Inviato di Striscia la notizia e attore: intervista a Cristian Cocco 2


“Noi inviati di Striscia la notizia, mettiamo in mostra le lacune di ciò che accade in Italia, poi a prendere i relativi provvedimenti ci pensa chi di dovere”

Intervista di Desirè Sara Serventi 

Versatile e poliedrico sui palchi e sul set, attento e arguto e con nessuna voglia di farsi fare le scarpe da qualcuno, quando veste i panni di inviato di Striscia la notizia, stiamo parlando di lui, Cristian Cocco, un’artista che si sta facendo amare sempre di più per la sua voglia di crescere artisticamente. Cocco è uno che, quando si parla di lavoro, non ama la staticità ed è per questo che esplora con naturalezza i vasti campi artistici, senza timore di mettersi in gioco, ma accompagnato solo dalla voglia di crescere e migliorarsi. Cristian ha mosso i suoi primi passi nel cabaret, per poi percorrere la strada di inviato fino ad arrivare alla recitazione. E’ infatti lui uno dei principali protagonisti della fiction di Gianni Morandi, ovvero L’isola di Pietro, dove veste i panni dell’ispettore Pinna, un ruolo che è riuscito a cucirsi addosso in maniera eccellente. E se il suo talento artistico è ben evidente tutte le volte che sta su un palco o su un set, si può dire che non manchino in lui le capacità per quanto concerne la scrittura, e questo è facilmente palpabile sfogliando le pagine del suo libro “Semplicità = Felicità”. I microfoni di Sledet.com hanno raggiunto il grande Cristian Cocco, che si è raccontato con semplicità e simpatia, mettendo in risalto oltre l’artista, la persona, una persona che piace al pubblico proprio per la sua spontaneità!

Quando è nata la sua passione per lo spettacolo?
Io sono un comico, nasco con la comicità, come cabarettista, quindi ovviamente come ogni giovane cabarettista cerca le possibilità di far carriera, di andare avanti. Fin da bambino il mio cervello era proiettato verso lo spettacolo.

Proviene da una famiglia di artisti. E’ corretto?
Esatto, io provengo da una famiglia di artisti, quindi in casa, ho sempre masticato l’arte musicale. Diciamo che è un po’ nel nostro Dna.

Dai palchi poi arrivò direttamente in televisione partecipando al programma “La sai l’ultima?”. Vuol parlarne?
Nonostante facessi il cabarettista volevo diventare sempre più famoso, quindi ricordo che mentre guardavo la tv, passò su Canale 5 la seguente scritta: Vuoi partecipare al programma “La sai l’ultima?” come barzellettiere e rappresentare la tua Regione? Devo dire però, che all’inizio rimasi un po’ scettico.

Per quale motivo?
Perché non sapevo se fosse vero. Quindi chiamai a quel numero e mi dissero che in Sardegna non facevano casting e che quindi, mi sarei dovuto recare a Milano o a Roma. Andai così a Roma perché era lì che si svolgeva il primo provino.

Ricorda come si svolse il casting?
La commissione era composta da tre responsabili casting, e uno di loro mi chiese di raccontare due barzellette. Raccontai le mie barzellette e notai che, solo uno di loro rise. Poi mi dissero che mi avrebbero fatto sapere. Però, mentre andavo via, quasi come se mi volessero spiazzare, uno di loro mi chiamò e mi disse se ne conoscevo una sugli animali. Quando la raccontai risero tutti, e mi dissero che mi avrebbero fatto sapere.

Dopo quanto la contattarono?
Diciamo che iniziò il programma e non mi chiamarono, quindi io vidi la prima puntata, la seconda, sempre in diretta televisiva, e ormai ero sicuro che non mi avrebbero chiamato invece, dopo la seconda puntata mi chiamarono e mi dissero che ero stato selezionato e che quindi, dovevo presentarmi a Milano. Fu così che quell’anno rappresentai la Sardegna.

Poi cosa accadde?
Feci tre puntate e arrivai terzo fra tutti gli altri barzellettieri. Prima della puntata però, Giovanni Trevisan, uno degli autori, mi disse che al termine della puntata mi doveva parlare.

Che cosa le disse?
Mi propose di fare l’inviato di Striscia la notizia, proposta che ovviamente accettai all’istante. Lui era uno degli autori sia de “La sai l’ultima?” che di “Striscia la notizia”. Fu così che iniziò il mio lavoro per Striscia, infatti mi portò da Antonio Ricci e lì iniziò tutto.

Che ricordo ha del suo primo servizio per Striscia la notizia?
Una grande emozione. Ci sono voluti degli anni per realizzare cosa mi stesse accadendo e a dire il vero ancora oggi non c’ho fatto l’abitudine. Sarà forse per questo che ho ancora la capacità di emozionarmi.

Ci vuol svelare il motivo per cui ha deciso di indossare il costume sardo?
Bisogna precisare che io faccio parte degli inviati storici, o meglio, sono il quarto inviato della storia di Striscia la notizia. Prima di me, tutti gli altri inviati erano vestiti in modo normale, finché il mio autore, ovvero Giovanni Trevisan, mi disse di fare un qualcosa di diverso, anche per distinguermi dagli altri.

Quindi?
Siccome io ci tengo molto al mio essere sardo, ho detto che mi sarebbe piaciuto utilizzare il costume sardo, anche perché il mio territorio di competenza è la Sardegna.

Come mai ha scelto la parola “ajo” come apertura del servizio?
L’ajò nasce perché Giovanni Trevisan voleva che aprissi il mio servizio con una parola o una frase che mi distinguesse dagli altri. Ci tengo a precisare che io non ho mai utilizzato l’ajò come un saluto, ma l’ho utilizzato sempre come un’apertura di un servizio riprendendo una delle parole della Sardegna. La Sardegna essendo una lingua, ha le sue varie sfaccettature come tutti gli altri dialetti, e non tutti sono uguali, le uniche parole che possiamo utilizzare in tutti i dialetti, sono “ajo” e “eia”, perché gli altre parole sono diverse. Poi noi sardi, la parola “ajo” non la usiamo solo per dire “andiamo”, anche perché questa parola racchiude tanti significati. Che dire, l’abbinamento del costume, insieme a questo richiamo, piacque così tanto, che Striscia impose un costume e un saluto di richiamo anche per tutti gli altri inviati.

Mostra su “Striscia” ciò che non va in Italia, con un sorriso. E’ corretto?
Esatto, anche perché questo è un modo diverso di fare notizia per arrivare poi a una risoluzione dei casi. Credo che con la leggerezza si ottengono più risultati. Noi mettiamo in mostra le lacune di ciò che accade in Italia, poi a prendere i relativi provvedimenti ci pensa chi di dovere.

Nonostante il lavoro come inviato si è avvicinato alla recitazione?
La recitazione non è stata sempre parte del mio percorso artistico, anche perché la recitazione che facevo sui palchi come cabarettista, era differente da quella che faccio adesso.

Che cosa intende dire?
La recitazione nei miei venticinque anni di carriera si è svolta nei palchi come cabarettista, quindi il modo viene più enfatizzato sia con i gesti che con il tono della voce. Tutto il contrario del cinema.

Lei è uno dei principali protagonisti della fiction di Gianni Morandi, ovvero L’isola di Pietro. Come ha avuto questa parte?
Diciamo che è arrivata per caso, perché io non sapevo che dovevano registrare un film in Sardegna. Mi chiamarono attraverso Facebook, o meglio, mi contattò la responsabile casting e mi disse che dovevano girare un film in Sardegna e mi chiese se fossi interessato a lavorare nel film. Ovviamente risposi di sì, e lei mi disse che dovevo presentarmi a Roma per i provini. Feci il provino dove mi diedero da recitare una parte, ovvero, quella dell’ispettore Pinna, e così che ottenni la parte.

Che tecniche ha utilizzato per calarsi nel personaggio dell’ispettore Pinna?
Mi sono calato talmente nella parte che ho voluto anche confrontarmi con dei veri poliziotti, frequentandoli e cercando di capire quali i rischi, e i pericoli della loro professione.

Vuol raccontare un aneddoto capitato durante le riprese?
Proprio il mio primo giorno di set, ero emozionato. Poco prima del ciak mi rivolsi al mio collega e gli chiesi dei suggerimenti. Lui mi guardò stupito come se stessi scherzando, invece capii che la mia era una reale richiesta. Mi diede due consigli veloci e da quel momento andai spedito tutto d’un fiato. A fine scena sentii in lontananza un urlo “Bravo Cristian!” Era il regista. Ho avuto un attimo di cedimento sulle gambe. Era l’emozione. Insomma l’emozione come vede fa parte del mio vivere.

Questo personaggio cosa le ha insegnato?
Mi ha insegnato il rispetto verso le forze dell’ordine. Tutte le forze dell’ordine fanno un lavoro molto importante.

Cosa può dire sul mondo della recitazione?
Un altro risultato dei miei sogni conquistato. Spero che duri a lungo. Ci sto lavorando.

Qual è a suo avviso la principale difficoltà in questo settore?
Le difficoltà sono varie come in ogni settore lavorativo. L’importante è guardare sempre avanti per migliorarsi e cercare di carpire il più possibile dai colleghi più esperti di te. Mai nutrire un pizzico di invidia su chi è più bravo di te ma ammirarne le gesta.

Quali le differenze tra il palco e il set?
ll palco ti da la possibilità di interagire con il pubblico che ti viene a vedere, sul set invece cerchi di dare il meglio di te stesso immaginando la reazione del pubblico che ti guarderà attraverso la tv o lo schermo di un cinema. Ma in entrambi le cose hai una grande responsabilità, quella di non deludere chi ti segue.

Semplicità = Felicità: è il nome del libro da lei scritto. Che cosa racconta?
Nel mio libro non ci sono delle perle di saggezza, perché io non sono né uno scrittore né un filosofo, ma sono un umile operaio dello spettacolo che attraverso la mia esperienza, più che altro di vita umana, ho voluto mettere a disposizione i miei pensieri scritti in dei fogli di carta e buttarli poi in questo libro.

Come è nata l’idea del libro?
La voglia di mettersi in gioco e provare nuovi stimoli, nuove emozioni. Non amo essere abitudinario professionalmente parlando. Credo che l’abitudine sia la morte delle situazioni e vale anche in amore. Per questo a mia moglie cerco di conquistarla ogni giorno da diciassette anni.

Con la sua direttrice artistica e sua personal manager, Debora Scalzo, girerete a breve un film. E’ corretto?
Sì con Debora gireremo un film tratto da un suo romanzo. Il libro tratta una tematica molto importante a livello sociale, sarò uno dei protagonisti. Tra l’altro con Debora stiamo ideando e progettando una Accademia per lo spettacolo in Sardegna. Stiamo tirando su uno spettacolo teatrale che porteremo in giro in tutta l’Italia a partire da maggio “Quello che le donne… dicono”.

Quale considera l’esperienza più significativa per la sua carriera?
Ogni esperienza ha un significato, l’importante è riuscire ad emozionarsi sempre, altrimenti si perde il significato di quello che si sta facendo.

Chi è Cristian quando sta lontano dalle luci dei riflettori?
Un papà orgoglioso di tre figli e un marito. Io sono molto per la famiglia e sono molto riservato. Mi piace vivermi la mia famiglia appieno, mi piace darmi totalmente a loro.

Che consiglio vuol dare ai giovani che vorrebbero intraprendere la strada dello spettacolo?
Che i sogni si possono realizzare, bisogna però cercare da subito di capire i propri limiti e le proprie potenzialità per non ritrovarsi a percorrere inutilmente la strada sbagliata. Tanta determinazione e umiltà. Mai aspettarsi nulla da nessuno. E soprattutto non perdere la capacità di emozionarsi.

Attualmente in cosa è impegnato?
Attualmente sono impegnato a sviluppare progetti per il futuro, come: serie, fiction, conduzioni e tanto altro, ma che per scaramanzia, preferisco non dire.

Vuole aggiungere altro?
Buona vita a tutti! Questo è il mio moto nei miei social, e non solo.

Sledet.com ringrazia per l’intervista Cristian Cocco, e ad maiora!


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