiche è Caterina, interpretata da Nancy Brilli. Diciamo che l’idea di questa messinscena era di avere un Petruccio più giovane, che si rifa un po’ a una sorta di stratega alla “wall street”, quindi un giocatore in borsa, un arrivista, ma che poi durante lo spettacolo il suo personaggio subirà una bella evoluzione. Petruccio infatti, si scoprirà interessato e innamorato a Caterina, e non soltanto ai suoi soldi.

Come si è preparato per l’interpretazione del suo personaggio?
Con un lavoro bellissimo che avevo fatto tempo fa, con la regista Cristina Pezzoli: grande actor-coach. Credo sia una delle migliori in Italia nel seguire gli attori.

Cosa vuol dire portare in scena uno spettacolo di così grande spessore?
Per un attore, essere interprete di un ruolo quale Petruccio in “La bisbetica domata”, sicuramente è un vanto e un onore.

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Lavorativamente parlando cosa può dire su Nancy Brilli?
E’ una grande professionista, generosa, e che si mette in gioco. Con tutto il gruppo è nata una buona armonia e sintonia, e credo che sia stato merito di tutti gli attori che compongono il cast.

Quali i teatri dove andrete in scena?
Riprenderemo l’8 gennaio a Riccione, poi Bolzano, Genova, Volterra, Castrovillari, Caltagirone per concludere questi due anni di giro ad Agrigento il 22 gennaio. Comunque sulla mia pagina Fb potete trovare i dettagli.

Perché le persone dovrebbero vedere lo spettacolo?
Per divertirsi, ma anche per riflettere su quello che potrebbe essere il possibile conflitto uomo, donna. E’ una storia interessante da vedere, è una commedia non solo giovanile ma anche imprevista.

Chi è Matteo quando sta lontano dalle luci dei riflettori?
Uno paziente!

Prossimi progetti?
Tanti, ma per il momento non posso ancora parlarne.

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Vuol lasciare un messaggio ai lettori di Sledet.com?
Andate a teatro perché il teatro arricchisce, e portate i ragazzi perché ci si diverte, ed è un’esperienza unica che altro non può dare. Sono quelle cose che almeno una volta nella vita uno deve provare, e se dovete scegliere cosa vedere, non accontentatevi solo di andare a vedere il grande nome di richiamo o lo spettacolo teatrale sul cartone animato del momento, ma andate su google e cercate spettacoli anche off di compagnie emergenti o di testi e scrittori che non conoscete, cosi sarete sicuri di esser parte di un’esperienza unica che parla di noi.

Vuole aggiungere altro?
Auguro il meglio a tutti.

Sledet.com ringrazia per l’intervista Matteo Cremon, e ad maiora!

 

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