“Per gli aneurismi di maggiori dimensioni è utile rivolgersi in centri esperti dove gli operatori possano scegliere tra le diverse metodiche a disposizione”
Intervista di Desirè Sara Serventi
Quando si parla di aneurisma cerebrale, chi è del settore sa bene che niente è da sottovalutare e che la tempestività nell’intervento può salvare la vita. Sledet.com ha raggiunto per parlare di questo argomento a 360° i noti medici: Maurizio Melis Neurologo, Direttore della SC Neurologia e Stroke Unit e del Dipartimento di Neuroscienze e Riabilitazione dell’Azienda Ospedaliera G.Brotzu di Cagliari, nonché Presidente della Società dei Neurologi, Neurochirurghi e Neuroradiologi Ospedalieri (SNO). Luigino Tosatto Neurochirurgo, Direttore della S.C. Neurochirurgia e Responsabile del Programma Aziendale di Neuroscienze AUSL della Romagna Ospedale M. Bufalini Cesena, nonché Vicepresidente Neurochirurgo della Società dei Neurologi, Neurochirurghi e Neuroradiologi Ospedalieri (SNO). Luca Valvassori Neuroradiologo, Direttore SC Neuroradiologia Ospedale San Gerardo ASST Monza, Vicepresidente della Società dei Neurologi, Neurochirurghi e Neuroradiologi Ospedalieri (SNO). Quanto tre menti del loro spessore spiegano gli aneurismi e fanno capire l’importanza del lavoro di una equipe, in questo caso, composta da Neurologo, neuroradiologo e neurochirurgo, si capiscono tante cose. Infatti come dice sempre il professor Maurizio Melis: “One man band” può valere per i musicisti ma non in corsia.
Che cosa si intende per aneurisma cerebrale?
Dottor Maurizio Melis: Con il termine di aneurisma cerebrale si indica una dilatazione patologica, frequentemente simile ad una sacca e più raramente ad un fuso, di un vaso arterioso del cervello. Il principale rischio è la rottura con emorragia che interessa gli spazi che circondano il cervello dove circola il liquido cefalo-rachidiano. L’emorragia è chiamata Emorragia Subaracnoidea. Spesso si ha anche un danno del tessuto cerebrale. L’emorragia subaracnoidea (ESA) è quindi un tipo di ictus potenzialmente letale causato dall’emorragia nello spazio circostante il cervello.
Vi può essere una predisposizione genetica?
Dottor Maurizio Melis: Esistono rarissimi casi di familiarità, cioè aneurismi multipli negli stessi soggetti ed emorragie che si verificano in parenti stretti o nei vari rami di una famiglia, indice forse di una predisposizione. La maggior parte degli aneurismi sono tuttavia singoli, privi di qualunque familiarità, Le vere forme genetiche ereditarie sono rare e generalmente associate a malattie del connettivo, come la Sindrome di Marfan o di Ehlers-Danlos ed altre. Ma, ripeto sono molto rare.
Lo stile di vita influisce?
Dottor Maurizio Melis: I fattori di rischio noti e possibili specialmente per il rischio di rottura degli aneurismi includono il fumo di sigaretta, l’ipertensione arteriosa. Gli estrogeni svolgono un ruolo protettivo, lo sviluppo e la crescita di un aneurisma cerebrale per questo motivo è maggiore in menopausa.
Qual è il principale rischio di un aneurisma cerebrale?
Dottor Maurizio Melis: La rottura di un aneurisma cerebrale è la causa più frequente di Emorragia Subaracnoidea (ESA). Altre cause di ESA possono essere le malformazioni arterovenose o anche traumi cranici. Un terzo dei pazienti recupererà l’autonomia; un terzo sopravviverà con vari gradi di disabilità e un terzo morirà. Il trattamento è finalizzato alla prevenzione di una seconda emorragia, spesso letale, pur sapendo che esistono anche conseguenze tardive conseguenza dell’ESA: il vasospasmo e l’ischemia cerebrale, che possono verificarsi anche diversi giorni dopo.
Quali i sintomi di un aneurisma non rotto?
Dottor Maurizio Melis: La maggior parte degli aneurismi intracranici sono asintomatici e danno segni di se solo se si rompono. Sono spesso dei riscontri occasionali in corso di accertamenti richiesti per altre patologie. Alcuni aneurismi di dimensioni maggiori possono diventare sintomatici anche senza rompersi principalmente esercitando una compressione su strutture nervose circostanti. Può quindi esserci cefalea, perdita dell’acuità visiva, neuropatie craniche (spesso con la sensazione di visione doppia, sintomo chiamato diplopia), dolore facciale; in qualche caso ci può essere un ictus ischemico a seguito di emboli originatisi all’interno della sacca aneurismatica.
E quali sono i sintomi invece di rottura?
Dottor Maurizio Melis: La sintomatologia è drammatica e può essere anche fatale sin dall’esordio. Nella maggior parte dei casi allarma l’insorgenza improvvisa di una forte cefalea (definita a colpo di pugnale o a rombo di tuono), accompagnata da nausea e vomito, dolore localizzato al collo con rigidità della muscolatura, sensibilità alla luce (fotofobia), deficit della vista, sino anche alla perdita di conoscenza e convulsioni. Nel 30-50% è segnalato nei giorni precedenti l’emorragia da rottura massiva un sintomo detto “sentinella”, causato da piccole perdite di sangue dall’aneurisma o più probabilmente dall’aneurisma stesso che si sta formando e che è pronto per rompersi. I sintomi sentinella consistono in un dolore alla testa focale o generalizzato improvviso e precedono la rottura dell’aneurisma di un tempo che va da poche ore a qualche mese, con una media segnalata di 2 settimane prima dell’esordio dell’ESA. E’ un sintomo molto importante, e subdolo, ed i medici devono averlo sempre presente nel valutare una cefalea.
Con quale frequenza si presenta un aneurisma cerebrale?
Dottor Maurizio Melis: Dal 3 al 10% della popolazione generale di età media può avere un aneurisma cerebrale senza saperlo. La rottura dell’aneurisma con conseguente emorragia intracranica si verifica ad un tasso stimato da 6 a 16 ogni 100.000 abitanti. In Italia ogni anno ci aspettiamo circa 5-6000 casi.
Quanti tipi di aneurismi cerebrali esistono?
Dottor Luigino Tosatto: Esistono 6 tipi di aneurismi cerebrali:
1) Sacculari: le forme sacculari quelle più frequenti e quindi più importanti, in caso di rottura, nel causare l’Emorragia Subaracnoidea. Nella sacca aneurismatica si riconoscono un colletto ed un fondo su cui possono iscriversi piccole dilatazioni secondarie (blebs). E’ sul fondo della sacca ed a livello dei blebs che più spesso si verifica la rottura. Gli aneurismi sacculari (berry aneurysms) sono localizzati sulle principali arterie cerebrali prevalentemente all’apice dei punti di diramazione, che sono le zone di maggior stress emodinamico del vaso.
2) Aneurismi dissecanti post-traumatici o spontanei (a genesi acuta o cronica), interessano prevalentemente i grossi vasi intracranici (la carotide e l’arteria cerebrale media e molto più raramente il circolo posteriore).
3) Aneurismi fusiformi (aterosclerotici) più frequenti nel circolo posteriore vertebro basilare.
4) Aneurismi infettivi (micotici), generalmente più periferici.
5) Aneurismi da stress emodinamico associati a malformazioni artero-venose (MAV).
6) Aneurismi “Blister-like”.
Circa un 20-30% dei pazienti portatori di aneurisma ha aneurismi multipli.
Qual è la fascia di età più colpita da emorragia subaracnoidea?
Dottor Luigino Tosatto: Il picco di età interessato da emorragia subaracnoidea da rottura di aneurisma è tra i 55-60 anni. Circa un 20% occorre tra i 15-45 anni.
In caso di aneurisma cerebrale come si agisce?
Dottor Luigino Tosatto: Nel caso di un aneurisma rotto la procedura indicata è il trattamento di esclusione dal circolo dell’aneurisma (per via chirurgica o endovascolare) il prima possibile (early treatment) per prevenire il risanguinamento. Gli standard attuali prevedono il trattamento entro le 24-48 ore.
Per i casi di riscontro di aneurisma intatto i provvedimenti seguono delle linee di trattamento basate su studi internazionali che prevedono la chiusura dell’aneurisma (chirurgica o endovascolare) in base a sede morfologia e dimensioni dell’aneurisma, oltre che da parametri quali l’età del paziente e fattori di rischio associati (fumo, familiarità, malattie congenite).
Si può prevenire lo sviluppo dell’aneurisma o la sua rottura con qualche accorgimento?
Dottor Luca Valvassori: Impossibile prevenirne lo sviluppo, perché ne sappiamo molto poco e non è prevedibile. Alcuni fattori predisponenti, come la pressione alta, possono essere corretti, ma l’efficacia è modesta. Per prevenire la rottura, che è estremamente rara, bisogna trattare gli aneurismi a maggior rischio, che per fortuna sono assai pochi.
Che cos’è la Neuroradiologia Interventistica?
Dottor Luca Valvassori: La Neuroradiologia Interventistica è quella parte della Neuroradiologia che si occupa della diagnosi e del trattamento di patologie, per lo più vascolari, del cervello e del midollo mediante la navigazione con strumenti appropriati all’interno del nostro albero vascolare, ovvero all’interno di arterie e vene.
Siamo oggi in grado di trattare molte patologie vascolari (malformazioni artero-venose o MAV, aneurismi, fistole artero-venose, stenosi, occlusioni arteriose acute responsabili di ictus, alcuni tumori sia del cervello che della faccia e del collo, sanguinamenti acuti da trauma).
Con quali strumenti viene evidenziato un’aneurisma?
Dottor Luca Valvassori: Un aneurisma cerebrale che si è rotto e ha prodotto una emorragia cerebrale viene diagnosticato con una TC e un’angioTC, ma anche con una angioRM o un’angiografia cerebrale.
Cos’è l’angiografia cerebrale?
Dottor Luca Valvassori: L’angiografia cerebrale è un esame neuroradiologico diagnostico che permette di visualizzare la circolazione cerebrale e le sue patologie, iniettando un liquido “visibile” ai raggi X (chiamato mezzo di contrasto) dall’interno dei vasi stessi. Generalmente l’accesso al sistema vascolare viene ottenuto per puntura dell’arteria femorale, alla piega dell’inguine, e successiva introduzione degli strumenti che permettono di navigare nel sistema circolatorio e raggiungere l’area di interesse.
Quali i trattamenti per gli aneurismi?
Dottor Luigino Tosatto: I trattamenti sono l’esclusione dal circolo dell’aneurisma per via chirurgica (craniotomia e clipping) o endovascolare con varie metodiche.
Vuol parlare nello specifico del trattamento chirurgico?
Dottor Luigi Tosatto: Il trattamento prevede una craniotomia (apertura del cranio) pianificata in base alla sede dell’aneurisma. La tendenza recente è di eseguire craniotomie mininvasive mirate, prestando sempre molta attenzione anche al risultato cosmetico dell’approccio chirurgico. Dopo la craniotomia e l’apertura durale, le vie di accesso alla malformazione aneurismatica sono vie chirurgiche lungo le cavità dove circola il liquido cefalorachidiano, che permettono il rispetto del tessuto cerebrale. Una volta raggiunto l’aneurisma viene messo in chiaro il colletto dell’aneurisma (sede di impianto dell’aneurisma sul vaso) e la sacca aneurismatica, definendo tutti i rami di diramazione del vaso portante che andranno preservati durante l’esclusione dell’aneurisma. Oggi disponiamo di tecnologie avanzate che ci permettono una perfetta definizione intraoperatoria della angioarchitettura vasale come l’angiografia con Indocianina Green, tracciante radiologico che viene iniettato endovena e che viene visualizzato al microscopio operatorio tramite appositi filtri o l’ angiografia con tracciante fluorescente come la Fluoresceina Sodica. Un ulteriore importante ausilio è la possibilità di valutazione e quantificazione dei flussi ematici intravasali con sistemi doppler che permettono una misurazione pre e post chiusura (clipping), riducendo drasticamente la possibilità di ischemie postoperatorie. La sacca dell’aneurisma viene esclusa con il posizionamento sul colletto aneurismatico di clip in titanio o altri materiali amagnetici, ricostruendo in questo modo la parete del vaso di origine dell’aneurisma.
Cosa si intende per trattamento endovascolare?
Dottor Luca Valvassori: Si intende il trattamento di una patologia, di solito di tipo vascolare come gli aneurismi, realizzato dall’interno del sistema vascolare, senza quindi la necessità di operare dall’esterno incidendo la cute e l’osso. Come detto prima, non tutto può essere trattato per via endovascolare, ma sempre di più siamo in grado di affrontare nuove patologie o patologie complesse che prima non erano trattabili.
Da chi viene stabilito il tipo di intervento da attuare?
Dottor Luca Valvassori: Innanzitutto il tipo di trattamento, se endovascolare o chirurgico nel caso degli aneurismi cerebrali, viene stabilito insieme dal neurointerventista e dal neurochirurgo, abituati a lavorare in collaborazione. Questa è la migliore garanzia per ottenere un risultato positivo, perché non si decide in base a schemi precostituiti ma in base al caso clinico che abbiamo davanti.
Da che cosa dipende il tipo di trattamento endovascolare?
Dottor Luca Valvassori: Il tipo di trattamento endovascolare, cioè il tipo di tecnica o di approccio da utilizzare, dipende invece da diversi fattori. Cercando di semplificare, direi che un aneurisma rotto, cioè che abbia causato un’emorragia e quindi una condizione clinica grave per il paziente, deve essere in prima battuta posto in sicurezza, ovvero occluso cercando di avere bassi rischi procedurali. Esistono tecniche relativamente semplici in grado di garantire ottimi risultati ma soprattutto di portare il paziente fuori dalla fase acuta facendogli correre rischi limitati: la più nota di queste tecniche prevede l’utilizzo di filamenti in platino, dette spirali, staccabili e di diverse conformazioni, in grado di riempire la sacca dell’aneurisma. Questa tecnica, introdotta all’inizio degli anni 90 e ormai diffusa in tutto il mondo merito all’invenzione di un medico italiano, Guido Guglielmi, è in grado di prevenire nuovi episodi di sanguinamento quasi nel 100% dei casi. Esiste una quota abbastanza modesta di casi in cui l’aneurisma tenderà nel tempo a riaprirsi e per i quali sarà da prevedere un nuovo intervento, ma nella fase acuta dell’emorragia questo approccio si è dimostrato il migliore.
Diversa invece è la strategia nel caso di aneurismi non rotti, quasi sempre di riscontro occasionale. In questi pazienti lo scopo del trattamento deve essere la guarigione definitiva dell’aneurisma. Sono quindi stati sviluppati nel corso degli anni numerosi strumenti che possano ottenere tale risultato nelle diverse condizioni (dimensioni, sede, geometria dell’aneurisma). In termini tecnici si chiamano stent, palloncini gonfiabili, sistemi di supporto all’utilizzo delle spirali, sistemi a diversione di flusso, sistemi intrasacculari.
Qual è il principale rischio durante l’intervento chirurgico?
Dottor Luigino Tosatto: Le maggiori criticità durante la procedura chirurgica sono la rottura dell’aneurisma in fase di approccio che oltre a complicare di molto le manovre chirurgiche, può portare a serie complicanze post-operatorie se non compromettere la vita stessa del paziente e le complicanze di tipo ischemico, legate alla difficile gestione dei vasi parenti (rami di biforcazione e arterie perforanti) o al vasospasmo da manipolazione chirurgica dei vasi.
Qual è il principale rischio durante la tecnica endovascolare?
Dottor Luca Valvassori: Il rischio maggiore degli interventi endovascolari consiste nella creazione di eventi trombo-embolici legati all’introduzione nel circolo dei sistemi di navigazione. Tutti i corpi estranei che noi introduciamo nell’organismo possono scatenare reazioni che nel caso della circolazione del sangue consistono principalmente in aggregazione di piastrine o in fenomeni di coagulazione. Da qui la necessità di utilizzare farmaci che siano in grado di contrastare tali fenomeni.
Un altro rischio delle procedure endovascolari é la perforazione dei vasi che stiamo navigando e la conseguente emorragia. Lo sviluppo tecnologico degli ultimi 30 anni è andato anche nella direzione di produrre materiali sempre più atraumatici ed efficaci, riducendo quindi parallelamente le complicanze procedurali.
Tutti gli aneurismi si rompono?
Dottor Luca Valvassori: In realtà succede il contrario, cioè quasi nessun aneurisma si rompe. A fronte del fatto che gli aneurismi sono moltissimi (probabilmente in almeno una persona su 20 ce n’è uno), quelli che si rompono sono pochissimi. Rimane imprevedibile la loro rottura come anche la loro nascita. Certamente gli aneurismi non sono congeniti, ma si formano in qualche momento della vita. Oggi gli studi ci dicono che aneurismi piccoli del circolo carotideo (cosiddetto circolo anteriore), ovvero sotto i 7mm di diametro, hanno una probabilità di rompersi negli anni a venire molto vicina allo 0%. Per questi aneurismi non esiste quindi una indicazione a trattare, perché i rischi dell’intervento sarebbero infinitamente superiori ai rischi di lasciare l’aneurisma dov’è.
Quando diventa sintomatico?
Dottor Luca Valvassori: Un aneurisma che si rompe produce sintomi molto tipici: cefalea improvvisa, terribile, cosiddetta “a rombo di tuono”. Il paziente spesso entra in coma e nel 30% dei casi muore in pochi giorni. È quindi un evento molto grave, spesso con un quadro clinico conclamato e facilmente comprensibile.
E’ un aneurisma non rotto produce sintomi?
Dottor Luca Valvassori: Un aneurisma non rotto invece difficilmente produce sintomi, salvo che le sue dimensioni siano ragguardevoli, ovvero oltre i 15-20 mm di diametro. In questi casi puó esercitare una compressione sulle strutture cerebrali vicine e dare sintomi di conseguenza: disturbi della vista, paresi, disturbi del linguaggio.
Come viene fatta la diagnosi di un aneurisma non rotto?
Dottor Luca Valvassori: La diagnosi è di solito occasionale, ovvero in corso di esami eseguiti per altri motivi. Spesso anche una semplice TC o RM senza contrasto può permettere di porre il sospetto, che andrà poi confermato con angioTC, angioRM o angiografia cerebrale.
Quali i trattamenti in caso di aneurisma non rotto?
Dottor Luca Valvassori: L’aneurisma non rotto al di sopra di un certo diametro (diciamo 7-10 mm), anche se diagnosticato accidentalmente, ha indicazione ad essere trattato perché le probabilità di rottura giustificano i rischi dell’intervento.
Mentre il trattamento con sole spirali ha indicazione assoluta nella fase acuta, negli aneurismi non rotti, come detto prima, bisogna cercare di ottenere un risultato definitivo di guarigione. Questo comporta l’utilizzo di ulteriori strumenti che garantiscano una maggiore “tenuta” negli anni.
Esistono quindi diversi sistemi che permettono di riempire la sacca dell’aneurisma con un numero maggiore di spirali, senza che queste possano fuoruscire e occludere l’arteria. Questo approccio è utile soprattutto negli aneurismi con un colletto largo, cioè con una larga base d’impianto sull’arteria.
Altri sistemi permettono invece di ricostruire la parete dell’arteria determinando una progressiva occlusione dell’aneurisma nel corso delle settimane e dei mesi: sono chiamati sistemi a diversione di flusso e rappresentano oggi il trattamento di elezione per alcune sedi aneurismatiche. Il vantaggio più significativo di questo metodo di trattamento è che non si deve più entrare nella sacca con i nostri microcateteri ma bensì si ricostruisce la parete dell’arteria rilasciando una specie di “rete” con maglie molto fitte, che rallenta da subito il flusso del sangue all’interno dell’aneurisma.
Più recentemente sono stati introdotti altri sistemi di trattamento intrasacculari, a rilascio controllato, costituiti da un cilindro di maglie molto fitte, con lo scopo di determinare una rapida occlusione della sacca.
E’ importante la diagnosi precoce di un aneurisma non rotto?
Dottor Luca Valvassori: Sarebbe importante se fossimo in grado di riconoscere gli aneurismi che si romperanno a breve, ma questo al momento non è nelle nostre possibilità. Ci sono, seppure raramente, dei sintomi sospetti per rottura imminente o per sanguinamenti di modesta entità che potrebbero preludere ad una rottura vera e propria: cefalee molto forti o persistenti in persone che normalmente non ne soffrono oppure la comparsa di un improvviso abbassamento della palpebra associato ad una visione doppia. In questi casi va naturalmente sentito il parere di un medico.
Che consiglio potete dare alle persone che leggeranno l’intervista?
Dottor Maurizio Melis, Dottor Luigino Tosatto e Dottor Luca Valvassori: Nella maggior parte dei casi, l’aneurisma cerebrale scoperto occasionalmente è una patologia del tutto benigna. Le probabilità di rottura sono estremamente basse per le lesioni di piccole dimensioni, tanto che non si ritiene utile eseguire controlli nel tempo.
Per gli aneurismi di maggiori dimensioni, invece, un trattamento deve essere preso in considerazione. E’ utile rivolgersi in centri esperti dove gli operatori possano scegliere tra le diverse metodiche a disposizione.
Ed ancora:
“Se tu o una persona cara provate i seguenti sintomi di una possibile Emorragia Subaracnoidea da rottura di Aneurisma Cerebrale chiamate immediatamente il numero di soccorso (112 o 118):
· insorgenza improvvisa di un forte mal di testa (spesso descritto come “il peggior mal di testa della mia vita”)
· nausea e vomito.
· Dolore cervicale
· sensibilità alla luce (fotofobia)
· visione sfocata o doppia
· perdita di conoscenza
· convulsioni.
Sledet.com ringrazia per l’intervista Maurizio Melis, Luigino Tosatto e Luca Valvassori, e ad maiora!
Un Grazie di cuore ancora una volta al Dr.Luca Valvassori per avermi salvato la vita a causa di ESA con spirali prima e poi con Stent in una fredda mattina di febbraio 2009.
Giovanni