Cannabis medica: a parlarne è il pioniere dottor Paolo Poli 1


La Poli Pain Clinic apre centri specializzati coinvolgendo specialisti appositamente formati per la prescrizione della cannabis 

Intervista di Desirè Sara Serventi 

Quando si parla di terapisti del dolore gli occhi non possono che essere puntati verso il noto e stimato dr. Paolo Poli, Medico Specialista in Anestesia e Direttore della terapia antalgica Poli Pain Clinic di Pisa nonché Presidente della Società Italiana Ricerca Cannabis. Un curriculum d’eccezione quello del dottor Poli, che con la sua grande esperienza in materia è riuscito a focalizzare il suo sguardo verso nuove metodologie di cura, per merito di qualificatissimi studi e ricerche innovative verso la cannabis medica, riscuotendo tra i suoi pazienti ottimi risultati. Il dottor Poli nell’arco della sua carriera ha avuto in trattamento con la cannabis medica, con eccellenti risultati, 3500 pazienti, e con le sue continue ricerche è arrivato addirittura a trovare il gene specifico per la cannabis. I microfoni di Sledet.com hanno raggiunto il luminare dottor Paolo Poli che ha spiegato in maniera semplice e chiara non solo i benefici di questa incredibile terapia, ma anche per chi è indicata la cannabis medica, denunciando d’altra parte la nocività della cannabis da strada, ben differente da quella per uso medico.

Cos’è la cannabis?
Una pianta conosciuta fin dal Paleolitico che contiene numerosissimi principi attivi, non ancora del tutto conosciuti, ma che presentano numerosi effetti terapeutici.

Potrebbe spiegarci invece cos’è la cannabis terapeutica?
È sempre una pianta che conosciamo, perché è stata selezionata geneticamente, le percentuali dei principi attivi contenuti e che viene coltivata con metodiche approvate dal Ministero della Salute e dall’Agenzia Italiana del Farmaco.

Lei si occupa di terapia del dolore?
Io mi sono sempre occupato della terapia del dolore. Sono un terapista del dolore, ero primario della terapia del dolore e mi sono sempre occupato del dolore cronico. Da cinque anni, mi occupo anche di terapia con cannabis.

Ha avuto subito fiducia sui benefici della cannabis terapeutica?
Devo confessare che quando ce la presentarono non mi convinse molto, anche perché la presentarono un po’ come un ottimo analgesico. In realtà invece, la cannabis non è un ottimo analgesico ma è un discreto analgesico.

Poi cosa la spinse ad interessarsi ai suoi benefici?
Nonostante inizialmente non mi convinse, decisi di iniziare a “sperimentarla” in pazienti con le patologie del sistema nervoso centrale, quindi: Alzheimer, spasticità, diciamo tutte quelle forme croniche che interessano questa parte del sistema nervoso, e vidi che c’erano dei visibili miglioramenti.

A quel punto cosa fece?
Cominciai a studiarla e iniziai a cercare di capire prima di tutto gli aspetti che riguardavano la coltivazione della cannabis medica, che si differenzia da quella ad uso industriale, e che dire da allora continuo a studiarla.

Da quando ha iniziato, quanti pazienti ha trattato con la cannabis terapeutica?
Finora ho avuto in trattamento 3500 pazienti.

Lei recentemente ha fatto un’importante scoperta, vuol parlarne?
Certo. Insieme al genetista con cui collaboro abbiamo individuato un gene che è interessato nel metabolismo della cannabis.

Potrebbe essere più preciso?
Abbiamo trovato il gene specifico per la cannabis. Questa è una cosa molto importante perché noi vedevamo che c’erano molti pazienti che rispondevano benissimo anche a dosaggi bassi, ma altri che non rispondevano o addirittura avevano degli effetti collaterali. La cannabis come tutti i farmaci ha una risposta individuale che varia a seconda della genetica dei pazienti.

State indagando anche su altri di geni?
Sì, ne stiamo cercando degli altri, perché pensiamo che ce ne siano un’altra decina la cui variabilità è interessata nell’assorbimento e nel metabolismo della cannabis, per cui nel giro di qualche mese potremo, una volta che avremo il paziente di fronte, con un semplice prelievo della saliva dirgli il tipo e il dosaggio di cui ha bisogno, cosa che ora non facciamo.

Per quale motivo?
Perché iniziamo con dosaggi bassi e poi man mano alziamo i dosaggi monitorando il paziente. Il paziente ci deve mandare delle mail, ci deve telefonare per sapere se ci sono miglioramenti, o effetti collaterali.

Questa sua scoperta rappresenterà una maggiore sicurezza per il paziente?
Sì, una maggiore sicurezza per il paziente, in quanto avremo una predittività sull’efficacia della terapia per cui non solo potremo dire al paziente se avrà dei benefici con la terapia con cannabis, ma addirittura se potrà manifestare effetti collaterali e quindi una notevole sicurezza nella terapia.

Che cosa intende dire?
Intendo dire che se io ho un paziente che geneticamente non risponde alla cannabis è inutile che faccia buttare via soldi a lui o allo Stato per il suo acquisto, quando già sappiamo che questo farmaco non funziona su di lui.

Quanti tipi di cannabis avete a disposizione?
Attualmente sul mercato italiano ne abbiamo a disposizione sei, che variano a seconda della percentuale di thc e cbd, che sono i principi attivi più importanti, anche se ve ne sono altri che ancora non conosciamo, però basandoci su questi due principi attivi più importanti, abbiamo cominciato a valutare: la parte clinica, il dosaggio, il tipo di cannabis e il dosaggio utile nelle varie patologie. Nell’epilessia la cannabis funziona in maniera meravigliosa, però funziona quella che ha una percentuale bassissima di thc e una percentuale alta di cbd. Al contrario, nelle patologie del sistema nervoso centrale, come l’Alzheimer o la spasticità, funziona molto bene la cannabis con un thc alto e un cbd relativamente basso.

Da quanto ha detto si evince che in base alla patologia si sceglie il tipo di cannabis. E’ corretto?
Certo. Se io dessi una cannabis con un thc alto a un bambino con l’epilessia, lo potrei anche uccidere con le crisi epilettiche. Quindi bisogna capire prima di tutto la patologia, poi in base alla patologia scegliere il tipo di cannabis, la percentuale dei principi attivi ed il dosaggio.

L’estrazione è importante?
Sì. Noi usiamo l’olio, ormai non viene più usato il decotto, perché il decotto non ci da dei dosaggi giusti. Il problema del decotto è che molti pazienti sbagliavano come prepararlo per errata informazione da parte del medico e lo facevano tipo un tè e non ci aggiungevano latte o sostanze grasse, ma i principi attivi non venivano estratti nel tè, quindi tanti pazienti che all’inizio hanno usato la cannabis l’hanno smessa perché non funzionava, ma in realtà non funzionava perché bevevano l’acqua. Quindi noi usiamo l’olio e l’estrazione la fanno in farmacia.

I farmacisti utilizzano le stesse metodiche di estrazione?
Attraverso la nostra società scientifica, ovvero la Società Italiana Ricerca Cannabis, ho riunito tutti i farmacisti e ho detto loro di trovare un metodo comune di estrazione, perché chiaramente ho bisogno di una percentuale costante.

Il farmacista fa solo la preparazione?
Il farmacista fa solo la preparazione, i medici devono fissare il dosaggio.

I medici sono propensi a prescrivere la cannabis terapeutica?
La cannabis è un farmaco off label ovvero, non essendoci ancora lavori ed evidenze scientifiche che ne validano l’uso c’è un’assunzione di responsabilità diretta dei medici, e i medici non sempre vogliono assumersi dei rischi, perché nella cannabis non c’è il bugiardino che dice chi la può prendere e chi invece no.

Per chi è controindicata la cannabis terapeutica?
E’ controindicata in modo assoluto nelle patologie psichiatriche e nelle cardiopatie dove ci sono dei disturbi del ritmo cardiaco gravi, perché il thc contenuto nella cannabis provoca la tachicardia. Per questo noi come Società Scientifica ci siamo schierati contro la sua liberalizzazione, perché è un farmaco. Alcune persone erroneamente dicono che si può coltivare in casa senza spendere soldi, di fatto questo è da evitare, perché se si coltiva in casa non sanno le percentuali dei principi attivi di thc e cbd. Bisogna anche dire che la cannabis coltivata in casa può essere cancerogena, perché è una pianta che assorbe tutto quello che c’è nel terreno.

Funziona nella depressione?
Nell’ansia e nella depressione funziona molto bene quando i pazienti presentano variazioni genetiche favorevoli che permettono l’assorbimento del metabolismo del farmaco. Va precisato però che all’inizio è un farmaco ansiogeno, e quindi nei primi quindici giorni di terapia può provare crisi e panico, ma dopo quindici giorni diventa un ansiolitico. Basta preparare il paziente e dirglielo. A basse dosi si riescono ad avere risultati eccezionali.

E per quanto riguarda i pazienti fibromialgici?
Per quanto riguarda la fibromialgia la cannabis terapeutica funziona benissimo, anche se nella maggior parte dei casi i fibromialgici non vengono creduti e vengono mandati dallo psichiatra. Non credere al dolore è la cosa più infima che ci possa essere. Va detto che si parla di fibromialgia come di una patologia, ma in realtà sono più patologie, perché il paziente oltre ad avere l’ansia, la depressione, i dolori cronici, il dolore neuropatico, è un paziente estremamente complesso. Quindi per loro l’esperienza ci insegna a usare due o addirittura tre tipi di cannabis diverse a seconda della gravità della fibromialgia.

Lei al paziente fibromialgico cerca di dare una normale qualità di vita?
Certo. Va precisato che io non posso avere un paziente che per curarlo non lo mando a lavorare. Io devo dargli una qualità di vita, quindi non posso dargli un prodotto con un thc alto la mattina, e questo la mattina va a lavorare e inizia a ridere o si mette a ballare sui tavoli. E’ chiaro che la terapia va equilibrata con più tipi di cannabis.

Per quanto riguarda invece le patologie autoimmuni?
In tutte le patologie autoimmuni dove i pazienti vanno trattati con un uso smoderato di cortisone, che è un farmaco meraviglioso ma che ha tanti effetti collaterali, il mio target è quello di eliminarlo, cosa che mi sta riuscendo piuttosto bene.

Ha lo stesso effetto la cannabis in polvere con l’olio?
No. Fumarla da un picco immediato che però si esaurisce, invece con l’olio io ho una copertura delle 24 ore.

Cosa può dire sulla cannabis da strada?
La cannabis da strada è cancerogena perché è piena di metalli pesanti, è pericolosa e non ci sono mai i dosaggi che abbiamo nella medicale.

Chi fissa il prezzo della cannabis terapeutica?
Il prezzo è imposto dallo Stato. La terapia costa 80 euro al mese.

Vi è un dosaggio letale?
Il dosaggio letale è di 6 kg.

La cannabis tratta il sintomo o la patologia?
Chiaramente tratta il sintomo per la patologia. Se al paziente gli togli il dolore è come se gli levassi la patologia.

Lei è il fondatore e il presidente della Società Italiana Ricerca Cannabis?
Sì, e voglio precisare che la SIRCA è l’unica Società Scientifica Italiana di Ricerca Cannabis.

Di cosa si occupa nello specifico la SIRCA?
Di studio, ricerca e formazione ed a differenza delle molteplici Onlus che sono apparse sul web negli ultimi tempi si occupa dello studio della cannabis in maniera solo scientifica prendendo le distanze da tutte quelle false notizie che vengono diffuse sulla rete da non professionisti o approfittatori che si inventano conoscitori della cannabis ed alimentano nei malati false speranze di cura o guarigione con prodotti derivati dalla cannabis che al contrario possono nuocere alla salute ed al loro stato di malattia. La cannabis medica è un farmaco che solo il medico può prescrivere.

Potrebbe lasciare il link del sito?
www.sirca-terapiacannabis.it

Lei è il fondatore della Poli Pain Clinc, la clinica per la cura del dolore. Vuol parlarne?
La Poli Pain Clinic è una società di professionisti: medici, infermieri, psicologi che si occupa della diagnosi, del trattamento e della cura del dolore cronico che rappresenta la prima causa di malattia nella popolazione italiana. Stiamo aprendo centri in molte regioni italiane coinvolgendo specialisti appositamente formati per la prescrizione della cannabis.

Si occupa anche di formazione dei medici sulla prescrizione della cannabis. E’ corretto?
Sì, abbiamo già fatto come Poli Pain Clinic due corsi di formazione per il corretto uso della cannabis e stiamo reclutando medici in tutta Italia per poter coprire il fabbisogno di tutte le regioni italiane.

Qual è il link della Poli Pain Clinic?
www.polipainclinic.com

Che consiglio può dare alle persone che devono fare i conti col dolore cronico?
Consiglio prima di tutto di andare dal proprio medico e sentire se la prescrive lui, altrimenti trovare uno specialista che la prescriva. Le persone che vorranno avere delle informazioni più dettagliate potranno telefonare alla Poli Pain Clinc dove saranno date loro tutte le informazioni necessarie.

Sledet.com ringrazia per l’intervista il dottor Paolo Poli, e ad maiora!

 


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