Responsabile fisioterapia della Ternana: intervista a Valerio Caroli 1


“Nella sfera medica la difficoltà maggiore a volte si incontra quando un atleta infortunato non accetta una tempistica lunga di guarigione”

Intervista di Desirè Sara Serventi

Quando si parla di fisioterapia sportiva, gli occhi non possono che essere puntati su Valerio Caroli. Negli anni il noto fisioterapista si è fatto un nome degno di stima nel mondo del calcio, per la grande professionalità e competenza che mette nel suo lavoro, una professione che svolge con passione e dedizione. Valerio Caroli può vantare un notevole percorso professionale, che ha lui permesso di lavorare per dei calciatori di fama nazionale e internazionale, che si sono affidati a lui con fiducia. Recentemente dopo anni trascorsi come fisioterapista alla Lazio ha scelto di ritornare alla Ternana, dove ricopre il ruolo di responsabile della fisioterapia. Sledet.com ha raggiunto Valerio Caroli che si è raccontato.

Quando nasce la sua passione per il mondo della fisioterapia?
La mia passione nasce da molto lontano, quando sin da ragazzo dedicavo molto tempo ad aiutare gli altri, compromettendo la mia libertà’ ed il mio tempo libero. A questa mia dedizione posso associare il mio lavoro nello sport, che è sicuramente più ampia rispetto alla semplice sfera professionale.

Dove si è formato?
Il mio percorso di studi si è svolto a Perugia, dove col grande supporto del professor Cerulli, che mi ha ospitato più volte in sala operatoria e del grande medico Michele Martella ho affinato ed immagazzinato tanti dettagli e sfumature che nessuno nella vita ti regala; ma loro sì. Successivamente ho partecipato ad una serie enorme di corsi di specializzazione nella fisioterapia sportiva.

Vuol raccontarci il suo percorso professionale?
Ho iniziato molto giovane nello sport, a 23 anni vivevo già la mia prima esperienza nei professionisti, un mondo difficilissimo quando ti avvicini perché’ ha tanti di quei segreti inimmaginabili; è come camminare su un terreno minato. Per 7 anni sono rimasto nella mia città alla Ternana, per poi approdare nel Genoa dove ho lavorato per 8 anni. Dopo il Genoa mi sono trasferito alla Lazio per 8 anni fino all’avvento del Coronavirus, momento in cui sono felicemente tornato alla Ternana.

Quale considera l’esperienza più significativa per la sua carriera?
Tutte le esperienze sono significative nello sport a qualsiasi livello. La prima alla Ternana è servita per imparare e propormi in questo mondo, al Genoa per affermarmi ed alla Lazio per consolidarmi. Ad oggi dopo un lungo percorso mi sento completo per rivestire un ruolo di responsabilità.

Come è cambiata negli anni la fisioterapia sportiva?
La fisioterapia sportiva ha fatto passi da gigante negli ultimi anni. Quando iniziai io, si massaggiava con il sapone di Marsiglia e si fasciava con le garze di cotone; ora c’è una gamma di prodotti infinita con cui poter operare quotidianamente. Questo vale anche per la fisioterapia strumentale che ha creato negli anni dei gioielli terapeutici. Sono felice di essere uno dei testimoni di questa evoluzione e di aver provato nel tempo ogni forma di esperienza.

Di cosa si occupa nello specifico?
Nello specifico mi occupo della gestione del materiale e del magazzino infermeria, della programmazione quotidiana delle terapie e dei protocolli da effettuare, nella coordinazione dei colleghi con cui collaboro e poi ovviamente la parte più calda che è il lavoro da terapista con i nostri atleti, infortunati e non.

Come si relaziona con i giocatori?
Il rapporto con i giocatori negli anni è drasticamente cambiato, in quanto prima avevi un blocco unico nello spogliatoio; eravamo in pochi e c’era un feeling ed una intesa incredibile. Negli anni tutte le società hanno incrementato notevolmente il numero dei componenti dello staff creando molta più dispersione interpersonale. L’avvento dei social ha poi dato il colpo di grazia in quella che è diventata una forma di isolamento involontario. Fortunatamente il nostro ruolo implica sempre un certo livello di complicità e unione. Io ho sempre cercato di avere un rapporto equilibrato, completo e disponibile con tutti cercando di adattarmi ai tanti caratteri con cui ci confrontiamo.

Cosa può dire riguardo le problematiche più comuni a cui va incontro un calciatore?
Le problematiche interne di un calciatore possono essere tante e nessuna, dipende sempre dal carattere, dall’esperienza e dal modo con cui si affrontano le situazioni. Nella sfera medica la difficoltà maggiore a volte si incontra quando un atleta infortunato non accetta una tempistica lunga di guarigione. Vorrebbero rientrare troppo presto mettendo a rischio il percorso riabilitativo. La loro esuberanza ed il desiderio di rendersi disponibile a me piace ma qualcuno va frenato con il guinzaglio.

A suo avviso gli infortuni calcistici sono cambiati?
Negli anni gli infortuni sono cambiati in quanto i ritmi di gioco e la frequenza delle gare sono aumentati tantissimo. Questo ovviamente sottopone l’atleta ad uno stress fisico e mentale superiore generando diverse problematiche. A dare equilibrio però a questa frenesia sportiva sono gli innumerevoli sviluppi del settore. Una medicina diagnostica molto più accurata, dei protocolli consolidati nel tempo, la cura del riposo e dell’alimentazione, la fisioterapia strumentale molto più incisiva, la conoscenza del curriculum sanitario di ogni atleta.

Qual è il fulcro della sua attività sui calciatori?
La parte più incisiva del nostro lavoro si sviluppa intorno al lettino, quando dopo una diagnosi comunicata dal medico iniziamo la nostra attività. L’accuratezza deve essere completa, dal far posizionare in maniera comoda il giocatore, instaurare subito un contatto sia verbale che tattile. L’atleta quando sente una mano amica cambia subito umore e si apre al momento di terapia. Trovare il metodo giusto per ognuno viene solo dalla grande casistica sperimentata negli anni. L’approccio giusto è già metà del trattamento.

Spiega agli atleti quello che andrà a fare su di loro?
Abitualmente dopo aver analizzato con il medico la problematica e la conseguente diagnosi mi piace molto parlare con il paziente di ciò che faremo e con quale obiettivo. Questo suscita in loro serenità e partecipazione. In questo modo si sentono parte integrante del protocollo, quindi loro non sono semplici pazienti e noi semplici esecutori. La condivisione del trattamento e la conoscenza di ciò che andremo a fare migliora notevolmente il percorso riabilitativo.

Qual è la parte più difficile del suo lavoro?
Ci sono giorni in cui mi sembra tutto semplice ed altri dove vedo tutto complicato. Gli umori cambiano rapidamente in una squadra di calcio quindi devi trovare un equilibrio perfetto. Come dico sempre a tutti, mai esaltarsi nelle vittorie e mai deprimersi nelle sconfitte. Credo sia questa la parte più difficile, rimanere sempre stabile emotivamente per non intaccare l’operato quotidiano.

Recentemente ha scelto di lasciare una squadra di serie A, ovvero la Lazio, per retrocedere nelle Ternana, che milita in serie C. da cosa è stata dettata questa scelta professionale?
Alla Lazio sono stato benissimo, una società gloriosa, affascinante e potente. Ho sempre avuto uno splendido rapporto con il presidente Lotito, al punto che negli ultimi anni lo chiamavo Claudio, e tutt’ora lo chiamo così, perché ci sentiamo periodicamente. Credo sia il sogno di ogni terapista sportivo approdare nell’olimpo del calcio e confrontarsi con atleti di caratura internazionale ma la vita non è solo quello, può esserlo per un po’, poi dobbiamo inchinarci al sentimento, quello vero, quello puro. Io amo la mia famiglia e la mia città, e tornare a Terni per me è stato un traguardo enorme. Nessuno può cancellare il mio passato e nessuno può scrivere il mio futuro; solo io posso farlo. Il mio presente ora sono la mia famiglia, la Ternana e Terni. In tutto ciò devo ringraziare di cuore Paolo Tagliavento che mi ha accolto subito con un entusiasmo incredibile per la sua, anzi nostra grande ambizione. Qui sapevo di ritrovare tanti volti amici e volti nuovi molto capaci e preparati. Anche ritrovare il dottor Martella, medico di spessore nazionale per me è una garanzia assoluta di riuscita.

Dove sta durante le partite?
Durante le partite sono quello che siede in panchina e corre in campo con lo spray “miracoloso” per soccorrere il giocatore a terra. Anche questo è un ruolo apparentemente semplice, in realtà stancante perché non puoi mai permetterti di distrarti. Attualmente ho abbondantemente superate le 1000 panchine in carriera.

A suo avviso che caratteristiche deve avere un fisioterapista per fare la differenza nel calcio?
La differenza nel calcio la fanno i dettagli, ognuno di noi ha un modo di comportarsi differente, ma capire quando parlare e quando star zitto è fondamentale. Nella praticità del nostro lavoro non importa se fai un massaggio meglio o peggio di un altro, alla guarigione dell’atleta ci arriviamo comunque; la differenza te la fa il modo di esprimerti, di relazionarti e di essere consapevole del mondo in cui ti sei catapultato.

Con quale parte dello staff tecnico sta più a contatto per le problematiche relative ai giocatori?
Abitualmente noi abbiamo rapporti con tutti i componenti dello staff ma come forma di relazione profonda professionale sicuramente con i medici ed i preparatori atletici, con i quali quotidianamente ci confrontiamo sullo stato di saluti degli atleti.

Quanto è importante il rapporto di fiducia che vi è tra lei è l’allenatore?
La fiducia deve esserci sempre e comunque per rendere al massimo e sentirsi coinvolti nel sistema di lavoro. Non esiste una regola fissa, ci sono allenatori che si relazionano solo con i medici ed altri che prediligono il rapporto con il fisioterapista. Ci vuole molta intelligenza in entrambi i casi, l’importante è non declassare mai il medico che è un nostro superiore garantendo la giusta immagine positiva per tutti. Quando si ha un obiettivo unico non esistono relazioni di comodo, ognuno deve coprire le spalle all’altro.

Durante l’emergenza sanitaria è cambiato il modo di approcciarsi agli atleti?
Durante questa emergenza sanitaria si è temporaneamente creato un muro tra tutti i componenti di una squadra; indossare le mascherine, mantenere il distanziamento sociale, massaggiare se necessario con i guanti, igienizzarsi le mani venti volte al giorno. Insomma un paradosso per un ambiente come il nostro che vive di contatto. Poi con le normative che ci impongono tamponi ogni quattro giorni e test sierologici ci siamo un po’ tranquillizzati, anche se le regole persistono e noi ci atteniamo scrupolosamente.

Chi è Valerio quando non veste i panni di fisioterapista?
Quando mi tolgo i panni da fisioterapista sono una normalissima persona che purtroppo negli anni, causa il tanto lavoro, ha perso ogni hobby personale, quindi mi dedico alla casa ed ora alla famiglia cercando di garantirgli quello che per anni gli ho tolto durante le mie assenze.

Che consiglio può dare a un giovane che vorrebbe intraprendere la sua professione?
Io darei tanti consigli ai giovani che vorrebbero entrare in questo mondo, ma il problema è che pochi ti ascoltano. A me sarebbe piaciuto quando ho iniziato avere figure amiche che mi insegnassero, l’unico era il dottor Martela, invece sono cresciuto prendendo schiaffi morali, quelli schiaffi che vorrei evitargli ma tanti pensano di saperne sempre di più di chi fa questo mestiere da oltre 20 anni. Quando incontro un giovane che sa ascoltare ed apprendere mi appassiono perché’ rivedo Valerio di 24 anni fa e cerco di aiutarlo. Purtroppo in questo mondo può anche riuscire ad entrarci, il problema è rimanerci, ascoltare, osservare, chiedere, confrontarsi: gli ingredienti principali per trovare spazio nella fisioterapia sportiva professionistica.

Attualmente in cosa è impegnato?
Attualmente sono impegnato nel più bel progetto della mia vita, portare la Ternana al livello che merita. Posso garantirvi che da ternano lavorare alla Ternana è la cosa più bella del mondo ma anche un bel peso mentale. Ho ritrovato una società di grandi ambizioni, con un presidente come Bandecchi che punta alla vittoria ed al successo, un vice presidente come Tagliavento che non dorme la notte per garantire tutto a tutti. Siamo un grande squadra, un grande società, un gruppo fantastico che merita tanto, ma la strada ce la costruiamo da soli e daremo più del massimo. Nello sport vincere è la cosa più bella e noi lavoriamo tutta la settimana per quei 90 minuti!

Vuole aggiungere altro?
Vorrei aggiungere tante cose ma la più doverosa sono i giusti e meritati ringraziamenti per tutti quelli che mi hanno aiutato e permesso di arrivare fin qui. In 24 anni ho lavorato con centinaia di professionisti tra staff e calciatori e tutti sono stati determinanti. Metto sempre al centro di tutto mia moglie Emanuela ed i miei figli Tommaso e Noemi che hanno sempre supportato ogni mia scelta. Oggi ringrazio ovviamente tutta Terni e tutta la Ternana calcio che mi hanno veramente riaccolto in maniera stupenda. La cosa meravigliosa è quando puoi sentirti al posto giusto, al momento giusto, con la gente giusta… forza fere!

Sledet.com ringrazia per l’intervista Valerio Caroli, e ad maiora!


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