L’attore è un grande viaggiatore
Intervista di Laura Gorini
Per la gioia delle più romantiche sta per essere disponibile sulla piattaforma Passionflix uno splendido film che vede tra i protagonisti Giulio Berruti e l’affascinante Christian Vit, intitolata Gabriel’s Inferno, per il quale il primo riveste il ruolo del buono e il secondo del suo antagonista e del cattivo. Ed è proprio con lui che si divide per lavoro e amore (Christian è fidanzato con la showgirl italo- argentina Georgia Viero) tra Londra e Roma che abbiamo avuto modo di interfacciarci…
Christian, ti dividi tra Roma e Londra per lavoro e amore. Che effetto ti fa vivere con la valigia in mano?
Da piccolo mi dicevano che non riuscivo mai a stare fermo, mi muovevo in continuazione…. Negli anni questa cosa è evoluta ma non è cambiata affatto: mi piace essere in continuo movimento, fa parte della mia personalità. È anche nella natura del mio lavoro, i set vengono allestiti ovunque e gli attori devono essere pronti a spostarsi.
Un attore deve essere anche un abile viaggiatore?
Diciamo che più un attore si sente a suo agio quando viaggia e più fa dell’esperienza del viaggio stesso qualcosa di autentico e significativo che lo arricchisce.
Ci sono due tipi di viaggio, quello fisico e quello mentale. Possiamo dire che un artista li compie entrambi?
Oltre all’importanza dell’esperienza data dal viaggio « fisico » è sicuramente fondamentale per un artista riuscire ad immaginare e visualizzare. Anticipare quindi nella propria mente la creazione dell’opera che andrà ad eseguire. Possiamo certamente dire che l’artista compie entrambi i viaggi.
Quando interpreti un personaggio, in qualche maniera compi una sorta di viaggio interiore dentro di lui. Come ti prepari ad affrontarlo?
Inizio con il visualizzare certi comportamenti e caratteristiche del mio personaggio e vado alla ricerca di quali siano gli elementi della mia persona che sono più in comune con lui. È sicuramente un viaggio sia dentro di me che dentro ad un’altra personalità.
Ora sarai un cattivo, accanto a Giulio Berruti. I cattivi sono più affascinanti dei buoni?
Dipende naturalmente dai casi ma spesso i cattivi risultano affascinanti perché si danno il permesso di essere e fare cose che non ci sogneremmo nemmeno. Non hanno paura di essere se stessi fino in fondo nonostante il male che possono arrecare.
Perché a tuo avviso a livello cinematografico e letterario piacciono di più?
Perché creano dei personaggi di grande spessore e complessità che una volta sconfitti rimangono però “irrisolti” e restano con noi più a lungo. Quali sono le esperienze che ha vissuto quel personaggio per sviluppare una simile personalità? Come è arrivato a fare ciò che fa? E se alla fine della storia avesse vinto lui anziché il buono? Queste secondo me sono alcune delle domande con cui lo spettatore lascia la sala dopo il film o che si fa il lettore dopo aver letto un libro.