Insufficienza venosa: intervista al dottor Gianluca Massoni 1


“La regola fondamentale per la buona salute delle gambe è di tenerle in movimento”

Intervista di Desirè Sara Serventi  

Tante le persone che ogni giorno devono fare i conti con l’insufficienza venosa, ovvero quel disturbo che ha come caratteristica il difficoltoso ritorno venoso al cuore. Per ovvi motivi questa non è una patologia da sottovalutare, infatti sono tante le complicazioni e i disagi che questa potrebbe portare a lungo andare. Tutto questo lo sa bene il dottor Gianluca Massoni, medico specializzato in chirurgia vascolare che dopo una qualificata esperienza decennale ospedaliera, ha poi scelto di svolgere la sua attività ambulatoriale in regime di libera professione presso strutture convenzionate e non, con il Sevizio Sanitario Nazionale. Sledet.com ha raggiunto il dottor Massoni, che con la professionalità e la competenza che lo contraddistingue ha spiegato in maniera semplice, ma soprattutto dettagliata, quello che si intende per insufficienza venosa precisando quali sono le cause, i sintomi, i metodi di trattamento e non solo.

Che cosa si intende per insufficienza venosa?
Il termine insufficienza venosa descrive un disturbo caratterizzato da un difficoltoso ritorno venoso al cuore. Può avere origine da un’alterazione delle vene, la cosiddetta insufficienza venosa cronica organica, o può essere causata da un’iperattività delle vene stesse che, seppure normali e non malate, nel senso tradizionale del termine, sono obbligate ad un lavoro eccessivo, la cosiddetta insufficienza venosa cronica funzionale.

Come si classifica?
Allo scopo di standardizzare la diagnosi ed il trattamento delle diverse manifestazioni della malattia venosa cronica, è stato messo a punto un sistema di classificazione generale (CEAP) per consentire una uniformità di giudizio e un confronto tra diverse popolazioni di pazienti. Creato da una Commissione Internazionale dell’American Venous Forum istituita appositamente nel 1994, è stato divulgato in tutto il mondo e ora rappresenta lo standard accettato per la classificazione delle malattie venose croniche.

Che cosa comprendono i fondamenti della classificazione CEAP?
Comprendono una descrizione della classe clinica (C) che si basa sui segni obiettivi, l’eziologia (E), la sede anatomica (A) del reflusso e dell’ostruzione nel sistema venoso superficiale, nel sistema profondo e nel sistema delle perforanti e la fisiopatologia (P), sia essa da reflusso o da ostruzione. Nel tempo la classificazione CEAP è stata ufficialmente ritoccata e ampliata da un comitato internazionale di esperti sotto gli auspici dell’American Venous Forum nel 2004.

Quali sono i fattori di rischio?
I fattori di rischio comprendono l’età, il sesso, la familiarità per vene varicose, l’obesità, la gravidanza, la flebite e precedenti traumi agli arti inferiori. Possono anche esserci fattori ambientali o comportamentali associati all’insufficienza venosa, quali il rimanere per lunghi periodi in posizione eretta o in posizione seduta durante il lavoro d’ufficio. Infatti è ampiamente riconosciuto che alcune occupazioni, particolarmente quelle che obbligano a un prolungato ortostatismo, si associano a una maggior prevalenza di varici. Un’associazione positiva tra la stazione eretta e le varici è stata dimostrata da diversi autori. Esercita un’influenza anche la temperatura del luogo di lavoro. L’insufficienza venosa cronica colpisce prevalentemente il sesso femminile fino alla quinta-sesta decade, successivamente non si notano differenze tra i sessi. Numerosi studi epidemiologici correlano l’incidenza delle varici con la gravidanza e con il numero dei parti. La correlazione è ancora più evidente se la donna è già affetta da disturbi venosi. Da sottolineare anche il rapporto tra varici e peso corporeo, infatti le persone in soprappeso, specie se di sesso femminile, soffrono maggiormente di insufficienza venosa e di malattia varicosa rispetto a individui di peso normale.

Come si presenta l’insufficienza venosa cronica funzionale?
Si presenta attraverso disturbi e sintomi che riguardano le gambe. Questi vanno dal gonfiore diffuso, alla pesantezza degli arti a formicolii, prurito e anche dolore e crampi che sopravvengono soprattutto nel corso della notte. Questa patologia può provocare alterazioni della cute, vene varicose e capillari in evidenza, sintomi che tendono a manifestarsi in particolar modo nei mesi estivi, contraddistinti da temperature esterne più elevate. I disturbi aumentano poi con l’aumentare del ristagno di sangue, che provoca una maggiore pressione nelle vene. In questo caso si possono verificare infiammazioni che possono portare a rottura delle pareti dei vasi.

Come si arriva ad una diagnosi di insufficienza venosa?
Nella maggior parte dei casi il punto di partenza è l’esame clinico, la valutazione con il paziente in posizione eretta, l’analisi visiva della gamba, l’esecuzione di prove cliniche come la prova di Trendelemburg, ma il gold standard è l’esame ecocolordoppler, un esame non invasivo, non doloroso.

Che cosa è in grado di fornire l’ecocolordoppler?
E’ in grado di fornire indicazioni molto precise in relazione al flusso del sangue all’interno dei vasi sanguigni.

Da che cosa può essere causata l’insufficienza venosa cronica organica?
Può essere causata da una dilatazione delle pareti delle vene o varici, che a sua volta può derivare da varie cause come gravidanze, sovrappeso, ritenzione idrica e altre ancora. L’insufficienza venosa cronica è molto diffusa, soprattutto tra le donne, tanto che si calcola che in Italia tre esponenti del sesso femminile su dieci ne siano affette in varia misura.

Invece l’insufficienza venosa cronica funzionale da che cosa deriva?
Deriva da un sovraccarico di lavoro delle vene che può essere causato da posture errate, scarso movimento degli arti inferiori o alterazioni della pompa muscolare. L’eccesso di peso rappresenta un chiaro fattore di rischio per l’insorgere e lo sviluppo dell’insufficienza venosa cronica degli arti inferiori. Questo perché gli obesi tendono anzitutto a muoversi poco, e il loro sangue viene pompato molto più lentamente a causa del gran numero di cellule adipose presenti in parti del corpo interessate dal flusso del sangue diretto verso gli arti inferiori.

Quali sono le parti del corpo colpite da varici?
Le varici colpiscono essenzialmente gli arti inferiori. Altre localizzazioni possono essere sede di varici come nel caso delle emorroidi, le varici del setto nasale e le varici esofagee, ma nel linguaggio comune si intende una malattia che colpisce le gambe, con la formazione di evidenti gavoccioli dilatati e ricurvi che deturpano l’estetica, oltre a dare disturbi e comportare rischi. Le varici non vanno confuse con “le teleangectasie”, sostanzialmente dei capillari dilatati che sono un aspetto della cellulite e comportano essenzialmente un danno estetico. Ne è colpito in gran parte il sesso femminile, per una questione ormonale legata agli estrogeni, il numero di gravidanze, l’uso degli anticoncezionali orali, la ritenzione idrica e il sovrappeso. La familiarità, il tipo di lavoro, la stipsi cronica, sono altri fattori di base che ne favoriscono l’insorgenza. Anche gli uomini sono colpiti, in misura minore, con un rapporto maschi/femmine di circa 1:4, ma i disturbi sono molto minori e spesso la terapia nei maschi avviene quando sono in atto le complicanze, anche per una loro minore attenzione all’aspetto estetico.

Potrebbe spiegare che cosa si intende per trombosi venosa?
La trombosi venosa, che può essere profonda o superficiale, a seconda del sistema venoso coinvolto, è un’anomala coagulazione del sangue in una vena, soprattutto a carico delle gambe. La coagulazione è un fenomeno fisiologico e fondamentale per il nostro organismo. Quando però si verifica in un momento e nel punto sbagliato, il sangue va a formare un grumo, il cosiddetto trombo. Si instaura così la trombosi venosa, profonda o superficiale, una patologia che può avere conseguenze anche gravi, come l’embolia polmonare.

Quali i sintomi di una trombosi?
L’arto interessato da trombosi venosa profonda diventa più pesante. Il soggetto colpito accusa un senso di pesantezza che in genere è associato anche da un aumento di volume dell’arto stesso. Tanto le braccia quanto le gambe possono essere interessate dalla formazione di un trombo, tuttavia le gambe sono più esposte al rischio per via della stasi del sangue che tende ad accumularsi alle estremità per effetto della forza di gravità durante la posizione eretta. A gonfiore e pesantezza si può aggiungere una dolenzia di intensità varia. È un sintomo equivocabile perché somiglia a un crampo, a un dolore articolare o muscolare attribuito a un possibile trauma non noto. L’individuo può avvertire un dolore lieve o molto intenso, raramente insopportabile.

La flebite quali vene colpisce?
La flebite può colpire tanto le vene superficiali quanto quelle più profonde, in questo secondo caso si parla più esattamente di trombosi venosa profonda, e può essere associata anche alla formazione di un trombo, ovvero di un coagulo di sangue. In quest’ultimo caso si parla dunque di tromboflebite.

Quali i sintomi riferibili ad una flebite?
I sintomi che potrebbero far pensare a una flebite sono il dolore, a intensità crescente, lungo il decorso della vena ma anche la tumefazione, l’arrossamento dell’area in cui scorre la vena colpita e l’immobilità. Anche le braccia possono essere soggette a flebite a seguito di un trauma oppure dopo una iniezione endovenosa.

Quali sono le condizioni che favoriscono l’insorgenza dell’infiammazione delle vene?
Tra le condizioni che favoriscono l’insorgenza dell’infiammazione delle vene c’è sicuramente il sovrappeso, la sedentarietà obbligata a seguito di un intervento chirurgico oppure la prolungata permanenza in posizione seduta, come durante un viaggio aereo della durata di molte ore, e quelle patologie che alterano la circolazione sanguigna. Anche l’assunzione dei contraccettivi orali e la gravidanza sono fattori di rischio di flebite.

L’insufficienza venosa, riguarda maggiormente gli arti inferiori o superiori?
Sono più colpiti gli arti inferiori.

Per quale motivo?
Causa la stasi del sangue che tende ad accumularsi alle estremità per effetto della forza di gravità durante la posizione eretta.

Qual è la terapia da adottare per l’insufficienza venosa?
Esistono diversi tipi di terapie legate all’insufficienza venosa cronica. Esse variano a seconda di quale sia la causa di questa patologia.

La terapia è solo farmacologica?
L’insufficienza può essere curata con farmaci, che però hanno l’effetto di ridurre l’effetto dei disturbi senza intaccarne o guarirne la causa. Nel caso in cui i problemi sorgano da malfunzionamento del sistema cardiovascolare vengono prescritte speciali calze elastiche. Se invece l’insufficienza è dovuta alla presenza di varici, può essere risolta attraverso varie metodiche come la chirurgia tradizionale, il laser endovascolare, la radiofrequenza endovascolare e la scleroterapia.

Quali sono i soggetti più a rischio per questa patologia?
Il rischio di comparsa di insufficienza venosa cresce con l’età. Le donne ne soffrono più frequentemente rispetto agli uomini.

Per quale motivo?
Le ragioni risiedono nella differente struttura del tessuto connettivo e nell’ormone femminile estrogeno. Infatti, l’insufficienza venosa compare più frequentemente durante la gravidanza, perché la concentrazione di estrogeni è particolarmente elevata in questo periodo.

La pillola anticoncezionale può aggravare la situazione?
Numerosi studi hanno confermato che la pillola aumenta il rischio di flebite, trombosi ed embolia polmonare solo di 1,5 volte in soggetti sani, cioè senza varici. La presenza di vene varicose e capillari non è di per sé una controindicazione assoluta all’uso della “pillola”, ma aumenta a tre, quattro volte il rischio statistico di complicazioni. L’effetto dannoso è legato alla dose di estrogeni, sempre minore nelle ultime pillole e al tipo di progesterone, quello di terza generazione è più rischioso dei primi. Questo effetto dannoso si traduce in una maggiore facilità del sangue a coagulare dentro i vasi.

Quando è sconsigliata la pillola?
In alcuni casi in presenza di varici la pillola è sconsigliata o addirittura controindicata; si tratta di situazioni cliniche nelle quali il rischio di flebiti, trombosi ed embolie polmonari è elevato anche per altri fattori, come il fumo di sigarette che favorisce la coagulazione del sangue, le precedenti flebiti o trombosi della paziente, la storia familiare che si caratterizza per trombosi venose, incidenti vascolari, aborti spontanei del secondo e terzo trimestre, malattie immunologiche, accadute a familiari in età relativamente giovane, trombofilia. In questi casi prima di prescrivere la pillola occorre eseguire delle analisi del sangue mirate ad escludere la tendenza del sangue a coagulare come l’antitrombina III, pro-C-global, Lac, omocisteinemia, emocromo con piastrine, fibrinogeno. Solo se negativi occorre prescrivere altri esami più specifici.

Vi sono dei metodi di trattamento delle varici?
Esistono diversi metodi di trattamento delle varici, nessuno di questi però assicura con certezza una guarigione definitiva, poiché la malattia, per sua natura, è ereditaria, cronica ed ingravescente. Pertanto spesso i pazienti lamentano il “fallimento” dei precedenti trattamenti, poiché le varici possono recidivare a distanza di tempo variabile. Molto spesso dopo aver letto su riviste non specializzate, su internet o peggio dopo essere venuti a conoscenza tramite un amico di un “trattamento miracoloso”, si rivolgono allo specialista richiedendo per se stessi quello stesso trattamento. E’ invece fondamentale comprendere che una metodica che può essere adatta ad un paziente con un determinato quadro clinico può non esserla per un altro. Il quadro clinico strumentale delle varici infatti cambia notevolmente da paziente a paziente. Il tipo di reflusso, l’incontinenza o meno delle valvole venose, il tipo di vena malata, il suo calibro e la sua localizzazione sopra fasciale o meno, oltre ovviamente alle condizioni cliniche del paziente condizionano inevitabilmente il tipo di metodica da adottare in quello specifico caso.

Esistono delle strategie per il trattamento delle vene varicose?
Esistono due strategie fondamentali per il trattamento delle vene varicose: la strategia conservativa, che mira a conservare quanto più possibile il patrimonio venoso del paziente migliorando l’emodinamica e quella ablativa radicale cioè trattare tutte o gran parte delle vene malate.

Quali le tecniche più diffuse?
Le tecniche più diffuse e maggiormente accreditate sono la tecnica tradizionale: cioè l’utilizzo del bisturi per praticare delle incisioni più o meno ampie per asportare le varici, stripping delle vene safene secondo la strategia ablativa oppure flebectomia ambulatoriale per la correzione emodinamica Chiva secondo la strategia conservativa; nuove metodiche mini invasive endovascolari, in particolare: la tecnica mediante Laser o radiofrequenza e la scleroterapia ecoguidata con mousse.

Chi stabilisce il trattamento più idoneo?
Sarà lo specialista, dopo una accurata visita ed un attento mappaggio venoso mediante ecocolorDoppler a stabilire quale sia il trattamento più idoneo nel vostro specifico caso, dopo aver analizzato e discusso assieme tutti i pro ed i contro di ciascuna metodica. Non è pensabile proporre a tutti i pazienti lo stesso tipo di trattamento proprio per la natura multiforme della malattia varicosa.

Quindi?
E’ necessario pertanto affidarsi ad un flebologo esperto, pratico di diagnostica vascolare e che sappia padroneggiare il bisturi come il Laser o la scleroterapia.

In che modo si possono prevenire alcune patologie?
Un corretto stile di vita può aiutare a prevenire numerose patologie, e sicuramente anche quelle vascolari e delle gambe, perché la regola fondamentale per la buona salute delle gambe è di tenerle in movimento.

Quindi?
E’ fondamentale camminare almeno un’ora al giorno, a passo lungo e svelto, salire e scendere le scale, fare esercizi di ginnastica specifici ed in particolare che stimolino il muscolo del polpaccio. Indossare preferibilmente scarpe comode, non scarpe strette o a punta, senza tacco o con tacchi molto alti, che non andrebbero indossate per molte ore. Preferite le scarpe in cuoio, piuttosto che scarpe in tela o materiale sintetico, o gli stivali che comprimono e surriscaldano i piedi e le gambe.

Quali gli indumenti sconsigliati?
Sono sconsigliati indumenti troppo stretti o elastici, come jeans attillati, fuseaux, panciera, giarrettiere, gambaletti e calze autoreggenti. Indossate sempre vestiti comodi, freschi e leggeri e preferite i collant o le calze che abbiano il reggicalze alla vita. E’ negativo per le gambe stare a lungo fermi in piedi, così come stare a lungo seduti. Se si rimane a lungo in piedi, sollevarsi spesso sulle punte, e spostare spesso il peso alternativamente sull’una o sull’altra gamba. Chi, invece, rimane seduto a lungo deve sollevare alternativamente e rapidamente il tallone e la punta di ciascun piede, evitate di accavallare le gambe e alzatevi in piedi almeno una volta ogni ora. E’ molto importante evitare l’abuso di alcolici, che producono vasodilatazione periferica, mantenere un peso equilibrato, e curare le forme di stitichezza che possono aumentare la pressione intra-addominale con il conseguente peggioramento delle varici e delle emorroidi.

Qual è lo sport più adatto per prevenire i disturbi circolatori?
Il nuoto è lo sport migliore per prevenire i disturbi circolatori, anche in gravidanza, perché favorisce la vasocostrizione, quindi il ritorno venoso, e svolge un massaggio tonificante sulle gambe, poi possono essere utili la marcia, la bicicletta, la ginnastica specifica.

Invece quali sport è preferibile evitare?
Non sono adatti il calcio, lo sci, l’equitazione e il tennis.

Vuol fare qualche raccomandazione?
Mi raccomando non fumate, evitate bagni e pediluvi con acqua troppo calda, evitate di stare vicini a stufe, termosifoni, camini, borse d’acqua calda, preferite la doccia al bagno. Evitate le saune, cerette depilatorie a caldo, bagni turchi, fanghi e sabbiature. Dormite in posizione distesa, con i piedi leggermente sollevati di circa cinque, otto centimetri mettendo degli spessori sotto ai piedi del letto. Durante i viaggi in treno o in aereo tenete le gambe rialzate e alzatevi frequentemente per camminare.

Sledet.com ringrazia per l’intervista il dottor Gianluca Massoni, e ad maiora!


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Un commento su “Insufficienza venosa: intervista al dottor Gianluca Massoni

  • Monica

    Buongiorno, sono una paziente del dottor Massoni il quale , dopo avermi sottoposto ad una lunga terapia sclerosante , ha risolto i problemi dovuti ad una grave insufficienza venosa che mi creavano stanchezza agli arti inferiori, dolori quasi insopportabili, e affaticamento durante la camminata. Ringrazio il Dott. Gianluca Massoni per aver eseguito queste sedute che mi hanno giovato ,e adesso, nonostante esteticamente siano rimaste alcune cicatrici, non soffro quanto prima, ma solo in casi di particolare stanchezza ( sono in sovrappeso di oltre 25 kg) o in giornate davvero calde . Grazie per la sua professionalità e il suo grande senso di umanità. Monica Pisu