Back To the Roots: intervista ad Alessandro Piu


“Il surf non è uno sport, è uno stile di vita”

Intervista di Desirè Sara Serventi 

Non ha lasciato niente al caso il surfista professionista Alessandro Piu quando ha deciso di girare Back To The Roots, il docufilm nel quale attraversa in macchina la sua terra, ovvero la Sardegna, raccontandone la cultura, la storia e i paesaggi di quest’affascinante isola, oltre ovviamente all’amore per il mare, per il surf e tutto ciò che questo sport rappresenta. Per questo motivo ha scelto di coinvolgere dei grandi pionieri del surf Mediterraneo, tra cui Graziano Lai e il suo amico, nonché Campione italiano e neo Campione Europeo di surf su onda nella categoria Longboard, Federico Nesti, che ha voluto al suo fianco durante questo viaggio che riesce a mettere in evidenza quanto uno sport possa unire due campioni senza però sradicare il concetto di amicizia. Il film di Piu sta riscuotendo un grande successo a livello internazionale, tanto che sta girando tutti i Film Festival internazionali e sta iniziando ad ottenere riscontri dalla giuria, come allo “Skate & Surf Film Festival SSFF Milano” dove ha vinto l’Award per la miglior regia. Negli anni sono tanti i titoli che si è portato a casa Alessandro, e quando sta su una tavola e cavalca le onde mostra grandissima maestria e naturalezza nel compiere manovre su onde visivamente spettacolari. Sledet.com ha raggiunto Alessandro Piu che ha dimostrato tutta la sua simpatia e cordialità raccontandosi, il quale è riuscito a fare innamorare tante persone del surf e di quella che è la natura incontaminata della Sardegna, che la gente come lui vuole preservare per mantenere tale.

Lei ha mosso i suoi primi passi col windsurf?
Ho iniziato col windsurf, perché mio papà è stato, insieme a mio zio, uno dei pionieri in Sardegna. Avevo circa sette anni quando iniziai, e fino ai nove ho sempre praticato windsurf.

Poi cosa accadde?
Accadde che un giorno decisi di togliere la vela dalla tavola e presi un’onda. All’inizio devo confessare che per me fu quasi come un gioco ma poi diedero in Tv lo storico film californiano “Un mercoledì da leoni”, un film che mi fece appassionare al mondo del surf, e non solo a me, anche a mio fratello.

Per lei il surf è una grande passione?
Vedi, non è come adesso che i bambini vedono da Instagram o da Facebook dei personaggi che postano dei video e vogliono diventare subito dei professionisti. Io ho iniziato per amore di questo sport, per amore del mare, di quello che è il surf e per quello che rappresenta, perché rappresenta tanto.

Fu quindi suo padre a indirizzarla verso questo mondo?
Diciamo che mio padre comprò per me e per mio fratello due tavole ed iniziammo ad andare in giro per l’isola. Spesso, quando c’erano le onde, veniva a prendermi all’uscita di scuola e mi portava al mare. Ricordo la mia felicità quando lo vedevo con le tavole sopra la macchina. Per me era qualcosa di speciale.

Quando iniziò a gareggiare?
Decisi di gareggiare verso i tredici anni.

La sua prima gara?
La mia prima gara la disputai nel Lazio, dove arrivai in semifinale, per la precisione fui il terzo tra gli italiani presenti. Fu da quell’esperienza che nacque la mia voglia di svolgere il surf in maniera agonistica.

Tanti i titoli da lei vinti nel corso degli anni. È corretto?
Sì, ho vinto sette titoli italiani, più tre titoli junior. Ho fatto risultati internazionali, sono stato nella nazionale italiana e ho ottenuto i risultati migliori nella nazionale sia in California che in Brasile nel 2007/2008, per citarne alcuni.

Recentemente ha girato un docufilm dal titolo “Back To the Roots”, che sta riscuotendo un grande successo a livello internazionale. E’ corretto?
Sì. Back To the Roots è un cortometraggio di 34 minuti. Racconto un road street in giro per la Sardegna, intrapreso da me che sono nativo dell’isola e che, dopo tanti viaggi in giro per il mondo, decido di tornare a ricercare e a scoprire le mie origini, le mie radici e si parla ovviamente del surf.

Che cosa si intende per road street?
Possiamo sicuramente dire che è una cultura di viaggio in macchina. La persona che decide di intraprendere questa avventura si prende un periodo di tempo per poter iniziare questo viaggio, dove più o meno sa dove vuole andare, ma non potrà preventivare quello che succederà, le avventure o gli incontri che farà.

Il suo film sta girando tutti i Film Festival internazionali?
Diciamo che con “Back To the Roots” abbiamo coperto praticamente quasi tutta l’Europa, siamo già stati in dieci Film Festival, anche se voglio precisare che non tutti comunque erano in competizione.

L’unico ad essere in competizione è stato quello di Milano?
Sì allo “Skate & Surf Film Festival SSFF Milano”, dove ho vinto l’Award per la miglior regia.

Il film è a pagamento?
Esatto. Non ho voluto coinvolgere alcun tipo di sponsor, se non per la parte marketing, quindi per rifarmi un po’ delle spese sostenute per la sua realizzazione il film è visibile solo a pagamento. Lo si può acquistare o semplicemente affittare vimeo.com/ondemand/backtotheroots

È stata una scelta studiata a tavolino quella di non mettere loghi pubblicitari durante il film?
Nonostante mi siano state fatte delle offerte ho scelto di non accettarle, perché volevo che fosse il più neutrale possibile e che la presenza di loghi non mi precludesse nessuna porta, e credo sia stata una scelta azzeccata, perché tutti i siti mondiali che trattano di surf hanno pubblicato il promo, perché non ha niente in contrasto con i loro brand paganti. Anche per i Festival il fatto che sia un film neutrale ha portato i suoi vantaggi, non essendoci sponsor posso partecipare a tutti gli eventi. La pubblicità del corto è: l’isola, il surf e la cultura.

“Back To the Roots” racconta anche i vari incontri che lei fa durante questo viaggio?
Durante il viaggio io faccio tanti incontri, vedo tanti posti, dei luoghi storici, mistici, misteriosi, e conosco e faccio conoscere il surf, la cultura, e tante altre cose.

Il film mette in evidenza immagini molto suggestive. È corretto?
Durante il film si vedono mandrie di tori, di cavalli liberi, i fenicotteri rosa, addirittura ripresi in volo, e il mare. Insomma, sono immagini molto suggestive che rappresentano quello che è l’isola.

Quindi è un film per far conoscere in modo diverso la Sardegna?
Diciamo che è un modo, per me, di far conoscere l’isola a livello internazionale.

Lei come surfista professionista con questo corto che cosa vuol riportare alla luce?
Il film vuole riportare alla luce tutti quei valori persi che fanno parte del surf, perché il surf è cambiato molto.

Cosa intende dire?
Adesso il surf si basa molto di più sull’apparire e non c’è sostanza. Molti surfisti sono diventati degli influencer, persone cui l’unica cosa che interessa è quella di postare dei video durante le loro surfate solo per accaparrarsi dei like. Questo non è surf, è ipocrisia!

È per questo che ha deciso di dare voce durante il suo film ad alcuni pionieri, e non solo, del surf?
Ho coinvolto i pionieri del surf Mediterraneo, tra cui Graziano Lai, un’icona del surf italiano, che tra l’altro, è il giudice più importante d’Italia a livello internazionale per quel che concerne le gare surfistiche. A parte Graziano, tutte le persone che incontro hanno una loro voce fuori campo, dove parlano e raccontano che cosa era il surf. È una cosa molto bella.

Ha coinvolto anche Federico Nesti, l’attuale campione italiano di surf su onda nella categoria Longboard?
Esatto. Ho voluto che partecipasse anche Federico Nesti, un grande surfista, ma soprattutto il mio migliore amico.

Ha detto che negli anni il surf è cambiato. In cosa nello specifico?
Prima si surfava perché si amava farlo, non era una gara di esibizionisti. Il surf prima era una questione di aggregazione di persone, così come il windsurf. Si facevano esperimenti, si provava, si scoprivano nuove onde e ci si incontrava, e ogni volta che si stava insieme era una festa. Diciamo che il surf è purezza, ognuno fa le sue manovre sulle onde senza pensare se chi ha affianco sta facendo meglio o peggio di lui.

Da quanto dice si evince che il surf abbia perso il suo significato?
Quando si pensa più a postare su Instagram o Facebook una bella manovra senza dare un significato a quello che si sta facendo, sicuramente sì. Il vero surfista è colui che al di fuori delle competizioni vive il surf per quello che è. Credo che quello che manca oggi sia l’essenza di questo sport.

Quanto conta l’allenamento mentale oltre che quello fisico?
L’allenamento è importante perché ovviamente più hai un livello alto, più la tua mente viaggia a una velocità maggiore sull’onda, e il fisico deve seguirlo e deve essere al pari della mente.

L’onda ha la sua forza quindi bisogna prestare attenzione agli infortuni. È corretto?
Certo. Chi surfa unisce la sua forza per contrastare quella dell’onda ma se il fisico non è abbastanza flessibile non riuscirà a contrastarla e di conseguenza si avranno degli infortuni. Più si sale di livello, più si deve stare attenti che il fisico regga.

Lei preferisce surfare da solo o in compagnia?
Io personalmente preferisco surfare in compagnia, anche perché mi piace la condivisione.

Che cosa significa surfare?
Nella vita puoi avere tanti problemi, ma quando si surfa è il momento in cui si riesce a scaricare veramente tutto. Per quell’arco di tempo che si è in acqua, e anche dopo, si prova una sensazione appagante.

Potrebbe essere più preciso?
Quello che io ho maturato è che l’onda in se ha una sua forza, una sua energia, anche perché in acqua chi muove l’onda, è un’energia. Interagendo con questa, si sta letteralmente giocando con un’energia pura, che rigenera. Ed è questo il motivo per cui quando esci dall’acqua ti senti connesso, carico, positivo.

Ha notato dei cambiamenti per quel che concerne l’inquinamento in mare?
Beh sicuramente si parla tanto dei rifiuti e della plastica, che ovviamente chi può non notarlo. I giovani e soprattutto la nuova generazione non hanno propria idea di cosa significhi curarsi dell’ambiente. Latine, bibite, c’è di tutto all’uscita dei locali che si trovano nei pressi delle spiagge, col maestrale questi finiscono in mare. Il problema di questa generazione sono i genitori che, a loro volta, non hanno insegnato il rispetto per l’ambiente ai propri figli. Ma questo non riguarda solo le famiglie, riguarda anche le grandi industrie, le grandi aziende mondiali che continuano a produrre prodotti confezionati in plastica. Sono loro che possono fare la differenza.

Qual è il messaggio che vuole dare con il suo film?
Io nel documentario ho cercato di fare innamorare le persone di quella che è la natura circostante incontaminata, che la gente come me vuole preservare.

Per questo ha scelto di mettere in evidenza il mare e la natura incontaminata della Sardegna?
Se io avessi fatto vedere troppi rifiuti, è come se avessi messo in evidenza qualcosa di irreparabile, invece non è così. Devi vedere cosa è la perfezione per poi storcere il naso quando vedi qualcosa per terra che ti rovina la visione che hai sulla natura incontaminata.

Qual è stata la parte più difficile in fase di preparazione?
Beh sicuramente il montaggio, le immagini, creare le emozioni e riuscire a toccare le corde giuste delle persone, perché nel film ci sono almeno quindici tipi di corde diverse che vengono toccate. Faccio vedere la pastorizia, il surf, la natura incontaminata, il nostro mare, che ad oggi è uno tra i più adatti per surfare. Poi ovviamente metto in evidenza il fatto che in Sardegna c’è stata una grande civiltà, in grado di costruire nuraghi, e non solo, il tutto con una maestria e una perfezione dell’ingegneria che lascia sbigottito chi è del settore.

Il promo del suo film è stato trasmesso all’aeroporto di Cagliari?
Sì il corto è piaciuto talmente tanto che sono stato contattato dai loro dirigenti, che hanno trasmesso il promo in tutti i loro monitor. Anche perché guardarlo fa nascere nelle persone la curiosità di vedere sia la storia dell’isola che del surf in Sardegna.

Luci d’effetto hanno fatto da cornice al docufilm. È corretto?
Sì, con me c’è stato per tutto il film un cameraman, Gianluca Fortunato, che è anche il direttore della fotografia e il regista di “Back To the Roots”. Il film ha delle luci spettacolari considerando che abbiamo girato la maggior parte delle scene a gennaio.

Negli anni cosa le sta insegnando il mare?
Che il mare ha una vita sua e che se tu riesci a cavalcarlo lui ti lascia fare, però lui non cambia direzione per te. Va rispettato per non lasciarci le penne. Il mare ha delle regole come la matematica, e quelle regole ci sono e se si conoscono e si sanno usare, non si rischia di essere degli sprovveduti.

Nel 2016 ha partecipato alla competizione internazionale su onde giganti, riuscendo a salire sul podio. Vuol raccontarci?
Eravamo cinquanta atleti e io ho fatto podio. Ero l’unico italiano in gara su onde giganti. Ricordo che presi tutte le onde che potevo prendere, finché poi l’adrenalina non ha preso il sopravento e da quindicesimo sono arrivato terzo.

Ha vissuto la competizione?
Era diverso rispetto alle altre competizione. Nelle onde grandi c’è più lo spirito del surf. Un’esperienza che voglio ripetere.

A suo avviso esiste l’onda perfetta?
L’onda perfetta si trova in un posto epico, preciso, diciamo un’onda bella e che hai surfato bene. Le onde le ricerchi perché hai sempre fame, e per questo cerchi la mareggiata giusta, ti sposti e viaggi per trovare quella condizione e quell’onda che tu vuoi cavalcare.

L’onda più alta che ha cavalcato?
Un’onda di 7 metri.

Cosa rappresenta per lei il surf?
Il surf è una parte di me!

Cosa vuol dire essere un surfista?
Vuol dire organizzare la tua vita in base al mare. La definizione perfetta è questa!

Chi è Alessandro quando non sta su una tavola da surf?
Quando non sto sulla tavola penso a quando ci salirò sopra. Ndr: Ride.

Attualmente in cosa è impegnato?
Nella promozione di “Back To the Roots” nei vari Festival. Sto lavorando inoltre per delle riviste, e poi a fine agosto parteciperò alla Coppa Italia, che è una gara molto importante.

Che consiglio vuol dare ai giovani che vorrebbero praticare il surf professionistico?
Il surf va vissuto non per diventare professionisti ma per renderlo parte attiva della vita. Se un giovane riesce a divertirsi e a viverlo bene, ti dico la verità, avrà più intesa col mare e quindi potrà avere grandi soddisfazioni nel momento in cui deciderà di fare qualche gare. Ma senza divertimento e senza un rapporto col mare queste cose sono difficili. Non si può iniziare questo sport con l’obiettivo di diventare campioni. Il surf non è uno sport, è uno stile di vita!

Sledet.comringrazia per l’intervista Alessandro Piu, e ad maiora!

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