Imitatrice, attrice e voce di Rds: intervista a Francesca Manzini


“Sono una persona che non fa una vita mondana, spesso mi piace stare in solitaria per ritrovare la mia pace nel silenzio”

Intervista di Desirè Sara Serventi

Luci dei riflettori puntati sulla versatile attrice, imitatrice e voce di Rds, Francesca Manzini, un’artista che nel mondo dello spettacolo e della radio in “Tutti pazzi per Rds” si sta facendo spazio sempre più per il suo talento artistico. Una passione per le imitazioni che inizia da piccola, e che le permette, vista la sua innata predisposizione, a trasformarlo ben presto nella sua professione, una professione che svolge con cura e attenzione. Francesca dalla sua ha la capacità di dare ai personaggi interpretati una grande originalità e veridicità senza mai scadere nella banalità, ma bensì riuscendo a farsi suo il personaggio e a regalare delle sfumature che solo lei sa dare con grande naturalezza e sicurezza. La battuta in Francesca sta sempre dietro l’angolo così come l’arte dell’improvvisazione, che sono in lei elementi ben tangibili. In veste di attrice, l’esordio nel film di Carlo Verdone dal titolo “Benedetta follia” è stato a dir poco spettacolare, tanto da non aver lasciato inosservata la sua bravura di attrice né al pubblico né tanto meno alla critica. I microfoni di Sledet.com hanno raggiunto Francesca Manzini, che si è raccontata.

Attrice, imitatrice e voce di Rds. Quando nasce la sua passione per il mondo dello spettacolo?
La mia è una passione che nasce da piccola, avevo appena otto anni quando incominciai a utilizzare il muro della mia camera come specchio per le mie imitazioni, specchio che non abbandono mai, e che continuo ad utilizzare per migliorarmi e perfezionarmi.

Lei non ha mai frequentato alcuna scuola di formazione in questo settore. La possiamo quindi definire un’autodidatta. E’ corretto?
Sì è esatto. Posso dire che mi sono e mi sto formando direttamente sul campo, un campo però che non fa sconti a nessuno. Se non c’è il talento, o meglio la predisposizione verso questo mestiere, non si va avanti. E’ come un giocatore raccomandato, puoi essere raccomandato quanto ti pare, ma se non segni, stai in panchina.

Chi sono stati i suoi maestri in questo campo?
Posso citare Piero Chiambretti, Carlo Verdone, i Gialappa’ Band, e tanti altri.

Quando si è accorta che questa passione poteva per lei trasformarsi in un lavoro?
Devo confessare che fu il mio amico Paolo Macedonio a dirmi che, di questa passione potevo farne un mestiere. Avevo diciotto anni e ricordo che quando me lo disse io non lo presi sul serio.

Che cosa le disse?
Mi disse: Fra, io ti metterò in contatto con delle persone, perché lo meriti, sei un talento, e ricordo che aggiunse: tu non sai che cosa sei!… E devo dire che, a distanza di anni, io non so ancora che cosa sono, e non voglio neanche saperlo.

Dove ha mosso i suoi primi passi?
Ho iniziato con l’animazione nei villaggi, che poi è un po’, quello che hanno fatto tutti i mei colleghi.

Il suo primo palco?
Avevo sedici anni, e cantai una canzone presentata da Paolo Bonolis.

Che ricordo ha di quel giorno?
Ricordo che per presentarmi Paolo disse: sta per salire sul palco una ragazza terrorizzata! Negli anni poi con Paolo ci siamo incontrati, ed è stato divertente ricordare questa vicenda.

Qual è il primo personaggio che ha imitato?
Il primo personaggio è stata Sylvie Vartan.

Come riesce a dare veridicità all’imitazione?
Perché recito le imitazioni, non le rendo fini a se stesse.

Il suo esordio in televisione è stato con Caterina Balivo?
Il mio esordio è stato su Rai1 nel programma “Festa Italiana” con Caterina Balivo, con lei infatti siamo molto legate artisticamente.

Fu Fiorello che le diede un consiglio molto importante per il suo lavoro?
Sì quando incontrai Fiorello lui mi disse: tra dieci anni chi vuoi essere? E io risposi: spero di essere te al femminile, ma non sono sicura se ci riuscirò.

E lui cosa le rispose?
Mi disse: sei molto brava a imitare, sei molto brava a trovare la battuta pronta, a improvvisare sei bravissima, e mi diede un consiglio fortissimo.

Ovvero?
Fai ciò che gli altri non fanno, e quando imiti qualcuno, imitalo come gli altri non sono abituati a vederlo.

Le stava forse dicendo che doveva osare?
Esatto. Io penso che chi non osa non sa vivere.

Le è mai capitato che qualcuno volesse farle le scarpe?
Tutti i giorni vivo questo malessere da parte poi degli altri. Nonostante sia una persona empatica e sensibile, devo dire che le invidie me le butto alle spalle, anche perché ho vissuto forti dolori in passato, dolori che mi hanno aiutato a gestire queste persone.

Qual è il suo motto?
Andare dritta! Come disse Ciccio Valenti quando mi consigliò: fregatene dell’invidia e va dritta su tutto.

Come è approdata a Tutti pazzi per Rds?
Galeotta fu una demo mandata da Renzo Di Falco, uno speaker di Rds, demo che fu sentita da Max Pagani, mio co-conduttore e Alessandro Montefusco, direttore della radio. Ricordo che quando mi contattarono mi trovavo a Fregene.

Chi la contattò?
Mi contattò Alessandro Montefusco che mi disse che mi voleva incontrare, ed è così che sono approdata su Rds.

All’inizio quanto spazio le fu concesso all’interno della trasmissione?
Inizialmente avevo dei pezzi di un minuto, poi due minuti, per arrivare poi a darmi sempre più spazio per dar così valore a ciò che sono, perché Rds è meritocrazia!

Per lei Rds è stata una gran bella vetrina?
Lavorando per Rds ho sicuramente avuto più visibilità fuori, anche perché non dimentichiamo che tutti i più grandi, hanno iniziato con la radio, pensiamo a: Carlo Conti, Amadeus, Fiorello, tutti sono nati dalla radio.

Che cosa le ha insegnato la radio?
Insegna tanto, infatti da la possibilità di avere i tempi, di avere ritmo, di avere dialettica, di avere padronanza. Non è cosa da poco la radio, perché le persone non ti vedono, quindi, bisogna fare tutto esclusivamente con la voce. Dal mio inizio in radio poi è stato tutto un divenire, e un permettermi di essere notata sempre di più.

Qual è il personaggio da lei imitato a cui è più affezionata?
Nessuno. Vivo ogni cosa con il giusto coinvolgimento e distacco al tempo stesso, altrimenti ne resto imprigionata.

La radio non da la possibilità di ripetere la scena, quindi è un palco che non perdona, bisogna avere grande padronanza. Che cosa si innesca in lei durante un’imitazione?
Non so quale sorta di meccanismo si inneschi quando io faccio queste cose, quando io faccio le imitazioni, quando io recito, non lo so davvero! Una volta Verdone mi disse una cosa stupenda quando gli confessai che non mi ricordavo che cosa avevo appena fatto, anche se l’avevamo girata tre secondi prima, quindi chiedevo a lui se fosse una cosa normale. Allorché lui mi rispose con queste parole: sì è normale perché sei come me, un’autodidatta, è classico di noi!

Fu per lei un bel complimento?
Sì, tanto che mi sono sentita svenire, anche perché sentirsi dire “sei come me” da un maestro del cinema italiano, della comicità italiana, è un grande complimento.

Dalla radio al grande schermo. Come è avvenuto questo passaggio?
Devo dire che è avvenuto in maniera semplice, anche perché io amo il cinema e soprattutto quello antico, che a mio avviso, è la base.

Che cosa intende dire?
Intendo dire che una volta che si impara la tecnica si può fare qualsiasi cosa.

Quindi sta asserendo che può fare qualsiasi cosa?
Io non so quello che sono, ma so, che posso fare più cose.

In che modo?
In maniera semplice, ovvero, le traslo, le investo e le butto nel cinema, nella televisione, nella radio, che poi è una fortuna, perché a volte non tutto insieme può andar bene e invece, devo dire che per me questo giro sta andando bene.

Ci vuol parlare di “Benedetta follia” di Carlo Verdone. Come è stata scelta?
Con Carlo Verdone abbiamo due amici in comune, ovvero: Maruska Albertazzi e Francesco Romeres, quindi che dire, Carlo chiese informazioni su di me proprio a loro, perché a lui sembravo simpatica, ma voleva avere più notizie, anche se, mi aveva già sentito fare le imitazioni, e loro gli dissero: Francesca è fantastica, è pazza, è un genio!

Quindi?
Quindi Carlo Verdone mi volle incontrare.

Cosa le disse durante l’incontro?
Mi disse: io non so se darti il ruolo dell’ubriaca o del telefono.

E lei cosa rispose?
Risposi di farmi leggere entrambe le parti. Quindi, mi fece leggere il copione, e che dire, io ho vissuto molto di più la scena del telefono, o meglio, l’ho immaginata e con un tocco di istinto gli dico: se mi trovi idonea fammi fare quella del telefono, e lui mi fa: e ma il telefono non esce, e io: e “sti cazzi” tiralo fuori! Aiuto mi fa male!

E lui?
Si mise a ridere e intuì che era la parte perfetta per me.

Oltre questo fece altri provini?
Sì, feci altri due provini, ho sudato per avere questa parte, non mi ha regalato niente nessuno.

Che tecniche ha utilizzato per calarsi nel personaggio?
Nessuna! Io non lo so cosa mi accada, ho interpretato il mio personaggio pensando alla musicalità delle parole, ho immaginato come poter fare nel migliore dei modi la scena, ma non ho pensato ad alcun metodo, mi è venuto d’istinto.

Vuol raccontare un aneddoto capitato durante le riprese?
No comment! “Ride”

Vuol dare un suo parere sull’industria cinematografica italiana?
Il cinema è l’unica vera rivoluzione che porta al cambiamento umano e politico.

Quale reputa l’esperienza più significativa per la sua carriera?
Il coma, questa esperienza mi ha dato la forza per tutto. Dopo il coma ho abbandonato tanti vizi che mi ero presa, tante vite brutte che avevo percorso, e in mezzo a tutto questo non nascondo anche la depressione, che è una vera malattia. Ho abbandonato tutto dopo questa esperienza, anche perché quando si tocca il fondo la bravura sta nel trovare la strada giusta ed è quello che io ho fatto, ho detto: basta stare male! Bisogna vivere il presente. Una volta mia madre mi diede una foto bellissima dove vi era scritto: depressione è un eccesso del passato, l’ansia e un eccesso del futuro, vivi il presente e starai in pace.

E’ quello che lei sta facendo?
Diciamo che è questo, che sto imparando a fare, e devo dire che per questo devo molto all’uomo che ho attualmente nella mia vita, io lo chiamo Gesù.

Mi scusi, ha detto Gesù?
Sì, ma non perché è un santo che mi sopporta, ma perché sembra proprio Gesù.

Mi consenta la domanda. In che senso?
Perché l’assomiglia, è uguale di profilo. Lui si chiama Juan Martin ed è Argentino. Juan per me è il dono di Dio, in quanto è stata una figura molto importante.

Per quale motivo?
Perché mi ha fatto capire quanto è importante vivere il presente, e non vivere il presente con in me il passato, perché così facendo si sta male e non ci si gode la vita. Juan è l’emblema di ciò che si dice la vita quindi: amarla, viverla e saperla vivere con la totale logicità, razionalità, ed emotività della cosa. Noi siamo una coppia perfetta, infatti gli dico: tu sei logico e io sono illogica, emotiva, istintiva, e quindi tu, riassetti. Lui è veramente una persona atipica, mai conosciuta una persona come Juan. Per questo voglio dire che a un certo punto queste sono le cose più significative. A proposito poi del mio compagno vorrei aggiungere che mi auguro che i lettori che staranno leggendo la mia intervista, trovino qualcuno che gli faccia sentire come quando stanno con loro stessi.

Potrebbe essere più precisa?
Quando qualcuno è in grado di farci sentire come quando stiamo con noi stessi, allora, è l’apoteosi di tutto, perché non ci sono tabù, non c’è vergogna, non c’è timidezza, anche se si dice che col tempo queste cose si tolgono. No! La fortuna in una storia d’amore, e nella vita in generale, è quando d’impatto trovi tutto e subito. Bisogna coltivare le persone e prendersi come si è, senza aver bisogno di spiegarsi. Ovviamente in tutto bisogna avere anche una grandissima base di propria solidità mentale. Inoltre bisogna sapersi amare, perché se non ci amiamo noi per primi, non potremo mai arrivare a nulla. Per amarci dobbiamo essere consapevoli dei nostri limiti, delle nostre paure, e una volta che noi per primi accettiamo tutto questo, allora potremo amarci davvero. Questo è quello che io ho fatto e che sto facendo con Juan al mio fianco.

A suo avviso che caratteristiche bisogna avere per emergere nel mondo dello spettacolo?
Non ci sono gli altri che si accorgono di te, e mentre inciampi cresci e ti crei, e poi, arrivate voi giornalisti a darci un nome, e sta a noi, folli, mantenerlo e non farvi cambiare idea.

Chi è Francesca quando non sta sotto le luci dei riflettori?
E’ una persona molto attiva che sta imparando la tecnica del rilassamento. Sto imparando a staccare la spina e a dedicarmi alle cose che mi piacciono, e poi mi alleno davanti al mio muro, quel muro che per me funge da specchio, e poi vivo la mia vita. Sono una persona tranquilla, che non fa una vita mondana, anzi spesso mi piace stare in solitaria proprio perché devo ritrovare la mia tranquillità, la mia pace nel silenzio.

Che consiglio vuol dare ai giovani che vorrebbero intraprendere la sua professione?
E’ importante frequentare le scuole di formazione, ma bisogna avere tanta determinazione, istinto, intuito e poi, una cosa che dico da ansiosa, è: non siate ansiosi e date il tempo al tempo, perché il tempo veramente da tutto o meglio: ti da, ti restituisce, ti toglie e ti aggiunge, è una questione di tempo e di consapevolezza.

Attualmente in cosa è impegnata?
In radio con Rds e poi ho una cosa in ballo per Rai e Mediaset, ma per il momento non dico nulla.

Progetti?
Progetti più recitativi.

Vuole aggiungere altro?
Sì. Voglio ringraziare Manuela, la mia migliore amica, che mi ha dato la forza per credere in me, e tra le altre cose, lei è un’artista, dipinge pance di donne incinta su Instagram, per chi volesse vedere i suoi lavori, può andare su Lavori Manuela_Iniart

Sledet.com ringrazia per l’intervista Francesca Manzini, e ad maiora!

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