“All’Alba perderò invece ha dimostrato che l’arte del comico può essere nobile quanto un film d’autore”
Intervista di Desirè Sara Serventi
Grandissimo il successo che sta riscuotendo il film “All’alba perderò”, trasmesso su Prime video, storia scritta dall’attore, sceneggiatore e regista, Andrea Muzzi. Il film è riuscito ad attirare l’attenzione del pubblico e dagli addetti ai lavori, merito della maestria con cui il regista è riuscito a curare la regia e a raccontare la storia, senza risultare banale o scontata.
Se le chiedessi di raccontarsi, cosa risponderebbe?
Sono il figlio di un fornaio e questo ha inciso molto su di me. Da mio padre, che lavorava 18 ore il giorno, ho preso la cultura del lavoro: “Il destino si costruisce con la forza delle proprie mani” mi ripeteva continuamente ed alla fine questo è diventato anche il mio motto di vita.
Quando nasce la sua passione per il mondo del cinema?
Da bambino guardavo in tv i film di Stanlio & Ollio e Charlie Chaplin. Neanche ci ridevo, stavo ammutolito, li guardavo in contemplazione. Avevo solo 5 anni ma inconsapevolmente capivo che stavo assistendo a qualcosa di grande, unico. Crescendo ho capito che questi artisti erano inarrivabili ma mi avevano trasmesso l’amore per il cinema.
Su Prime video stanno trasmettendo il suo film dal titolo “All’alba perderò”, un film che ha raggiunto risultati incredibili. Che cosa racconta nello specifico?
Il film ha raggiunto 4 milioni di visualizzazioni e racconta la storia di un regista che, dopo l’ennesimo rifiuto da parte di un produttore, cade in depressione. A quel punto si ricorda di un suo compagno di classe che in quinta elementare in una sola parola fece 24 errori. Le gesta di questo fuoriclasse della grammatica risveglia nel regista l’idea di un nuovo progetto; raccontare chi ha fallito più di lui. Si imbatte così nei fuoriclasse della sconfitta, uomini che hanno perso ma lo hanno fatto in un modo unico, spettacolare. Così facendo però è costretto a fare i conti anche con le proprie delusioni e capire che la sconfitta è una preziosa opportunità di crescita che non va sprecata.
Lei ha scritto, diretto e interpretato il film. Come è nata l’idea di questa sceneggiatura?
Nel 2019 avevo scritto un film con Ugo Chiti (uno dei più grandi sceneggiatori italiani, cinque David di Donatello). Il mio rapporto con la produzione fu da subito molto faticoso e giunse al capolinea quando loro decisero di girare il film a Malta. A quel progetto ci avevo lavorato un anno provinando bambini in mezza Italia, facendo sopralluoghi e quando decisi di ritirarmi dal contratto non avevo nessun altra proposta in mano. Nel viaggio di ritorno in treno mi addormentai stravolto e sognai di venir premiato nella notte degli Oscar nella categoria “fallito dell’anno”. Mi consegnavo una lampadina nera. Quando mi risvegliai avevo l’idea del film.
Su quali basi è stato scelto il cast?
Ho scelto gli attori che mi sembravano più giusti per i personaggi. Miriam Bardini, la governate, mi aveva colpito in un film, avevo intravisto in lei una forte carica emotiva e vedendo il risultato posso dire che ci ho indovinato. Negli attori cerco sempre una recitazione scarica, vado sempre incontro alla ricerca di una verità, non amo i fronzoli, mi piace un’interpretazione diretta, efficace.
Come è visto il fallimento nel suo film?
Il fallimento è visto come dovremmo imparare a vederlo. Una preziosa opportunità di crescita. Perdere è naturale, fa parte della vita, semmai, è la vittoria un’anomalia. Per vincere bisogna passare quasi sempre da una sconfitta, saper capitalizzarla e diventare più forti. La sconfitta ci mette in discussione, ci obbliga a percorrere nuove strade, a rivalutare tutto. Insomma, ci prepara a crescere.
Su cosa ha puntato la sua regia?
La mia regia cerca sempre di essere delicata, invisibile e a servizio della recitazione degli attori. Non mi interessano i movimenti di macchina virtuosistici, preferisco girare da un’angolazione che permetta al pubblico di essere dentro la storia. Di vivere accanto ai miei personaggi.
Artisticamente parlando, cosa può dire sul cast degli attori?
Di alcuni attori come Paolo Calabresi, Angela Finocchiaro e Pupo, non devo aggiungere niente, per loro parlano le carriere. Vi consiglio di tenere d’occhio Miriam Bardini perché, la vedremo spesso in tv ed al cinema. Daniele Marmi, già presente nel cast dei delitti del Bar Lume, è stato una piacevole collaborazione. Michele Crestacci, già presente nei film di Virzì, sa arrivare al pubblico e Massimiliano Galligani è un comico doc.
Vuol raccontare un aneddoto capitato durante le riprese?
Durante una scena finale del film, seguivo il lavoro al monitor e la recitazione degli attori era così vera che mi sono messo a piangere. Siccome mi vergognavo di farmi vedere con le lacrime dalla troupe ho simulato un indigestione. In quella occasione sono stato meglio di De Niro. Ora però glielo posso dire; ragazzi non era vero!
Cos’è per lei la sconfitta?
Una preziosa opportunità di crescita. Un mia amica, Francesca Corrado, fondatrice della scuola di fallimento dice “osa perdere per vincere”. Condivido in pieno il suo slogan.
Durante le riprese lei da spazio agli attori per l’improvvisazione o vuole che si attengano solo a quello che c’è sul copione?
Io cerco di arrivare alle riprese il più preparato possibile. La scrittura è per me un lavoro molto meditato, frutto di lunghe riflessioni e vorrei che gli attori innanzitutto capissero il mio percorso prima di apportare modifiche. Insomma, tendo ad avere le idee chiare e lascio le improvvisazioni solo se migliorano il mio lavoro e vanno nella giusta direzione.
Il film ha vinto numerosi premi nei vari festival. Cosa può dire a riguardo?
È incredibile il percorso del film nei festival. Solitamente le commedie non vengono nemmeno selezionate, sono considerate un genere cinematografico un po’ minore. All’Alba perderò invece ha dimostrato che l’arte del comico può essere nobile quanto un film d’autore. Quando la risata si fa portatrice di un messaggio, quando la leggerezza è un modo per veicolare tematiche profonde allora il comico compie appieno la sua missione artistica.
Chi è Andrea quando non sta sul set?
Un padre, un marito, un tifoso della Fiorentina. Un amico. Insomma, niente fuori dalla norma. E mi piace pure essere normale.
Che consiglio vuol dare alle persone che leggeranno la sua intervista?
Io tendo più ad ascoltare che a dare consigli. L’unica cosa che mi sento di dire è questa: la pandemia ha lasciato tra le persone una scia di rabbia e odio. Il clima si è incattivito ed abbiamo sempre più bisogno di un nemico su cui sparare per dar sfogo alle proprie frustrazioni. Questa vita non porta da nessuna parte. Riappropriamoci della forza del sorriso, della potenza della gentilezza e miglioreremo anche le nostre vite.
Attualmente in cosa è impegnato?
Ho due progetti per il cinema; Mal comune che girerò a Torino nel 2023 e Il tempo delle mele cotte che realizzerò sempre come regista. Attualmente sono impegnato con la regia di uno spettacolo teatrale “Amarti mi affatica” e la direzione dello Stenterello film festival dove premieremo alla carriera Angela Finocchiaro (8,9,10,11 settembre, Firenze)
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Solo un abbraccio forte a tutti!
Sledet.com ringrazia per l’intervista Andrea Muzzi, e ad maiora!